L’ex presidente degli Stati Uniti
Donald Trump è stato condannato da un tribunale di Manhattan a pagare 5 milioni di dollari di danni alla scrittrice
E. Jean Carroll, che aveva accusato l’ex presidente di averla aggredita sessualmente in un grande magazzino di Manhattan anni fa e di averla diffamata dopo che aveva reso pubblica la violenza.
I capi di imputazione
Donald Tramp (76 anni) è quindi colpevole di
aggressione a sfondo sessuale e
diffamazione tramite i social, quindi, ma non di
stupro ai danni della scrittrice, oggi 79enne,
Jean Carroll, all’epoca giornalista del magazine Elle. Una violenza che ha avuto luogo nei camerini di un grande magazzino nel 1996.
L’ex presidente degli Usa Donald Trump, 76 anni; a destra, Jean Carroll, 79
Questo il verdetto raggiunto nel
processo civile a New York contro il tycoon, condannato a pagare un indennizzo di
5 milioni di dollari. Secondo la giuria della corte di Manhattan, l’ex presidente degli Stati Uniti non ha stuprato la scrittrice nei camerini di un grande magazzino nel 1996, ma l’ha aggredita sessualmente e l’ha poi diffamata:
Donald Trump colpevole: come si era difeso
“Se avessi violentato Carroll sarei stato denunciato dopo pochi minuti”, ha attaccato l’ex presidente, la cui linea difensiva si basa sul fatto che la donna ha denunciato la violenza nel 2019, quasi trent’anni dopo i la violenza avvenuta nel grande magazzino
Begdorf Goodman nel 1996.
La giuria di New York ha condannato il tycoon a pagare complessivamente 5 milioni di dollari alla scrittrice
“La storia più ridicola e disgustosa mai inventata”. Così Trump aveva definito le accuse di
stupro a suo carico da parte della giornalista e scrittrice Jean Carroll in una testimonianza registrata che era stata mostrata, in parte, alla giuria del processo in corso a Manhattan. “Se avessi violentato Carroll sarei stato denunciato dopo pochi minuti”, ha attaccato l’ex presidente, la cui linea difensiva si basa sul fatto che la donna ha denunciato la violenza nel 2019, quasi trent’anni dopo i la violenza avvenuta nel grande magazzino Begdorf Goodman nel 1996. La testimonianza di Trump è stata mostrata per intero lo scorso 4 maggio.
I precedenti
Donald Trump è il primo ex presidente degli Stati Uniti a essere
incriminato per reati penali nella storia americana. L'accusa nei suoi confronti, formalizzata il 30 marzo scorso dalla procura di Manhattan, è di aver
pagato 130.000 dollari alla ex pornostar Stormy Daniels per farla tacere sulla loro relazione, ovviamente extraconiugale. "Zero, zero. Il presidente
Trump non accetterà alcun patteggiamento. Non succederà. Non c'è alcun crimine", tuonò il suo legale, Joe Tacopina in un'intervista a NBC News.
Chi è Stormy Daniels
La pornostar Stephanie Clifford, conosciuta come Stormy Daniels
Stephanie Clifford, meglio conosciuta come Stormy Daniels, 44 anni, è un'ex
attrice pornografica e regista statunitense, inserita nella Halls of Fame da AVN, XRCO e NightMoves. La sua fama, però, era appunto legata al mondo degli spettacoli per adulti e probabilmente nemmeno lei si sarebbe mai aspettata di finire sulle prime pagine di tutto il mondo. Eppure è stata proprio lei a rendere Donald Trump
il primo ex presidente incriminato della storia americana. Nata a Baton Rouge, in Louisiana, da bambina è cresciuta in una casa di campagna, dove ha trascorso un'infanzia di
povertà e abusi fin da quando aveva appena 9 anni. Lo racconta lei stessa nel libro "Full Disclosure". I primi passi nell'industria del porno li ha mossi quando era al liceo, facendo la spogliarellista. La sua è stata però un'ascesa repentina vino ai vertici del settore, che l'ha premiata come regista, scrittrice e star. Il primo incontro con Donald Trump risale al 2006, quando il ricco imprenditore newyorkese era da poco sposato con Melania ed era appena divenuto papà di Barron. Tra i due c'è stato un vero colpo di fulmine: l'allora 60enne notò la giovane attrice porno, bionda e dirompente, e la invitò prima a cena e poi nella sua camera. Una volta iniziata quella
relazione extraconiugale ci furono vari incontri e contattai tra i due, con il tycoon che le telefonava da un numero privato chiamandola Honeybunch (vezzeggiativo traducibile come 'tesorino') e le prometteva di farla apparire nel reality show "The Apprentice". Dopo alcuni mesi, però, Clifford non gli ha più risposto e nel 2016, dopo la candidatura alla Casa Bianca, la pornostar ha fiutato il possibile affare cercando di
vendere la storia della sua relazione con Trump ai media e ai tabloid, inizialmente però senza successo. Ma la pubblicazione dei fuori onda di "Access Hollywood", in cui Trump descriveva con linguaggio volgare la sua
visione del sesso e raccontava come toccava le donne, ha reso molto appetitosa per i giornalisti la storia di Stormy Daniels. L'ex legale e fixer del presidente, Michael Cohen, allora propose alla pornostar 130mila dollari in cambio del suo silenzio, compenso accettato dalla donna, che firmò l'accordo sul set del suo ultimo film da pornostar.
Caso Jean Carroll, il verdetto e le conseguenze
La condanna odierna è una macchia che rischia di allargarsi come olio sulla sua candidatura alle presidenziali dell’anno prossimo. E sempre perché le coincidenze hanno un peso, questa bomba è scoppiata proprio nel giorno in cui
Melania Trump, sua consorte, si è pubblicamente esposta dicendosi entusiasta di tornare a essere fort lady, e garantendo sulla integrità del tycoon nel suo impegno istituzionale.
Colpevole di aggressione a sfondo sessuale e diffamazione tramite i social: e la prima volta che un presidente degli Stati Uniti viene ritenuto responsabile di un’aggressione sessuale
Le reazioni al verdetto
"L’intero caso è fasullo ed è politico – è la prima reazione del portavoce del tycoon –. Prende di mira il presidente Trump perché ora è super favorito per essere eletto ancora una volta presidente degli Stati Uniti". Il team di Trump ha dichiarato che
farà appello contro il verdetto: "Il continuo abuso della nostra grande Costituzione per fini politici è disgustoso e non può essere tollerato. La nostra nazione è in guai seri quando affermazioni prive di prove o testimoni oculari possono invadere i nostri tribunali per ottenere punti politici". Resta comunque
la prima volta che un presidente degli Stati Uniti viene ritenuto responsabile di un’aggressione sessuale.
La differenza fra abuso sessuale e stupro per la legge di N.Y.
La giuria nella causa civile di E. Jean Carroll contro Donald Trump è stata istruita sul fatto che una persona è responsabile di
abuso sessuale quando sottopone un’altra persona a contatti sessuali senza il suo consenso. Secondo la legge di New York, spiega il sito della Cnn, per “contatto sessuale” si intende “qualsiasi contatto con le parti sessuali o altre parti intime di una persona allo scopo di gratificare il desiderio sessuale di una delle parti”. Secondo la legge dello Stato, una persona è responsabile di
stupro quando costringe un rapporto sessuale con un’altra persona senza il suo consenso. Ai fini di questa legge, per “rapporto sessuale” si intende “qualsiasi penetrazione, per quanto lieve, del pene nell’apertura vaginale”. Sia l’abuso sessuale sia lo stupro sono
reati sessuali a New York. La giuria non ha ritenuto che Carroll avesse provato lo stupro, ma ha ritenuto che Trump avesse commesso un abuso sessuale, consentendole di ricevere un risarcimento per la sua richiesta di risarcimento civile.
Le accuse nella testimonianza della scrittrice Jean Carroll
Donald Trump colpevole: la scrittrice Jean Carrol ha accusato il tycoon di averla stuprata dopo che i due si erano conosciuti a una festa
La scrittrice Jean Carrol ha accusato il tycoon di averla stuprata dopo che i due si erano conosciuti a una festa e lui le aveva chiesto dei suggerimenti per un regalo. “È stata una sensazione orribile. Ha messo la mano dentro di me e girato il dito”, ha raccontato la scrittrice. Carroll ha anche spiegato perché non avesse mai denunciato l’ex presidente prima del 2019. “Mi vergognavo, pensavo fosse colpa mia”, ha detto con la voce strozzata dalle lacrime. L’esperienza terrificante “l’ha segnata per sempre” e non è mai più riuscita ad avere una relazione amorosa. In aula ha dovuto anche giustificarsi per non aver urlato (“ero pietrificata dalla paura”). La giuria non ha creduto alla versione di uno stupro ma non ha avuto dubbi sull’aggressione sessuale.