Centrodestra contro l'aborto e in difesa della vita...del feto. Quella delle donne passa in secondo piano?

Prima il sindaco di Grosseto, Vivarelli Colonna, poi il deputato Fdi Rossi. In campo a favore della proposta di legge che vuole inserire l'obbligo di far sentire il battito del feto prima dell'aborto. L'ennesimo attacco alla legge 194

di TERESA SCARCELLA
16 ottobre 2023
Aborto

Aborto

Il sindaco (di centrodestra) di Grosseto Antonfrancesco Vivarelli Colonna, scende in campo al fianco di Pro Vita e Famiglia e firma la proposta di legge che vuole modificare la legge sull'aborto, costringendo la donna che vuole abortire ad ascoltare il battito cardiaco prima di farlo. Gli oppositori della legge 194/78 le tentano tutte. Non tanto ad abrogarla, che sarebbe impensabile senza suscitare un'insurrezione generale (e loro questo lo sanno), ma a renderla sempre meno attuabile. Lo dimostra la sfilza di proposte avanzate ultimamente: dal riconoscimento della soggettività giuridica agli embrioni dal momento del concepimento voluto da Maurizio Gasparri di Forza Italia; al riconoscimento del concepito come componente del nucleo familiare chiesto dal capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo; o l’istituzione di una giornata per la “tutela della vita nascente" sostenuta dalla senatrice di Fratelli d’Italia, Isabella Rauti. Il vero obiettivo di questa battaglia, che ciclicamente torna a farsi sentire, è molto più subdolo di quanto si pensi: mira a colpevolizzare la donna che decide di abortire. Lo conferma, dopo l'idea partorita dal senatore Fdi Luca De Carlo sui cimiteri dei feti, anche il tentativo di associazioni anti abortiste, tra cui Pro Vita e Famiglia, appoggiato dal sindaco grossetano: l'obbligo di far vedere il feto e far sentire il battito alla donna prossima all'aborto.

Il post contro l'aborto di Vivarelli

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Vivarelli Colonna, sindaco di Grosseto

"Ho deciso di firmare la proposta di legge d'iniziativa popolare per giungere a una modifica all'articolo 14 della legge 194/78. La proposta prevede che il medico che effettua la visita che precede l'interruzione di gravidanza sia obbligato a far vedere alla donna intenzionata ad abortire, tramite esami strumentali, il nascituro che porta in grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso.
La finalità è quella di accrescere la consapevolezza del gesto dell'aborto. Ciò ovviamente non va a limitare la libertà individuale della donna sancita dalle norme e dal buonsenso. Ma rende più completo e maturo il suo percorso decisionale. Vogliamo che la scelta della donna sia libera, ma allo stesso tempo consapevole. Consapevole del fatto che andare avanti si può. Che non si è sole. Che è possibile farsi aiutare". Una libertà, però, che sembra forse uno specchietto per le allodole alla luce della proposta. Per la serie: se proprio deve abortire, che si senta almeno in colpa di porre fine a quel battito messole nelle orecchie, con lo scopo di intenerirla e renderle tutto più straziante, come se non lo fosse già. Come se le donne non fossero già consapevoli di cosa significhi abortire e come se tutto l'iter che porta all'interruzione volontaria non fosse già mirato ad accrescere questa consapevolezza (che a volte è sinonimo di far cambiare idea). Oltre che ad essere già complicato di suo, visto lo stuolo di obiettori di coscienza che, in alcune regioni, rendono l'aborto praticamente impossibile. In secondo luogo, nel post si fa riferimento ad un tipo di situazione: ovvero alle donne che, per motivi magari economici, decidono di abortire perché non hanno alternative. A loro arrivano rassicurazioni dell'esistenza di un'intera rete di supporto che le aiuterebbe ad andare avanti e non le lascerebbe sole. Parole calde e confortanti (oltre che corrette in certi casi), senza dubbio, ma al di là del fatto che fanno a cazzotti con i dati che ci dicono che sempre più persone rinunciano a fare figli perché impossibilitati a mantenerli (il che vuol dire che sentono di non poter contare su aiuti efficaci), non tengono conto di un altro tipo di scelte. Ignorano, ovvero, tutte quelle donne che non vogliono portare avanti una gravidanza per scelta. Perché è frutto di uno stupro, ad esempio, o semplicemente di un errore. Il che, però, non stupisce se - come ha fatto lo stesso sindaco - si pensa all'aborto come "ultima spiaggia" o extrema ratio (per citarlo).

Le reazioni

Immediate, come era prevedibile, le reazioni alle parole del sindaco Vivarelli Colonna che, soprattutto a livello locale, hanno suscitato indignazione. "Sono inorridita da queste parole. Come si fa ad appoggiare una simile crudeltà nei confronti delle donne? - ha commentato l'assessora regionale alle pari opportunità della Toscana, Alessandra Nardini (Pd). Chi, come il sindaco di Grosseto, sostiene quella vergognosa proposta di legge, prova a farci tornare indietro, colpevolizzando e giudicando le donne. La legge 194 non va certo cambiata in questo senso. Le donne - prosegue Nardini - hanno il diritto di autodeterminarsi, devono essere libere di scegliere di interrompere una gravidanza, con il metodo meno invasivo e nelle strutture pubbliche di tutto il nostro Paese, senza dover affrontare un percorso a ostacoli o peregrinazioni in vari ospedali alla ricerca di non obiettori. Un sindaco dovrebbe rappresentare tutta la propria comunità, incluse le donne. Il sindaco di Grosseto con la sua scelta offende le donne". "Imporre un simile trattamento è soltanto una vera e propria violenza verso le donne che hanno tutto il diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo e della propria vita - ha commentato il consigliere regionale toscano Iacopo Mielo - Sì, diritto, anche alla salute, quello sostenuto dalla Legge 194/78 e che certa gente proprio non riesce ad accettare dal basso della loro scarsa empatia. Sarebbe l’ora che il sindaco la finisse con l’umiliare le proprie cittadine e i propri cittadini - conclude Mielo - facendoli vergognare non solo nel Grossetano ma in tutta la Toscana, terra di diritti e di libertà contro ogni forma di violenza e coercizione (anche quella sostenuta dal sindaco, che creerebbe danni e traumi inimmaginabili oltre a farci tornare indietro di mezzo secolo in un secondo)".

La replica del sindaco

Non contento di quanto già esplicitato nel primo post, il sindaco di Grosseto ha deciso poi di replicare alle polemiche. Con un video, quindi con un linguaggio più diretto e meno incravattato. Come prima cosa, Vivarelli Colonna, ci tiene a sottolineare che la proposta di legge da lui firmata, "Un cuore che batte", è appoggiata da Carla Minacci, presidente della Commissione pari opportunità del Comune di Grosseto, nonché presidente regionale dell'associazione nazionale medici cattolici. Una precisazione che, più che dar manforte alla causa, altro non fa che confermare la tendenza del centrodestra (a partire dal governo) di "affidare" le tematiche delle pari opportunità a esponenti del mondo cattolico, con tutti i cortocircuiti che ne derivano Poi il sindaco ritorna a parlare di scelta forzata, legata a situazioni di disagio: "Si parla di vita di donne in grave difficoltà che devono essere aiutate. E si parla di vita che sarà. Nessuna donna deve essere spinta ad abortire perché in situazione di indigenza o lasciata sola. Sarebbe inaccettabile e orribile". Indiscutibile. Solo più avanti nel video apre un rapido spiraglio (nel primo intervento inesistente) ad altri motivi che potrebbero portare all'aborto, come lo stupro (rigorosamente "conclamato") o le malformazioni fetali, di cui - secondo Vivarelli Colonna - si dovrà tener conto per eventuali e "doverose" correzioni. "Voglio fare chiarezza. Nessuno vuole stravolgere l'approccio laico alla legge 194, né esiste alcuna volontà di violare o annullare il diritto. Chi mi accusa finge di non capire o non capisce" chiarisce il sindaco. E poi dedica un momento per sottolineare quelle che sono a suo avviso le criticità della stessa legge 194, ovvero "la non adeguata attuazione dei primi cinque articoli che la compongono" (quelli in cui si descrivono le circostanze in cui è possibile abortire, per intendersi. Che non tutelano la mera volontà della donna, scevra da aspetti economici, sanitari o sociali). Gli stessi articoli quindi, anche se per il motivo opposto, considerati lacunosi da chi la pensa diversamente da Vivarelli Colonna. Come ad esempio le figlie e i figli di quelle femministe che lo stesso sindaco menziona nel video con tono beffardo, per sottolineare che quello che era percepito come un "semplice grumo cellulare negli anni '70 quando le femministe, pompe di bicicletta alla mano, sensibilizzavano sulla salute riproduttiva, in realtà è vita umana".
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All'ingresso della chiesa Valdese, manifestanti esibiscono cartelli con i nomi di donne, morte a causa di aborti clandestini, a difesa della legge 194 - Roma, 10 maggio 1981

Il sindaco, verso la fine, alza i toni per difendere un diritto, sì, ma di parola (in questo caso il suo) e sminuire chi ha provato a minacciarlo. "Quello che mi interessa è esprimere liberamente il mio pensiero e guai a chi volesse impedirmelo - afferma con tanto di dito alzato - la mia è una libertà sancita dalla Costituzione. Un diritto garantito a tutti al di là di come la si pensi e qualunque cosa si pensi. Se io ho un'opinione sono legittimato ad esprimerla e nessuno potrà impedirmelo. A prescindere da qualche assessorucola regionale o consiglieretto politicamente scorretto locale che mi ha accusato impropriamente. Dico solo: parliamo di questa cosa in maniera seria, in gioco c'è la vita delle persone".

Altri firmatari

Subito dopo il caso Vivarelli Colonna, si è schierato a favore della proposta di legge anche il deputato Fdi e coordinatore regionale Fratelli d'Italia della Toscana Fabrizio Rossi. Anche lui, come Vivarelli, ha fatto notare che la proposta avrà bisogno di correzioni future, ma di base: "La vita è sacra. Va rispettata e difesa sempre - afferma Rossi - Viva la vita sempre". La vita del feto, in questo caso. Di fronte al quale - di conseguenza - la libertà e la vita delle donne sembrano passare in secondo piano.