La Cedu condanna l'Italia: violati i diritti di una bimba nata da maternità surrogata

Non c'è stato riconoscimento legale del legame di filiazione col padre biologico. La piccola è nata tramite gestazione per altri in Ucraina nel 2019

di MARIANNA GRAZI -
31 agosto 2023
padre biologico

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La Corte europea dei diritti umani (Cedu) condanna l'Italia. Per i giudici il nostro Paese ha violato la Convenzione europea dei diritti umani non avendo riconosciuto legalmente il rapporto di filiazione tra un padre biologico ed una bambina, nata nel 2019 in Ucraina con la maternità surrogata. Così facendo la piccola è diventata di fatto un'apolide. La Corte di Strasburgo ha infatti osservato che, come rilevato in altri casi precedenti, ai sensi dell'art. 8 della Convenzione, il diritto interno deve prevedere la possibilità di riconoscimento del rapporto giuridico tra un bambino nato attraverso un accordo di gestazione per altri all'estero e il padre intenzionale, qualora questi sia il genitore biologico.

Violati i diritti della bambina

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La bambina, nata in Ucraina, è di fatto un apolide in Italia: non ha tessera sanitaria né carta d'identità, né accesso alla sanità e ai servizi pubblici

A fare ricorso alla Cedu sono stati il padre biologico, indicato con le iniziali L.B., e la madre intenzionale E.A.M., per conto di C., la figlia nata con maternità surrogata in Ucraina quattro anni fa. Così l'Italia è stata giudicata colpevole di aver violato il diritto alla vita familiare e privata della bambina, di cui i giudici però non svelano ulteriori generalità. Una scelta fatta dopo gli innumerevoli tentativi falliti dai due adulti, che si sono visti rifiutare ripetutamente dagli uffici dell'anagrafe e dai tribunali italiani il riconoscimento legale del legame con la bimba. Nel ricorso si specifica che "il rifiuto delle autorità nazionali di riconoscere il padre biologico e la madre intenzionale come suoi genitori, da un lato, e il fatto che non avesse la cittadinanza, dall'altro, la ponevano in uno stato di grande incertezza giuridica". La piccola, afferma l'avvocato della coppia, Giorgio Muccio, non ha documenti d'identità, né tessera sanitaria, o accesso alla sanità e istruzione pubblica. Nella sentenza la Corte di Strasburgo conclude perciò che "i tribunali italiani hanno fallito nell'adempiere all'obbligo di prendere una decisione rapida per stabilire il rapporto giuridico della bimba con il padre biologico".

La condanna della Cedu

I giudici, come già accaduto in passato, hanno richiamato i nostri tribunali per non essere stati in grado di prendere una rapida decisione per tutelare l'interesse della ricorrente ad avere appunto un rapporto giuridico con il genitore biologico.

La Corte ritiene che la piccola sia stata posta in uno stato di grande incertezza giuridica sulla sua identità

La bimba, che oggi ha quattro anni, è stata tenuta fin dalla nascita in uno stato di prolungata incertezza sulla sua identità personale e, non avendo una parentela legalmente accertata, è stata considerata un'apolide in Italia. La Corte, La ritenendo che le autorità nazionali così facendo sono venute meno al loro obbligo positivo di garantire il diritto della ricorrente al rispetto della sua vita privata ai sensi della Convenzione europea dei diritti umani, ha inoltre stabilito che le autorità italiane dovranno versare alla piccola 15 mila euro per danni morali e 9.536 per le spese legali sostenute dal padre biologico e la madre intenzionale.

Il tema "maternità surrogata" in Italia

"Avevo già chiesto, con una interrogazione parlamentare, che il ministro Piantedosi spiegasse il caso della bimba nata nel 2019 in Ucraina con Gpa a cui è stato negato il riconoscimento legale del rapporto di filiazione con il padre biologico", afferma Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera. "Oggi la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che l’Italia è colpevole di aver violato il diritto alla vita familiare e privata di questa bambina di una coppia vicentina, padre biologico e madre intenzionale. È molto grave che le cose siano andate così perché le sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione sono chiare nei casi di legami genitoriali biologici, come aveva anche detto in parlamento la ministra Roccella. Dunque Piantedosi spieghi come sia potuto accadere questo corto circuito", conclude la deputata. Il caso di questa bambina si inserisce all'interno di un dibattito particolarmente acceso nel nostro Paese sul tema della gestazione per altri (Gpa), essendo anche in discussione in Parlamento la proposta di legge di Fratelli d'Italia che vuole rendere la pratica un reato universale, ovvero punibile anche se praticata all'estero. Una scelta criticata da centinaia di coppie omogenitoriali, dalle famiglie arcobaleno e dagli attivisti delle associazioni per i diritti Lgbtq+. Al loro fianco anche numerosi sindaci, che dopo lo stop - imposto dal ministero dell'Interno - alla trascrizione di questi bambini nei registri anagrafici, hanno scelto di procedere di loro spontanea iniziativa a questo tipo di riconoscimenti.