È morto il piccolo Cesare Zambon, affetto da una malattia rara. La sua storia sui social, per superare il dolore e creare connessioni

“Cece”, sei anni appena, si è spento al Gaslini. L’esperienza della famiglia Zambon mostra l’importanza dei social network per chi affronta malattie rare: spesso il web serve per cercare conforto ma anche esperienza da cui imparare

di CATERINA CECCUTI
21 febbraio 2025
Il piccolo Cesare Zambon (da Instagram)

Il piccolo Cesare Zambon (da Instagram)

Nel suo blog su Instagram e nel libro “La storia di Cesare”, mamma Valentina ha condiviso i piccoli grandi passi compiuti nella vita quotidiana dal suo bambino affetto da una patologia gravissima, la neurofibromatosi. È l’amore in tutte le sue forme e declinazioni il protagonista delle parole – anche le ultime – che hanno accompagnato il breve cammino del piccolo “Cece”. Un “amore a perdere”, quello dei suoi genitori, che non ha potuto rivendicare la promessa terrena del “per sempre” insieme, ma che adesso, tra cielo e terra ha la certezza di perdurare per l’eternità.

La storia di Cesare

Cesare Zambon è morto. Il bimbo di soli sei anni era affetto da neurofibromatosi, una rara malattia genetica che favorisce la formazione di tumori e che, in breve tempo, lo aveva reso cieco. Purtroppo, nelle ultime settimane, la malattia si era aggravata al punto tale da richiedere un trasferimento da Conegliano – città di residenza - all’Ospedale Gaslini di Genova, dove il piccolo è stato seguito dal personale medico. Mamma Valentina, papà Federico e i fratellini Alessandro e Teresa sempre accanto a lui, fin quando la patologia ha avuto il sopravvento.

In tanti, tantissimi, hanno seguito sui social il percorso di sofferenza – ma anche di amore – di Cesare, creando intorno alla sua famiglia una rete solidale che ha aperto una breccia nell’oscurità in cui una malattia rara gravissima fa sprofondare le famiglie colpite. Ecco allora che la condivisione tramite il web può diventare un’àncora di salvezza, un’occasione preziosa e senza confini per intercettare casi analoghi sparsi in tutto il mondo, ricevere consigli concreti per migliorare la qualità di vita dei propri cari, confrontarsi sulla possibilità di cure o trattamenti con persone che vivono condizioni identiche alle proprie, magari dall’altra part del mondo. In poche parole: trovare conforto.

Il ruolo dei social

La malattia isola, distacca la famiglia dalla società che la circonda, e nella quale diventa sempre più difficile trovare nuovamente il proprio posto, dopo aver ricevuto una diagnosi così devastante. I social in questi casi sono una finestra, seppur virtuale, che permette in qualche modo di uscire dall’ombra. La storia di Cesare Zambon, raccontata al mondo da mamma Valentina Mastroianni, ne è un esempio concreto. Cesare è stato circondato dall’amore dei suoi cari, ma virtualmente migliaia di persone lo hanno tenuto per mano e si sono strette intorno ai suoi genitori nei momenti più duri, spendendo per loro parole di conforto e sostegno. Tanto che, anche subito dopo la scomparsa del figlio, Valentina ha voluto condividere in rete il proprio dolore, per trasformarlo ancora una volta in un dono di altruismo e speranza. Nel suo messaggio incoraggia Cesare a “correre veloce come la luce” e gli promette di non lasciarsi sopraffare dalla rabbia per l’ingiustizia subita, per il dolore di questo distacco forzato.

Adesso il cuore di tanti sconosciuti si stringe attorno a lei e a Federico, per mantenere viva la memoria di chi non c’è più, ma solo fisicamente, perché l’insegnamento che ci lascia la sua breve vita spronerà molte persone a diffondere consapevolezza su patologie ancora poco conosciute. Frattanto la famiglia di Cesare attende di definire la data e il luogo del funerale, mentre la città di Conegliano e tutti coloro che, nel mondo digitale, hanno conosciuto la sua vicenda, ricevono l’eredità più grande lasciata da un bambino che ha saputo insegnare come persino nelle prove più dure esista la possibilità di costruire ponti di umanità.