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Gaia Nanni, attrice fiorentina classe 1981, non torna e il suo racconto social
“L'aborto? Preferisco lasciare solo traccia di quello scritto e non rilasciare interviste“. Gaia Nanni, attrice fiorentina classe 1981, non torna sul suo racconto social che inizia così: “Io sono di Firenze e abortire a Firenze non è stato per nulla facile“. Una lettera aperta pubblicata sulla sua pagina Facebook, nella quale Gaia Nanni ricorda il suo percorso di interruzione di gravidanza, parole che arrivano a pochi giorni di distanza dalla decisione della Corte suprema americana sullo stop all’interruzione volontaria della gravidanza. Gaia ripercorre con la memoria, evidenziando come la sua ginecologa fosse obiettore di coscienza e pertanto, per procedere all’interruzione di gravidanza, servisse la firma di un medico terzo che accertasse la volontà della donna.
Così l’iter garantito dalla Legge 194 - che garantisce il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza - diventa un percorso pieno di ostacoli, che non facilitano certo la scelta presa dalla giovane donna. “Sono passati anni da allora ma il dolore di quello che è stato non ve lo racconto, l’unico balsamo sarebbe non farci passare nessuna altra donna da quell’iter disumano - le parole di Gaia Nanni - . Oggi che tutti ci indigniamo, giustamente, per la mostruosa sentenza della Corte suprema Usa sull’aborto, ho voluto raccontarvi questa storia, perché rendere difficile l’applicazione di un diritto equivale a negarlo". Raggiunta telefonicamente, non è voluta tornare sull’argomento: “Preferisco lasciare solo traccia di quello scritto“, dice. E a giudicare dalla quantità di commenti e testimonianze, le sua parole hanno colpito molte altre donne. Ancora in tema di gravidanza - in questo caso di nascita - sempre su Facebook Gaia Nanni ha invece dedicato un lungo post “a tutti i babbi dei bambini nati prematuri che diventano madri, prima delle madri stesse“.
“ Li vide Francesco prima di me, io ero ancora a bestemmiare in stanza per il cesareo e una gamba strascicata che non mi faceva camminare - prosegue il post di mamma Gaia - . Ho passato tre giorni a deambulare come uno zombie per il corridoio della maternità con le infermiere che sembravano agenti di un ’Walking Dead’ tra partorienti. Il quarto giorno mi rimisi, mi aggiustai i capelli sporchi in un foulard da diva ed entrai in terapia intensiva per conoscere i miei bambini. Li trovai in un ginepraio di tubicini, spie e fili e con fare splendido, ancora una volta, fissai l’infermiere negli occhi e dissi ’allora bellodezia quando mi rilasciate la versione wireless di questi qui’. Lui rise, poco a dirla tutta. E fece bene. Sapeva che quella non poteva essere la reazione di una mamma che mette piede lì dentro per la prima volta, che per la prima volta saluta i suoi figli dietro ad un vetro, che non sa che cazzo succederà nei prossimi mesi, se uscirà davvero con quei figlioli lì da quel posto. Le mamme in quel reparto, e l’infermiere lo sa bene, piangono, stanno mute, vomitano, alcune svengono. Altre ridono, vero. Ma non il primo giorno. E soprattutto non fanno cabaret. No“.
L'iter verso l'interruzione volontaria di gravidanza
Ed è così che parte la descrizione di un iter piuttosto lungo e complesso: “Faccio più incontri con una psicologa ed una assistente sociale che alla fine della prima seduta mi dice ’vede, lei è emotivamente scossa. Piange. Non siamo sicure che lo voglia davvero. Rifissiamo un altro appuntamento’. E passano i giorni. Che sembrano mesi. Le settimane, anni“. Poi, aggiunge nel suo accorato post l’attrice, “arrivo alla benedetta firma con annessa ecografia che attesti la gravidanza in corso. Il medico mi fa sdraiare. Non mi guarda in faccia. Non parla con me. Si gira verso la specializzanda e dice mentre mi visita: ’Questa ha l’utero retroverso’. Da quel momento Quella - che sono io - finisce in ambulatori e stanze dove si mettono al mondo bambini, accanto a chi chiama la futura nonna e a chi ha già scelto il nome e te? E Quella? Io no. Non mi chiedono un numero di telefono. Non mi chiedono se avessi un accompagnatore all’accettazione“.
Gaia Nanni versione mamma in una foto tratta dal suo profilo Instagram
Quelle creature 'piccine picciò'
“I miei piccoli alla nascita pesavano poco più di un chilo, hanno passato 90 giorni in Terapia Intensiva tra tubicini, spie e cappellini di cotone grossi come un’arancia - racconta l’attrice Gaia Nanni -. Giulio lo chiamavo lo Gnomo del Casentino. Tornammo a casa con nemmeno due kg di bambino. Ai parenti che venivano in visita a casa dicevo, dopo essermi sincerata se il caffè lo preferissero zuccherato o meno, che ’lo gnomo era di là, sul divano’ e giù tutti a ridere. Che mamma ganza, così libera da quel dolore. Che ironia fatta donna. Si rideva. Tutti. Quasi tutti. Giulio. Il mio Giulio. Quello che oggi sembra mangiarsi la vita a morsi in realtà mi faceva una paura terribile. Apnee, il cuore che pareva far capricci, la pelle trasparente. Tra quelle culline termiche io stavo accanto a Dario: quello che tra i gemelli pareva essere il più paffuto, quello bellino, quello che andava avanti senza intoppi“.
Gaia Nanni, attrice fiorentina classe 1981, e il suo racconto social
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Babbo Francesco nel post di Gaia Nanni