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Home » Attualità » Giorgia Soleri: “Ho abortito a 21 anni e mi hanno dato dell’assassina. È stato umiliante”

Giorgia Soleri: “Ho abortito a 21 anni e mi hanno dato dell’assassina. È stato umiliante”

La modella e influencer torna a parlare dell'interruzione di gravidanza, dopo l'abolizione della sentenza Usa: "I diritti delle donne non sono mai scontati"

Ilaria Vallerini
30 Giugno 2022
Giorgia Soleri rivela di aver abortito a 21 anni

Giorgia Soleri rivela di aver abortito a 21 anni

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“Dovrai rimanere vigile per la vita”, scriveva Simone de Beauvoir. Le donne, ora più che mai, devono ripeterselo come un mantra, dopo la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire la sentenza  Roe v. Wade sul diritto dell’aborto. A tornare sull’argomento è la modella e influencer Giorgia Soleri, che recentemente ha raccontato la sua esperienza traumatica: “Ho abortito a 21 anni – ha riferito a Metropolis – e mi hanno dato dell’assassina.  È stato umiliante“. Rendere difficile l’applicazione di un diritto è come negarlo. E i diritti delle donne “non sono mai scontati,  ogni giorno è necessario lottare per mantenerli e per ottenerne di nuovi”, dichiara Soleri, che si è unita alle numerose voci di dissenso in merito alle ultime notizie giunte da oltreoceano: “Nonostante il disgusto, la delusione, il dolore e la paura per un mondo che va sempre più verso il totale controllo dei corpi (soprattutto delle donne e delle persone con utero) e la totale privazione di autodeterminazione, noi continueremo a lottare – ha scritto su Instagram -. Per le nostre sorelle statunitensi, per le sorelle che hanno lottato e lottano per rendere davvero accessibile l’IVG in Italia, per chi ancora oggi – ovunque si trovi – si vede portar via la possibilità di abortire in sicurezza. Non staremo zitte, statene certe”.

La reazione di Giorgia Soleri all’abolizione della sentenza sul diritto all’aborto negli Usa

“Donne vittime del giudizio del personale medico”

La modella ha rivelato di aver abortito cinque anni fa. “È stata un’esperienza molto negativa, perché sono stata trattata come un’emarginata sociale. Quando mi sono presentata in consultorio per intraprendere il percorso di interruzione volontaria di gravidanza, la prima cosa che ha fatto la ginecologa è stata rimproverarmi dicendo che  i giovani fanno sesso senza usare protezioni. Mi stava giudicando senza sapere nulla della mia storia”. Il diritto all’aborto “è difficile da ottenere e molto spesso viene trattato come una concessione – rincara la dose Soleri -. Le donne spesso sono vittime del giudizio del personale medico e sanitario e si trovano a dover agire nell’ombra”. In un’altra occasione, Giorgia ha parlato della legge 194 che a suo avviso presenta delle “grosse lacune” e “fa sentire in colpa noi donne”. Nuove e vecchie battaglie, insomma, che le donne sono chiamate a combattere con forza. Giorgia Soleri si batte da tempo anche per il riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti, partecipando recentemente alla conferenza stampa alla Camera di presentazione della proposta di legge a fianco del suo fidanzato Damiano, frontman dei Maneskin.

Giorgia Soleri insieme al fidanzato Damiano dei ‘Maneskin’ alla Camera per la proposta di legge sulla vulvodinia

Giorgia, Gaia e le altre: “In Italia di alcuni temi non si può parlare”

“Oggi ho trovato la mia macchina cosparsa di immondizia e improvvisamente ho capito che davvero in Italia di alcune cose non si può parlare – racconta l’attrice fiorentina Gaia Nanni su Facebook – . Ho sopravvalutato il mio paese che quando giudica i vicini oltreoceano pare Pinco ma che alla fine resta un feudo medievale”. Un gesto oltraggioso contro una donna che ha avuto il coraggio di esporsi, raccontando la propria esperienza legata all’aborto in una lettera aperta pubblicata su Facebook. “Io sono di Firenze e abortire a Firenze non è stato per nulla facile“. Gaia ripercorre con la memoria, evidenziando come la sua ginecologa fosse obiettore di coscienza e pertanto, un iter lungo e sofferto che ci pone di fronte ad una riflessione su cosa abbiamo ottenuto e quanto ancora dobbiamo lottare per veder riconosciuti del tutto i diritti in quanto donne. Secondo la presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, Maria Antonietta Gulino: “Gli insulti e i gesti incivili ricevuti dall’attrice Nanni dimostrano ancora una volta quanto il tema dell’aborto rappresenti nel nostro Paese una questione estremamente seria e delicata, in cui manca una reale libertà di espressione e confronto. Per le donne non solo abortire, ma il prendere una posizione ferma sul tema, rappresenta un passo delicato e complesso che espone al rischio di ricevere attacchi e pregiudizi. E’ evidente come questa condizione di fragilità finisca per aumentare il disagio psicologico nelle donne che si trovano a prendere delle decisioni difficili, quando servirebbe invece sostegno e apertura al dialogo in una fase di vita segnata dall’incertezza”. “La questione dell’aborto – conclude Gulino – non può limitarsi a un mero schieramento tra le parti: favorevoli o contrari. Occorre prima di tutto introdurre una diversa cultura che favorisca un dibattito illuminato, non di rabbia o paura, ma di civiltà”.

 

 

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  • Bebe Vio “torna subito" a colpire con il suo ormai proverbiale (auto)sarcasmo.

Sul suo profilo Instagram pubblica una foto delle protesi lasciate sul lettino, prima di fare un tuffo in mare. Libera. 🏊‍♀️

#lucenews #lucelanazione #bebevio #inclusivity #libera #protesi #tornosubito
  • Maura Nardi, 41 anni a novembre, ed Emanuele Loati, 25, oltre ad essere innamorati, sono due giovani transgender che, dopo una vera e propria odissea, hanno completato insieme la transizione per il cambio di sesso. E ora, nuovi documenti alla mano, coroneranno finalmente il loro sogno d’amore con le nozze.

“Con l’identità di genere non si può scendere a patti: puoi lottarci per un po’, ma alla fine devi accettare quello che sei perché in ballo c’è la tua vita”.

Emanuele e Maura si sono conosciuti 3 anni fa, proprio durante il difficile e lungo percorso che li avrebbe portati alla loro nuova identità. Da quel primo incontro, proprio come in una favola con la freccia di Cupido scoccata che non lascia scampo, i due non si sono più lasciati.

Uniti, supportandosi a vicenda senza mai smettere di amarsi, hanno affrontato tutte le difficoltà che si sono presentate e non sono state poche: prima la sofferenza emotiva (ma anche fisica) per la transizione, aggravata poi dalla burocrazia dello Stato. E dopo tante peripezie la luce è apparsa in fondo al tunnel: l’ufficio anagrafe del comune di Recanati, in provincia di Macerata, ha provveduto a rettificare i loro documenti di identità. Era l’ultimo step da superare prima del via libera al matrimonio. Ora non resta che organizzare.

Se quella di Nardi e Loati è una vicenda già particolarmente travagliata, anche se a lieto fine, per Maura le cose sono state, se possibile, ancora più difficili. Ha iniziato la transizione nel 2016 e quando ha completato il percorso, è stata la prima persona non vedente italiana a riuscirci. Da quando ha 19 anni soffre di una forma di cecità a causa dello sviluppo di una rara malattia alla retina, nel suo caso “è stato più semplice convivere con la cecità che con l’incongruenza di genere”.

E aggiunge: “Nonostante il supporto non è stata una passeggiata: ho avuto diversi momenti di sconforto e paura, altri in cui mi sono sentita in colpa per aver trascinato la mia famiglia in questo cammino così complesso. Oggi so che rifarei tutto. La ciliegina sulla torta è stata l’arrivo del mio compagno. Ora finalmente siamo pronti a sposarci e possiamo pensare a una cosa bella”.

#lucenews #recanati #nozze
  • Quello che molti temevano è purtroppo accaduto: per scoprire le interruzioni di gravidanza negli Usa le autorità stanno facendo ricorso anche ai dati personali contenuti nelle app di messaggistica e sui social. 

A destare scalpore è un caso in Nebraska, dove Celeste Burgess, 18 anni, e sua madre Jessica, 41, sono finite in tribunale per un presunto aborto illegale, con molteplici capi d’imputazione. La polizia ha presentato come prove i messaggi su Facebook che le due donne si sarebbero scambiate e a cui, con l’autorizzazione dei gestori della piattaforma – in questo caso Meta –, ha avuto accesso. Le chat private, secondo le autorità, mostrano le prove di un aborto farmacologico illegale, autogestito alla 28esima settimana di gestazione (settimo mese), e di un piano per nascondere "i resti”.

Dopo che la polizia ha ottenuto il materiale dai due mandati di perquisizione, Jessica è stata accusata di altri due reati, induzione all’aborto illegale e pratica dell’aborto come persona diversa da un medico autorizzato, per i quali si è nuovamente dichiarata non colpevole. Attualmente il Nebraska proibisce gli aborti dopo le 20 settimane, una legge in vigore da prima dell’annullamento della sentenza Roe v. Wade.

Il problema di fondo che emerge da questa e da tante altre vicende in materia di diritti ha un duplice aspetto: da una parte c’è l’obbligo di una società di fornire i dati alle forze dell’ordine che ne fanno richiesta per le indagini e dall’altra la possibilità di disporre di questi dati. 

Mai come oggi grandi aziende private possono disporre di informazioni personali relative ai propri utenti, e se queste sono utili per fermare chi commette crimini è un conto, ma se le leggi vengono modificate ciò che può essere giudicato come crimine cambia. Il caso di Celeste Burgess è solo un esempio, ma conferma anche che negare il diritto all’aborto non eradica il fenomeno, ma lo trasporta in una dimensione di illegalità e pericolo per la salute della donna.

#lucenews #lucelanazione #aborto #nebraska #abortion #usa
  • La scelta coraggiosa del calciatore croato Robert Peric-Komsic non poteva non fare il giro del mondo in un baleno. Nel fiore dell’età, e con tutta la vita davanti, a soli 23 anni ha deciso di lasciare il mondo del pallone. La sua non è stata una scelta forzata, è stata intimamente voluta, e se ha detto addio alla sua carriera è stato solo per una scelta d’amore. Dimostrando che la vita della propria madre viene prima di qualunque cosa. Prima della passione per il pallone, prima del successo, prima di ogni carriera.

“Non c’erano altre opzioni, io era l’unica possibilità, l’ultima. Ho avuto ben chiara qual era la mia missione: salvarla.”

L’attaccante del Cibalia Vinkovci non ci ha pensato due volte quando si è trattato di scegliere tra il suo futuro nel mondo calcistico e la salute della sua mamma malata. Per tanto, troppo tempo l’aveva vista lottare contro una malattia al fegato. Ora non c’era più tempo da perdere: si trattava di trovare un donatore compatibile, e al più presto. Lo stomaco della donna si stava oramai riempiendo di acqua, e questo voleva dire che le rimaneva poco tempo, secondo i medici che l’avevano in cura. Questione di qualche giorno appena. Il calciatore della seconda divisione croata era l’unico compatibile. A quel punto Peric-Komsic si è tolto la tuta, ha riposto maglietta e calzoncini da calciatore nella sua valigia e ha preso l’aereo, salendo sul primo volo con destinazione Istanbul. Lì ha trovato sua mamma Ljiljiana che l’aspettava per abbracciarlo, in fin di vita.

“Dopo aver lottato duramente per 13 anni, il vero eroe è lei. Io ho solo fatto quello che chiunque al posto mio avrebbe fatto."

Sono passati quattro mesi e più dall’intervento. Il trapianto è andato benee la signora Ljiljiana è migliorata molto da allora. Giorno dopo giorno ce l’ha messa tutta, e con una straordinaria forza di volontà, animata dall’amore di suo figlio, si sta piano piano riprendendo. E a chi si complimenta per aver fatto qualcosa di straordinario, con l’umiltà dei grandi risponde: “È stata mia madre a darmi la vita. Io l’ho solo estesa a lei”.

#lucenews #lucelanazione #donazionefegato #RobertPericKomsic #donarelavitaperamore
"Dovrai rimanere vigile per la vita", scriveva Simone de Beauvoir. Le donne, ora più che mai, devono ripeterselo come un mantra, dopo la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire la sentenza  Roe v. Wade sul diritto dell'aborto. A tornare sull'argomento è la modella e influencer Giorgia Soleri, che recentemente ha raccontato la sua esperienza traumatica: "Ho abortito a 21 anni - ha riferito a Metropolis - e mi hanno dato dell'assassina.  È stato umiliante". Rendere difficile l'applicazione di un diritto è come negarlo. E i diritti delle donne "non sono mai scontati,  ogni giorno è necessario lottare per mantenerli e per ottenerne di nuovi", dichiara Soleri, che si è unita alle numerose voci di dissenso in merito alle ultime notizie giunte da oltreoceano: "Nonostante il disgusto, la delusione, il dolore e la paura per un mondo che va sempre più verso il totale controllo dei corpi (soprattutto delle donne e delle persone con utero) e la totale privazione di autodeterminazione, noi continueremo a lottare - ha scritto su Instagram -. Per le nostre sorelle statunitensi, per le sorelle che hanno lottato e lottano per rendere davvero accessibile l’IVG in Italia, per chi ancora oggi - ovunque si trovi - si vede portar via la possibilità di abortire in sicurezza. Non staremo zitte, statene certe".
La reazione di Giorgia Soleri all'abolizione della sentenza sul diritto all'aborto negli Usa

"Donne vittime del giudizio del personale medico"

La modella ha rivelato di aver abortito cinque anni fa. "È stata un'esperienza molto negativa, perché sono stata trattata come un'emarginata sociale. Quando mi sono presentata in consultorio per intraprendere il percorso di interruzione volontaria di gravidanza, la prima cosa che ha fatto la ginecologa è stata rimproverarmi dicendo che  i giovani fanno sesso senza usare protezioni. Mi stava giudicando senza sapere nulla della mia storia". Il diritto all'aborto "è difficile da ottenere e molto spesso viene trattato come una concessione - rincara la dose Soleri -. Le donne spesso sono vittime del giudizio del personale medico e sanitario e si trovano a dover agire nell'ombra". In un'altra occasione, Giorgia ha parlato della legge 194 che a suo avviso presenta delle “grosse lacune” e “fa sentire in colpa noi donne”. Nuove e vecchie battaglie, insomma, che le donne sono chiamate a combattere con forza. Giorgia Soleri si batte da tempo anche per il riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti, partecipando recentemente alla conferenza stampa alla Camera di presentazione della proposta di legge a fianco del suo fidanzato Damiano, frontman dei Maneskin.
Giorgia Soleri insieme al fidanzato Damiano dei 'Maneskin' alla Camera per la proposta di legge sulla vulvodinia

Giorgia, Gaia e le altre: "In Italia di alcuni temi non si può parlare"

“Oggi ho trovato la mia macchina cosparsa di immondizia e improvvisamente ho capito che davvero in Italia di alcune cose non si può parlare – racconta l'attrice fiorentina Gaia Nanni su Facebook – . Ho sopravvalutato il mio paese che quando giudica i vicini oltreoceano pare Pinco ma che alla fine resta un feudo medievale". Un gesto oltraggioso contro una donna che ha avuto il coraggio di esporsi, raccontando la propria esperienza legata all'aborto in una lettera aperta pubblicata su Facebook. “Io sono di Firenze e abortire a Firenze non è stato per nulla facile“. Gaia ripercorre con la memoria, evidenziando come la sua ginecologa fosse obiettore di coscienza e pertanto, un iter lungo e sofferto che ci pone di fronte ad una riflessione su cosa abbiamo ottenuto e quanto ancora dobbiamo lottare per veder riconosciuti del tutto i diritti in quanto donne. Secondo la presidente dell'Ordine degli Psicologi della Toscana, Maria Antonietta Gulino: "Gli insulti e i gesti incivili ricevuti dall'attrice Nanni dimostrano ancora una volta quanto il tema dell'aborto rappresenti nel nostro Paese una questione estremamente seria e delicata, in cui manca una reale libertà di espressione e confronto. Per le donne non solo abortire, ma il prendere una posizione ferma sul tema, rappresenta un passo delicato e complesso che espone al rischio di ricevere attacchi e pregiudizi. E' evidente come questa condizione di fragilità finisca per aumentare il disagio psicologico nelle donne che si trovano a prendere delle decisioni difficili, quando servirebbe invece sostegno e apertura al dialogo in una fase di vita segnata dall'incertezza". "La questione dell'aborto - conclude Gulino - non può limitarsi a un mero schieramento tra le parti: favorevoli o contrari. Occorre prima di tutto introdurre una diversa cultura che favorisca un dibattito illuminato, non di rabbia o paura, ma di civiltà".    
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