Nessuna apertura da parte della Conferenza episcopale italiana per i seminaristi omosessuali, a differenza di quanto riportato nelle scorse ore da numerosi media. È stata netta la precisazione che il vescovo di Fiesole, Stefano Manetti, ha deciso di rilasciare tramite un comunicato che – stavolta – non lascia libertà di interpretazione, placando gli animi di coloro che, in positivo o in negativo, si erano già mossi in seguito a quella che sarebbe risultata un’apertura storica per tutto l’ecosistema cattolico.
Ma niente allarmismi. La Chiesa, per i prossimi tre anni almeno, rimarrà ancorata ai principi tradizionali per i quali il celibato omosessuale sia necessariamente diverso rispetto a quello eterosessuale, perseguendo una linea millenaria di demonizzazione della sodomia che, al giorno d’oggi, appare profondamente inadeguata e discriminante.
L’incomprensione, come precisato da Avvenire, è stata tale da venire rilanciata da numerosi organi di stampa e di informazione. Un terreno, ad ogni modo, particolarmente scivoloso e di difficile interpretazione, sul quale lo stesso pontefice era già inciampato nei mesi scorsi. Ricordate, ad esempio, il famoso: “c’è troppa frociaggine”? Il tema di questa gaffe, alle quali erano seguite delle scuse, era esattamente lo stesso di questi giorni. Duole notare che, al netto del dispiacere del santo padre, nel concreto niente sia cambiato.
L’accesso per i ragazzi omosessuali ai seminari rimane dunque invariato, con un secco “no” posto davanti alle loro richieste piene di fede. Un dogma sul quale la Chiesa, nonostante il netto calo di seminaristi e la sempre più evidente secolarizzazione delle società alle quali si rivolge, non sembra certo mollare. Come affermato da Manetti, infatti, il paragrafo incriminato, il numero 44 del documento “Orientamenti e norme per i Seminari”, sin dall’inizio ribadisce le norme del magistero.
Il (triste) chiarimento a inizio paragrafo
Il paragrafo incriminato, infatti, utilizzerebbe gli stessi termini ratificati nel 2016, i quali riprenderebbero a loro volta quelli del 2005: “In relazione alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai Seminari, o che scoprono nel corso della formazione tale situazione, in coerenza con il proprio Magistero, la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne”.
Parole delegittimanti e discriminatorie che, ancora una volta, ribadiscono quanto lavoro debba ancora essere fatto negli uffici del clero per integrarsi in una società sempre più propensa a valori pregni di sensibilità, accettazione e rispetto.