“Io sono Greta. E a volte vorrei che le persone si accontentassero di sapere questo su di me”. Greta Berardi oggi a 17 anni è una bellissima ragazza poco più che adolescente. A 3 ha iniziato a manifestare un malessere per la sua identità maschile (quella che a lei e a suo fratello gemello era stata assegnata alla nascita). Un disagio che, a 12 anni, ha trovato un nome: disforia di genere. A quell’età Greta ha fatto coming out con i genitori, dichiarandosi transgender: “Non mi sento, sono femmina”.
Il percorso di affermazione di genere al Crig di Careggi
Il percorso per affermare quella sua reale identità è stato portato avanti a Careggi, al Centro di incongruenza di genere dell’ospedale di Firenze, uno dei pochi specializzati in Italia. Quello che adesso sta affrontando la bufera politica dopo l’ispezione ministeriale di accertamento sull’uso della Triptorelina, il farmaco che blocca la pubertà, sul coinvolgimento della neorospichiatria infantile e sulla presenza (o meno) del supporto psicologico per le persone (minori) che si sottopongono ai trattamenti farmacologici.
La storia di Greta: l’infanzia e l’adolescenza transgender
La 17enne e mamma Cinzia, fin dai primi giorni, si sono immediatamente schierate in difesa del centro: “Sono riusciti a far sentire subito a suo agio mia figlia – ha detto la madre più e più volte –. Grazie al Centro di Careggi Greta è tornata a vivere”. Ci hanno messo la faccia, le testimonianze, le prove tangibili della loro verità. E ieri la giovane, ospite al programma Le Iene, in prima serata su Italia1, ha raccontato se stessa, chi è. Semplicemente Greta, anche se questo, nella società di oggi, non basta.
Essere transgender è solo “un altro modo di essere umani”
“Spesso sono costretta a dire qualcosa in più, a fare coming out anche svariate volte al giorno – dice Berardi sul palco –. Se invidio qualcosa a Paolo, il mio fratello gemello, è la libertà di poter conoscere persone nuove senza ogni volta dover dire ‘sono cisgender’. Perché a nessuno interessa. E l’indifferenza in questo caso non è una cosa brutta: è arrendersi al fatto che questo è solo un altro modo di essere umani – continua – che non va vissuto con vergogna e che modellare un corpo sulla propria identità e ai propri desideri è solo una forma d’amore”.
L’amore lo ha vissuto grazie ai suoi genitori quando ha dichiarato quale fosse la sua vera identità di genere, alla sua famiglia, ai suoi amici e amiche per cui lei è semplicemente una ragazza, una compagna di scuola o di passione. Ma che lei ha fatto fatica a comprendere e trovare in se stessa.
“Io merito amore”
“A volte, sbagliando, sono la prima a pensare di non meritare quell’amore. In passato, alcune persone a cui piacevo dopo aver scoperto che sono transgender hanno fatto un passo indietro e nelle relazioni faccio ancora fatica a fare il primo passo perché ho paura di un rifiuto”, ammette ancora la giovane. Una paura naturale, a quell’età, se non che la sua è condizionata anche da altro, da un recondito pensiero che le assilla la mente ed è legato al suo passato.
“A volte penso di valere meno, di avere meno possibilità di essere felice di una persona cisgender. Ma poi dopo ogni delusione mi ripeto che chi è capace di andare oltre gli stereotipi non può che accorgersi che invece io quell’amore lo merito, perché io valgo e oggi so bene chi sono. Io sono Greta”.