Tre settimane fa, il sito milleunadonna.it ha pubblicato un articolo sulle differenze di salario fra laureate e laureati in Italia, basato su un rapporto dell’OCSE. E si parlava del più grande divario retributivo di genere nell’area OCSE, che comprende 57 Stati in Europa, Asia e Nord America. Secondo questo articolo, le giovani donne laureate guadagnano in media il 58% del salario dei loro coetanei maschi.
Nel post pubblicato su Facebook, l’articolo risulta commentato soprattutto da uomini. Commenti che non solo negano il fenomeno appurato della differenza di salario fra uomo e donna, ma ne danno un’interpretazione singolare, per non dire infondata.
“Quando le donne lavoreranno come gli uomini saranno pagate come gli uomini. Basta con questo vittimismo, femmine”. “Il gender pay gap è una bufala cui credono oramai solo babbei e babbee. Le femmine si laureassero nelle materie STEM e dimostrassero il loro valore invece di frignare”. “E’ la solita bufala del gender ghep (scritto così ndr), smentita mille volte”, scrive un altro. “Guadagnano in modo diverso perché scelgono mansioni diverse. Ad esempio una donna ha già tante altre fonti di guadagno e risorse solo in quanto donna nella società… Inoltre, avere un lavoro di prestigio non le aiuta per nulla sul piano delle relazioni sentimentali: un uomo trova più interessante una barista di vent’anni piuttosto che una grande manager di trentacinque. Quindi non è ugualmente interessata al lavoro”.
Ora, al di là di cosa un uomo trovi più interessante o meno, vorrebbe dire che una donna sceglie il proprio lavoro in funzione della capacità di attrarre un uomo? Come se il lavoro, per una donna, fosse uno strumento di richiamo sessuale, un mezzo e non un fine. “Il gender pay gap non esiste”, commenta uno, “perché se davvero venissero pagate di meno verrebbero assunte solo donne!”. E c’è chi argomenta: “Certo che se fai lavori più faticosi e usuranti in media vieni pagato di più. Però muori anche di più. Infatti il 98% dei morti sul lavoro è uomo. Maggiore rischio = maggiori soldi = maggior numero di morti sul lavoro”.
C’è poi chi punta il dito su forme di guadagno in cui le donne sembrano essere addirittura privilegiate: “Possiamo indignarci anche noi uomini per il gender gap di Onlyfans?”. E c’è chi sostiene che siano gli uomini le vere vittime: “Vendetta la gridiamo noi uomini che siamo vittime di una disoccupazione molto più alta di quella femminile, che consegniamo curricula a destra e a manca per trovarci la porta sbattuta in faccia perché cercano solo personale femminile, che se troviamo qualche lavoretto è solo negli scantinati a sollevare pesi nei magazzini o rischiare la vita per fare i lavori più usuranti…”. Prosegue il commento: “Noi uomini, che siamo costretti a rispettare nei luoghi di lavoro dei dresscode rigidissimi, umilianti e terribilmente scomodi, costretti a coprirci come eschimesi anche in piena estate mentre le colleghe possono liberamente girare con minigonne e shorts. Noi uomini che dopo quello che siamo costretti a vivere in questa società fortemente femminista, siamo pure perseguitati perché privilegiati”. Commenta la redazione di milleunadonna.it: “Di alcuni commenti stupisce il livore ma, soprattutto, la percezione di una realtà non testimoniata da dati diffusi da diverse istituzioni anche al livello europeo. Che esista una sorta di lobby femminile che piega le statistiche a proprio piacimento?”.