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Home » Attualità » Dona il fegato per salvare un’altra vita: la straordinaria storia di una donna di 97 anni

Dona il fegato per salvare un’altra vita: la straordinaria storia di una donna di 97 anni

La donna, morta a Fabriano, nelle Marche, a causa di un’emorragia cerebrale, è diventata la donatrice di organi più anziana mai registrata in Italia

Edoardo Martini
4 Novembre 2022
Donazione organi

Donazione organi

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La solidarietà non scade. Maria aveva 97 anni, 6 mesi e 29 giorni e la sua non è solo la cronaca di un grandissimo gesto di generosità: è la storia della donatrice di organi più anziana mai registrata in Italia. Lei e la famiglia erano d’accordo: alla sua morte, i suoi organi sarebbero stati donati per salvare un’altra vita e così è stato col suo fegato.

Il dottor Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti

L’aumento dell’età media dei donatori in Italia

In questi anni l’età media dei donatori in Italia si sta alzando gradualmente, grazie anche all’innalzamento dell’aspettativa di vita ma anche alle sempre più avanzate tecniche di utilizzo di organi anziani. Basti pensare che nel 2021 l’età media dei donatori utilizzati è stata di 60,4 anni e nel 2002 era “solo” di 52 anni. Secondo i dati raccolti dal Centro Nazionale Trapianti, poi, il 46,8% dei prelievi di organi del 2021 è stato effettuato su persone decedute oltre i 65 anni, e il 13,6% dei donatori aveva più di 80 anni. Se il gesto di Maria è stato esemplare, qualcuno prima di lei aveva fatto lo stesso. Nel 2019 a Firenze, nel 2018 a Grosseto, nel 2008 a Ravenna e nel 2003 a Savona. Ma mai, prima di oggi, era stato utilizzato un fegato da un paziente così longevo come la donna originaria di Fabriano.

“È importante informare le persone più anziane”

Il dottor Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti, ha commentato così la vicenda: “L’età media dei donatori sta salendo per via dell’aumento dell’aspettativa di vita ma soprattutto grazie a una sempre maggiore capacità della rete trapiantologica di utilizzare con successo organi anziani, mantenendo standard qualitativi e di sicurezza molto elevati anche in questo tipo di trapianti. In particolare, il fegato può mantenere una funzionalità ottimale anche in età molto avanzata e questo consente prelievi anche da persone ultranovantenni. In questo caso il merito va al Centro regionale trapianti delle Marche e al coordinamento dell’ospedale di Fabriano per aver portato a termine la donazione, naturalmente grazie al consenso dei familiari della donatrice, che ringraziamo per la loro generosità”. Il direttore ha poi concluso mettendo in evidenza la disinformazione diffusa sulla possibilità di donazione di organi da parte degli anziani: “Purtroppo spesso le persone più anziane sono erroneamente convinte di non poter donare gli organi per ragioni anagrafiche. Il caso di Fabriano è la testimonianza che tutti possono dare il consenso alla donazione degli organi, a prescindere dalla propria età: è importante informare correttamente le persone più anziane, perché anche il loro sì può consentire di salvare la vita di un paziente in attesa di trapianto”.

 

 

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
La solidarietà non scade. Maria aveva 97 anni, 6 mesi e 29 giorni e la sua non è solo la cronaca di un grandissimo gesto di generosità: è la storia della donatrice di organi più anziana mai registrata in Italia. Lei e la famiglia erano d’accordo: alla sua morte, i suoi organi sarebbero stati donati per salvare un'altra vita e così è stato col suo fegato.
Il dottor Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti

L'aumento dell'età media dei donatori in Italia

In questi anni l’età media dei donatori in Italia si sta alzando gradualmente, grazie anche all’innalzamento dell'aspettativa di vita ma anche alle sempre più avanzate tecniche di utilizzo di organi anziani. Basti pensare che nel 2021 l’età media dei donatori utilizzati è stata di 60,4 anni e nel 2002 era “solo” di 52 anni. Secondo i dati raccolti dal Centro Nazionale Trapianti, poi, il 46,8% dei prelievi di organi del 2021 è stato effettuato su persone decedute oltre i 65 anni, e il 13,6% dei donatori aveva più di 80 anni. Se il gesto di Maria è stato esemplare, qualcuno prima di lei aveva fatto lo stesso. Nel 2019 a Firenze, nel 2018 a Grosseto, nel 2008 a Ravenna e nel 2003 a Savona. Ma mai, prima di oggi, era stato utilizzato un fegato da un paziente così longevo come la donna originaria di Fabriano.

"È importante informare le persone più anziane"

Il dottor Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti, ha commentato così la vicenda: "L'età media dei donatori sta salendo per via dell'aumento dell'aspettativa di vita ma soprattutto grazie a una sempre maggiore capacità della rete trapiantologica di utilizzare con successo organi anziani, mantenendo standard qualitativi e di sicurezza molto elevati anche in questo tipo di trapianti. In particolare, il fegato può mantenere una funzionalità ottimale anche in età molto avanzata e questo consente prelievi anche da persone ultranovantenni. In questo caso il merito va al Centro regionale trapianti delle Marche e al coordinamento dell'ospedale di Fabriano per aver portato a termine la donazione, naturalmente grazie al consenso dei familiari della donatrice, che ringraziamo per la loro generosità". Il direttore ha poi concluso mettendo in evidenza la disinformazione diffusa sulla possibilità di donazione di organi da parte degli anziani: "Purtroppo spesso le persone più anziane sono erroneamente convinte di non poter donare gli organi per ragioni anagrafiche. Il caso di Fabriano è la testimonianza che tutti possono dare il consenso alla donazione degli organi, a prescindere dalla propria età: è importante informare correttamente le persone più anziane, perché anche il loro sì può consentire di salvare la vita di un paziente in attesa di trapianto".    
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