La Francia fa guerra alla fast fashion: la tassa per i produttori e il divieto di pubblicità di moda effimera

La proposta di legge del partito Horizons, approvata dall’Assemblea nazionale, ha il duplice scopo di proteggere l’ambiente da questo tipo di industria intensiva e di tutelare le aziende di abbigliamento nazionali

di CAMILLA PRATO
15 marzo 2024
La Francia vuole mettere al bando la fast fashion

La Francia vuole mettere al bando la fast fashion

Francia contro la fast fashion, ci risiamo. Il governo d’Oltralpe continua la sua battaglia contro la moda usa e getta, quella che si fonda sulla quantità spasmodica di capi a discapito della qualità, ma soprattutto del rispetto dell’ambiente e dei diritti fondamentali di chi, quei vestiti, li produce.

Con un voto all'unanimità, l'Assemblea nazionale francese (la Camera bassa) ha dato un primo via libera a una serie di misure che vogliono scoraggiare o almeno rendere meno attraente per gli acquirenti l’acquisto – compulsivo – di abbigliamento a basso costo, in particolare gli articoli dei produttori cinesi di massa, limitando così gli eccessi del consumismo a tutela dell'ambiente.

La Francia vuole mettere al bando la fast fashion
La Francia vuole mettere al bando la fast fashion

La Francia diventa così “il primo Paese al mondo a legiferare per limitare gli eccessi della moda ultraveloce”, ha dichiarato il ministro per la Transizione Ecologica, Christophe Be'chu. Perché diventi legge bisognerà ora che la proposta venga votata e approvata anche dal Senato. Una mossa che segue quella di qualche mese fa, con la quale l'esecutivo transalpino aveva lanciato un programma di finanziamenti per incentivare scelta di non buttare via abiti e scarpe rotti ma di dare loro una seconda vita riparandoli. Prima del voto della Francia il Parlamento europeo ha adottato mercoledì una proposta che richiederà ai produttori di prodotti tessili nel blocco di coprire i costi di raccolta, smistamento e riciclaggio degli stessi, in un passo verso un’industria sempre più sostenibile.

Il nuovo disegno di legge, invece, si compone di tre misure, la principale delle quali consiste nel rafforzare il sistema di “bonus-malus” nel settore tessile per tenere conto dei costi ambientali. 

Uno stabilimento dove si producono capi di fast fashion
Uno stabilimento dove si producono capi di fast fashion

Infatti prevede una sanzione pari al 50% del prezzo di vendita al lordo delle imposte per prodotto: alla fine, entro il 2030, questa potrebbe salire a 10 euro per capo. Un emendamento prevede una serie di incrementi per raggiungere questo prezzo, tra cui un primo di 5 euro nel 2025. Il contributo così realizzato non andrà però nelle casse statali ma dovrà essere ridistribuito nell'industria dell'abbigliamento, in particolare a favore dei produttori di abiti sostenibili.

Un'altra misura chiave vieta la pubblicità per i tessuti più economici e prevede una tassa ambientale sugli articoli a basso costo. Il disegno di legge, ampiamente sostenuto dai deputati, propone anche di vietare la pubblicità delle aziende di moda “effimere”.

Il mercato francese – e non solo – è stato letteralmente inondato da capi importati (in particolare dalla Cina) a basso costo, mentre diversi marchi nazionali hanno dichiarato bancarotta. Durante la sessione parlamentare il ministro della Transizione ecologica ha dichiarato che il governo vuole anche vietare le esportazioni di rifiuti tessili, che finiscono principalmente nei Paesi africani. Ma a dimostrazione del fatto che i legislatori francesi mirano anche a proteggere l'industria tessile nazionale e la vendita al dettaglio con questo disegno di legge, ha affermato: “Il sacrificio della nostra industria tessile è finito”.

Il colosso cinese Shein
Il colosso cinese Shein

Un portavoce di una delle più note aziende di moda veloce, Shein, ha dichiarato a Nikkei Asia dopo il dibattito parlamentare che la proposta in Francia “penalizzerà in modo sproporzionato i consumatori più attenti ai costi”, mentre i legislatori europei sostengono che imposizione della sanzione aiuterà anche a ridurre il divario tra i rivenditori di moda tradizionali e aziende del calibro del colosso cinese. La deputata di Horizons Anne-Cecile Violland ha sottolineato che questo con i suoi “7.200 nuovi capi di abbigliamento al giorno”, è un esempio di produzione intensiva a gravissimo impatto ambientale e sociale.

Le principali argomentazioni addotte per far approvare la proposta di legge sono state in effetti di carattere ambientale. Lo Stato applicherà nuovi criteri sui volumi di capi prodotti e la velocità di rotazione delle nuove collezioni per determinare cosa si intende per fast fashion e, una volta entrata in vigore la misura, questo tipo di produttori saranno obbligati a informare i consumatori sull'impatto delle loro creazioni.