Il sindaco (di centrodestra) di Grosseto Antonfrancesco Vivarelli Colonna, scende in campo al fianco di Pro Vita e Famiglia e firma la proposta di legge che vuole modificare la legge sull'aborto, costringendo la donna che vuole abortire ad ascoltare il battito cardiaco prima di farlo. Gli oppositori della legge 194/78 le tentano tutte. Non tanto ad abrogarla, che sarebbe impensabile senza suscitare un'insurrezione generale (e loro questo lo sanno), ma a renderla sempre meno attuabile. Lo dimostra la sfilza di proposte avanzate ultimamente: dal riconoscimento della soggettività giuridica agli embrioni dal momento del concepimento voluto da Maurizio Gasparri di Forza Italia; al riconoscimento del concepito come componente del nucleo familiare chiesto dal capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo; o l’istituzione di una giornata per la “tutela della vita nascente" sostenuta dalla senatrice di Fratelli d’Italia, Isabella Rauti. Il vero obiettivo di questa battaglia, che ciclicamente torna a farsi sentire, è molto più subdolo di quanto si pensi: mira a colpevolizzare la donna che decide di abortire. Lo conferma, dopo l'idea partorita dal senatore Fdi Luca De Carlo sui cimiteri dei feti, anche il tentativo di associazioni anti abortiste, tra cui Pro Vita e Famiglia, appoggiato dal sindaco grossetano: l'obbligo di far vedere il feto e far sentire il battito alla donna prossima all'aborto.
Il post contro l'aborto di Vivarelli
"Ho deciso di firmare la proposta di legge d'iniziativa popolare per giungere a una modifica all'articolo 14 della legge 194/78. La proposta prevede che il medico che effettua la visita che precede l'interruzione di gravidanza sia obbligato a far vedere alla donna intenzionata ad abortire, tramite esami strumentali, il nascituro che porta in grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso.
La finalità è quella di accrescere la consapevolezza del gesto dell'aborto. Ciò ovviamente non va a limitare la libertà individuale della donna sancita dalle norme e dal buonsenso. Ma rende più completo e maturo il suo percorso decisionale. Vogliamo che la scelta della donna sia libera, ma allo stesso tempo consapevole. Consapevole del fatto che andare avanti si può. Che non si è sole. Che è possibile farsi aiutare". Una libertà, però, che sembra forse uno specchietto per le allodole alla luce della proposta. Per la serie: se proprio deve abortire, che si senta almeno in colpa di porre fine a quel battito messole nelle orecchie, con lo scopo di intenerirla e renderle tutto più straziante, come se non lo fosse già. Come se le donne non fossero già consapevoli di cosa significhi abortire e come se tutto l'iter che porta all'interruzione volontaria non fosse già mirato ad accrescere questa consapevolezza (che a volte è sinonimo di far cambiare idea). Oltre che ad essere già complicato di suo, visto lo stuolo di obiettori di coscienza che, in alcune regioni, rendono l'aborto praticamente impossibile. In secondo luogo, nel post si fa riferimento ad un tipo di situazione: ovvero alle donne che, per motivi magari economici, decidono di abortire perché non hanno alternative. A loro arrivano rassicurazioni dell'esistenza di un'intera rete di supporto che le aiuterebbe ad andare avanti e non le lascerebbe sole. Parole calde e confortanti (oltre che corrette in certi casi), senza dubbio, ma al di là del fatto che fanno a cazzotti con i dati che ci dicono che sempre più persone rinunciano a fare figli perché impossibilitati a mantenerli (il che vuol dire che sentono di non poter contare su aiuti efficaci), non tengono conto di un altro tipo di scelte. Ignorano, ovvero, tutte quelle donne che non vogliono portare avanti una gravidanza per scelta. Perché è frutto di uno stupro, ad esempio, o semplicemente di un errore. Il che, però, non stupisce se - come ha fatto lo stesso sindaco - si pensa all'aborto come "ultima spiaggia" o extrema ratio (per citarlo).
Le reazioni
Immediate, come era prevedibile, le reazioni alle parole del sindaco Vivarelli Colonna che, soprattutto a livello locale, hanno suscitato indignazione. "Sono inorridita da queste parole. Come si fa ad appoggiare una simile crudeltà nei confronti delle donne? - ha commentato l'assessora regionale alle pari opportunità della Toscana, Alessandra Nardini (Pd). Chi, come il sindaco di Grosseto, sostiene quella vergognosa proposta di legge, prova a farci tornare indietro, colpevolizzando e giudicando le donne. La legge 194 non va certo cambiata in questo senso. Le donne - prosegue Nardini - hanno il diritto di autodeterminarsi, devono essere libere di scegliere di interrompere una gravidanza, con il metodo meno invasivo e nelle strutture pubbliche di tutto il nostro Paese, senza dover affrontare un percorso a ostacoli o peregrinazioni in vari ospedali alla ricerca di non obiettori. Un sindaco dovrebbe rappresentare tutta la propria comunità, incluse le donne. Il sindaco di Grosseto con la sua scelta offende le donne". "Imporre un simile trattamento è soltanto una vera e propria violenza verso le donne che hanno tutto il diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo e della propria vita - ha commentato il consigliere regionale toscano Iacopo Mielo - Sì, diritto, anche alla salute, quello sostenuto dalla Legge 194/78 e che certa gente proprio non riesce ad accettare dal basso della loro scarsa empatia. Sarebbe l’ora che il sindaco la finisse con l’umiliare le proprie cittadine e i propri cittadini - conclude Mielo - facendoli vergognare non solo nel Grossetano ma in tutta la Toscana, terra di diritti e di libertà contro ogni forma di violenza e coercizione (anche quella sostenuta dal sindaco, che creerebbe danni e traumi inimmaginabili oltre a farci tornare indietro di mezzo secolo in un secondo)".