“Vogliamo essere ascoltati”. Un gruppo di genitori (ma non solo) con i figli adolescenti al seguito si sono incatenati simbolicamente sotto la sede dell'Agenzia Italiana del Farmaco, a Roma, per manifestare contro il tavolo tecnico sulla prescrizione della triptorelina, farmaco che sospende la pubertà e utilizzato oggi per adolescenti con diagnosi di disforia di genere. La questione politica nasce subito dopo l’interrogazione parlamentare di Forza Italia, firmata da Gasparri, sul centro specializzato dell’ospedale Careggi di Firenze. Seguita poi dall’ispezione ministeriale all’interno della struttura e, pochi giorni fa, la notizia dell’istituzione di un tavolo tecnico. Molti dei genitori e degli attivisti per i diritti delle persone transgender parlano di un attacco politico e di una strumentalizzazione che poco ha a che fare con la salute degli adolescenti.
A manifestare c’erano anche loro, veri e vere protagonisti/e. Sulla maglietta una frase molto eloquente: “Chiedimi se sono felice”. Tra di loro c’era anche Cinzia Messina, presidente dell’associazione “Affetti oltre il genere”, nonché mamma di Greta. La sua storia l’abbiamo raccontata mesi fa.
“La vera domanda da porre, che però i politici che parlano di questo tema non si pongono, è proprio quella. Oggi siamo qui incatenati - lo dichiara all'ANSA Christian Cristalli, responsabile delle politiche trans nella segreteria nazionale di Arcigay - in occasione della prima riunione di un tavolo tecnico sui farmaci per la disforia di genere, perché a quel tavolo non ci sono associazioni, non sappiamo come siano stati scelti gli esperti. La triptorelina è un farmaco sicuro e dagli effetti reversibili, come conferma una nota stampa di 12 società scientifiche di pochi mesi fa. Ma su questo tema ora si fa campagna elettorale".
"In pratica tutto viene fatto su di noi e senza di noi. Mentre siamo qui per dire che questo non è un tema su cui fare ideologia e propaganda, si tratta di salute e benessere delle persone - spiega all'ANSA Silvia, mamma di Zoe, 14 anni e in trattamento da un anno, membro dell'associazione “Affetti oltre il Genere”. “In alcuni casi - aggiunge Silvia - si tratta addirittura di vita o di morte, perché ci sono adolescenti che per la difficoltà di questi percorsi sono arrivati a togliersi la vita mentre il farmaco li aiuta a gestire con più calma la gestione dei cambiamenti di un corpo in cui non si riconoscono”.