Mamma, ho perso l'aereo. In questo caso il protagonista non è il piccolo Kevin McCallister, ma lo scienziato
Gianluca Grimalda. E se il primo ha perso il volo involontariamente, il secondo caso è frutto di una scelta basata su uno stile di vita lento e a bassa impronta di carbonio. Una decisione che potrebbe costargli il
licenziamento. Ma andiamo con ordine.
Lo scienziato ha scelto una vita a bassa impronta di carbonio (Instagram)
Lo stile di vita di Gianluca Grimalda
Tempo fa l'uomo aveva raccontato la sua volontà di viaggiare dalla Germania, dove lavora per l'Istituto di Kiel per l'economia mondiale (IfW) come ricercatore su economia e
cambiamento climatico, fino alla Papua Nuova Guinea
senza prendere aerei. Anche se al ritorno fu costretto a infrangere le sue regole ferree per una serie di impossibilità nel trovare mezzi adatti. Una volta raggiunta nuovamente la Papua Nuova Guinea, dopo aver sostenuto
scioperi per la fame, dopo aver lottato per la battaglia climatica e dopo aver sempre evitato di prendere mezzi inquinanti, Grimalda si è imposto una cosa:
di non ritornare in Europa in aereo.
I problemi
L'uomo ha comunicato al suo datore di lavoro che non rientrerà nei tempi stabiliti in precedenza, a settembre per la precisione. A questo giro l'Università di Kiel gli avrebbe intimato di tornare in Germania entro lunedì 2 ottobre, altrimenti avrebbe perso il posto di lavoro. Eppure l'uomo non era alle Bougainville in vacanza, ma per un
lavoro di ricerca sul campo per studiare, appunto, "globalizzazione, cambiamento climatico e coesione sociale".
"Il viaggio lento" postato sui social dal climatologo (Instagram)
"Voglio rispettare il mio piano di viaggio lento"
"Mi rifiuto di tornare in aereo e sono determinato a rispettare
il mio piano di viaggio lento. Sono pronto ad affrontare tutte le conseguenze legali ed economiche di questa decisione. In ultima analisi, si tratta anche di una questione di salute mentale". "
Il mio stato psicologico non può che essere descritto come
ansia climatica, e volare non può che peggiorare questa condizione" ha detto, raccontando che con il suo metodo "slow travel" è in grado di lasciare un'impronta, a livello di emissioni, di 10-14 volte minore rispetto a quella in caso di aerei. Ma come se non bastasse, anche l'aeroporto internazionale è intervenuto sulla vicenda emettendo un "
ammonimento ufficiale".
La giustificazione
Dopo l'avvertimento è subito arrivata la
giustificazione dell'uomo: "La durata del lavoro si è prolungata più del previsto a causa di diverse minacce alla sicurezza che hanno interrotto la ricerca". "In un'occasione, alcuni ex combattenti locali hanno organizzato un blocco stradale,
mi hanno tenuto in ostaggio insieme agli assistenti sotto la minaccia del machete, hanno confiscato tutti gli effetti personali e hanno chiesto un riscatto per il loro rilascio", le sue parole.
"Spero che la mia decisione di rischiare di perdere il lavoro contribuisca a rompere il muro di apatia, indifferenza e avidità che circonda il riscaldamento globale", la speranza dell'uomo (Instagram)
E conclude: "Nel mondo
le temperature stanno aumentando in modo incontrollato e non c'è alcun segno che le
emissioni di CO2 si azzereranno presto, come necessario per rispettare l'accordo di Parigi". "Spero che la mia decisione di rischiare di perdere il lavoro contribuisca a rompere il muro di apatia, indifferenza e
avidità che circonda il riscaldamento globale. Anche se non dovesse riuscirci, sarò soddisfatto perché avrò rispettato la cosa più morale da fare, cioè ridurre al minimo le emissioni di carbonio del mio viaggio".
Il ritorno a casa
L'uomo attualmente si trova nel villaggio di Buka e dovrebbe imbarcarsi su una nave cargo l'8 ottobre per dar vita a un viaggio di
ritorno di circa due mesi e che prevede 22.000 chilometri per ritornare in Europa, con un risparmio di 3,6 tonnellate di emissioni di CO
2. Istituti ed ex combattenti locali permettendo.