Maternità surrogata e utero in affitto: la situazione italiana

La "Gestazione per altri" è vietata. Per chi la effettua all'estero resta il problema del riconoscimento dei bambini. E' prevista l'adozione in casi particolari

di GIULIA PROSPERETTI
3 aprile 2023
maternita surrogata

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Da una parte una stretta totale che rischia di lasciare in un limbo i bambini nati all’estero attraverso la pratica della gestazione per altri o la fecondazione eterologa. Dall’altra una richiesta di diritti e libertà d’azione che mal si concilia con i principi dell’ordinamento italiano. È nell’assenza di una normativa chiara sulla questione che trova spazio in Italia l’attuale scontro tra maggioranza e opposizione. Una battaglia che, estremizzando le due posizioni, sta facendo perdere di vista la strada che, seppur con estrema lentezza, aveva intrapreso il nostro Paese negli ultimi anni, ovvero quella del bilanciamento tra gli interessi dei minori e il disincentivo all’attuazione di pratiche non consentite in Italia. Una linea resa necessaria anche alla luce del complesso delle pronunce rese sul tema dalla Corte di Strasburgo.

Tutti i figli avuti all'estero tramite maternità surrogata devono essere riconosciuti dai genitori in Italia

La pratica della gestazione per altri (GPA) è vietata nell’ordinamento italiano dall’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 che punisce con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600mila a un milione di euro “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità”. Per aggirare tale divieto le coppie hanno, così, iniziato a recarsi all’estero, nei Paesi dove questa pratica è consentita. Ucraina, Grecia e Georgia sono diventate alcune delle destinazioni prioritarie per la maternità surrogata commerciale per le coppie eterosessuali. Le opzioni per le coppie omogenitoriali sono, invece, limitate al Canada, dove la maternità surrogata è consentita in forma altruistica, e agli Stati Uniti, dove è legale per una donna portare avanti una gravidanza per altri anche a pagamento. In tale scenario la proposta di legge di Fdi a firma di Carolina Varchi – che raccoglie iniziative precedenti anche di Fi e Lega – è volta a trasformare la maternità surrogata in "reato universale" emendando il comma 6 dell'art.12 sulle sanzioni con la seguente frase: “le pene stabilite dal presente comma si applicano anche se il fatto è commesso all’estero”. Il problema per chi effettua la GPA all’estero rimane il riconoscimento dei bambini in Italia. Anche nei casi in cui sull’atto di nascita estero figurino entrambi i genitori, a oggi la trascrizione non può avvenire in maniera automatica. Con una sentenza dello scorso dicembre le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione hanno, infatti, ribadito che il riconoscimento del provvedimento straniero che attesta il rapporto di filiazione con il "genitore d’intenzione" di un bambino nato da maternità surrogata è contrario all’ordine pubblico. Pertanto deve essere esclusa l’automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero attestante il rapporto di filiazione da maternità surrogata, per disincentivare il ricorso a una pratica che asseconda la mercificazione del corpo, spesso a discapito delle donne più vulnerabili sul piano economico e sociale.

La proposta di legge di fratelli d'Italia vuole rendere la maternità surrogata un reato universale, ovvero punendo anche coloro che vi ricorrono all'estero e poi rientrano in Italia

Attualmente, in mancanza di una normativa precisa, di fatto, ogni caso viene valutato individualmente dai singoli magistrati determinando decisioni non uniformi. In diversi casi è stata negata la trascrizione all’anagrafe dell’atto di filiazione per coppie omosessuali mentre lo scorso 14 marzo, in Puglia è stato riconosciuto a due coppie eterosessuali il diritto alla trascrizione integrale dei certificati di nascita per i figli nati con maternità surrogata all’estero. Per le coppie omosessuali italiane la questione del riconoscimento dei figli si pone anche nel caso della fecondazione eterologa. Nel nostro Paese possono far ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo solo coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile. Così come per la maternità surrogata, gli atti di trascrizione dei bambini concepiti all’estero con la fecondazione eterologa da parte di coppie omosessuali non hanno un iter chiaro e, di norma, vanno trasmessi alla Procura per una valutazione del caso. Una normativa incerta che, a partire dalla decisione presa nel 2017 a Torino da Chiara Appendino, ha spinto diversi sindaci a fare delle "Dichiarazioni di riconoscimento" per via amministrativa, sul modello di quelle previste per i padri non sposati, attraverso le quali veniva riconosciuto anche il genitore intenzionale del bambino. Una pratica alla quale l’attuale governo ha tentato di porre un freno con una circolare del ministero dell’Interno volta a interrompere le registrazioni dei figli nati da coppie omogenitoriali. Dalla maggioranza è arrivato anche un no deciso al certificato europeo di filiazione che prevede che la genitorialità stabilita in uno Stato Ue venga riconosciuta in ogni altro Stato membro, senza alcuna procedura speciale, che si tratti di figli di coppie eterosessuali, omogenitoriali, figli adottati o avuti con la maternità surrogata dove è consentita.
Alle coppie che si vedono negata la possibilità di registrare un figlio nato attraverso procedure vietate nel nostro Paese rimane la strada dell’adozione in casi particolari

Alle coppie che si vedono negata la possibilità di registrare un figlio nato attraverso procedure vietate nel nostro Paese rimane la strada dell’adozione in casi particolari

Alle coppie che si vedono negata la possibilità di registrare un figlio nato attraverso procedure vietate nel nostro Paese rimane la strada dell’adozione in casi particolari. Previsto per il coniuge nel caso in cui il minore sia figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge, questo procedimento nel 2019 è stata esteso dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione anche al rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata e il genitore intenzionale, con il quale manca del tutto un legame genetico. Un passo fatto per tutelare gli interessi di questi bambini che, tuttavia, mostra dei limiti: tale modalità di adozione non attribuisce la completa genitorialità all’adottante e, a differenza dell'adozione ordinaria, può, nei casi previsti dalla legge, essere revocata. Il procedimento di adozione, inoltre, è attivabile solo su domanda dell’adottante e con l’assenso dell’altro genitore e la procedura è caratterizzata da cadenze temporali particolarmente dilatate che vanno da un anno e mezzo a oltre 2 anni. Un quadro nel quale rimangono lettera morta le indicazioni espresse dalla Corte Costituzionale che nel 2021 in due diverse sentenze si è pronunciata sul riconoscimento dello status filiationis nei confronti del genitore d’intenzione, nel caso di nascita a seguito di ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita non consentite dal nostro ordinamento, ovvero nel caso di ricorso alla gestazione per altri. Riconoscendo l’esistenza di un vuoto normativo in materia, la Corte ha auspicato un sollecito intervento da parte del legislatore sottolineando come sia, ormai, “indifferibile” l’individuazione di “soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore”. È indubbio per la Corte che l’interesse di un bambino accudito sin dalla nascita da una coppia che ha condiviso la decisione di farlo venire al mondo sia quello di ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che, nella realtà fattuale, già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia. Tale interesse deve, tuttavia, essere bilanciato con lo scopo legittimo perseguito dall’ordinamento di disincentivare il ricorso a pratiche procreative non consentite in Italia come la surrogazione di maternità.