Giornata del Rifugiato: 108,4 milioni di persone costrette a lasciare la propria casa

L'integrazione passa attraverso l'istruzione. In Italia nel 2023 valutati 1.086 titoli di studio di cittadini provenienti soprattutto da Afghanistan, Pakistan e Ucraina

di CATERINA CECCUTI -
20 giugno 2023
Il 20 giugno ricorre la Giornata Mondiale del Rifugiato. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha scelto questo giorno con la Risoluzione 55/76. Il documento è stato approvato il 4 dicembre del 2000 per il 50esimo anniversario della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati. I primi fattori che spingono milioni di persone a lasciare la propria casa sono guerre ed emergenze climatiche.
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La Giornata Mondiale del Rifugiato è stata sancita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Come rende noto l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, ben 108,4 milioni di persone hanno lasciato la propria casa nel 2022 per guerre ed eventi estremi causati dal cambiamento climatico: è un record, con un aumento di 19,1 milioni di persone rispetto al 2021. I dati parlano chiaro: 35,3 milioni di persone sono considerate rifugiati, cioè persone che hanno attraversato un confine internazionale in cerca di sicurezza, e 62,5 milioni sono invece le persone sfollate all’interno dei loro Paesi di origine. Questa giornata arriva dopo mesi terribili e tragedie in mare, in un contesto che era già particolarmente grave da diversi anni e che non è più neanche definibile emergenza, da quanto è diventato costante e grave nel tempo. E mentre a più voci si alza la richiesta di politiche condivise a livello europeo dei responsabili e rispettose dei diritti umani per la gestione dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti protezione internazionale, c’è un dato positivo: l’integrazione di molti rifugiati tramite il riconoscimento del loro titolo di studio.
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A fine 2022 il numero di persone costrette alla fuga a causa di guerre, persecuzioni, violenza e violazioni dei diritti umani è salito al livello record di 108,4 milioni (Foto: Unhcr)

L’importanza di integrare i rifugiati con l'istruzione

L’istruzione è uno tra i veicoli principali di integrazione. I numeri registrati da Cimea (Centro di Informazione su Mobilità ed Equivalenze Accademiche), parlano chiaro: nei primi sei mesi del 2023 in Italia sono stati 360 i rifugiati che hanno ottenuto l’attestato di comparabilità del proprio titolo di studio. Ciò significa che hanno avuto il documento che inquadra le lauree e i diplomi esteri all’interno del sistema d’istruzione italiano, per permettere ai possessori di tali qualifiche di continuare il percorso universitario o entrare nel mercato del lavoro del nostro Paese e, quindi, consentire loro di essere integrati nel tessuto sociale italiano. Le richieste di valutazione di titoli esteri dei rifugiati, in totale, sono state 1.086.
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La guerra in Ucraina è stata il motore principale degli esodi forzati (Ansa)

I 360 attestati di comparabilità rilasciati nei primi sei mesi dell’anno riguardano i titoli di rifugiati provenienti da Afghanistan (132), Pakistan (73), Ucraina (58), India (50) e Venezuela (47). In particolare per l’Ucraina, ai 58 titoli di studio di rifugiati vanno anche aggiunti i 400 attestati per altrettanti possessori di qualifiche ucraine, che, però, non godono della protezione internazionale. Situazione simile anche per i titoli iraniani, in quanto nel 2023 sono stati rilasciati 1.700 attestati di comparabilità a persone titolari di qualifiche iraniane, alle quali però non è stato riconosciuto lo status di rifugiato.
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Guerre ed eventi catastrofici legati al cambiamento climatico le principali cause per cui le persone sono costrette ad abbandonare le loro case

Di cosa si occupa Cimea

Cimea, che ha il compito di valutare le qualifiche per rilasciare gli attestati di comparabilità, da anni si impegna per garantire il riconoscimento equo e a titolo gratuito delle qualifiche dei rifugiati, partecipando anche a progetti di portata europea, come l’Eqpr (European Qualifications Passport for Refugees), e di carattere internazionale, quale l’Uqp (Unesco Qualifications Passport). L’obiettivo di tali iniziative è proprio quello di offrire l’equo riconoscimento dei titoli di studio anche ai rifugiati che non hanno la documentazione necessaria per dimostrare la formazione pregressa.
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L’obiettivo del 2030: garantire l'istruzione superiore al 15% dei rifugiati (Foto: Unhcr)

Questi strumenti sono di fondamentale importanza se si considera che, secondo i dati di Unhcr, solo il 6% dei rifugiati ha accesso a forme di istruzione di tipo universitario, perché una delle barriere che riscontrano è quella del riconoscimento dei titoli per la mancanza della documentazione completa. “Garantire un equo riconoscimento dei titoli di studio dei rifugiati è un passaggio fondamentale per permettere loro di venire integrati nel nostro Paese e dar loro l’opportunità di poter contribuire allo sviluppo della nostra società come studenti o come lavoratori” dichiara Luca Lantero, direttore generale di Cimea. “In questo contesto diventa essenziale promuovere strumenti che consentano anche a chi non ha la documentazione necessaria per dimostrare le proprie qualifiche di poter ottenere il riconoscimento dei titoli pregressi per proseguire il percorso di studi" aggiunge Lantero. "Proprio questo ci spinge come Cimea a partecipare a progetti come Eqpr e Uqp, ai quali diamo il nostro contributo dal loro avvio in Italia. La nostra esperienza è diventata anche oggetto di ricerca a livello internazionale, tanto che ci è stato dedicato un capitolo all’interno di un libro sui rifugiati e il loro accesso a forme d’istruzione superiore" conclude.
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Solo il 6% dei rifugiati ha accesso a forme di istruzione di tipo universitario, perché una delle barriere che riscontrano è quella del riconoscimento dei titoli per la mancanza della documentazione completa (Foto: Unhcr)

L’obiettivo del 2030: garantire l'istruzione superiore al 15% dei rifugiati

I dati di Unhcr dimostrano che, nonostante negli anni vi siano stati dei progressi per garantire l’accesso ai rifugiati all’istruzione superiore, passando dall’1% nel 2019 al 6% nel 2022, la strada da percorrere sia ancora in salita, se si vuole eguagliare la percentuale di iscritti all'istruzione superiore tra i non rifugiati, che a livello globale è di oltre il 40%. Per questo motivo, l’agenzia dell’Onu e i suoi partner si sono impegnati a raggiungere l'obiettivo “15by30”, ovvero garantire che il 15% dei giovani, donne e uomini rifugiati possano accedere all'istruzione superiore entro il 2030.
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L’istruzione è uno tra i veicoli principali di integrazione (Foto: Unhcr)

Per sensibilizzare ulteriormente sull’importanza di integrare i rifugiati tramite il riconoscimento delle qualifiche accademiche, Cimea parteciperà all’evento organizzato dall’Unesco il 20 giugno in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato dal titolo “World Refugee Day - Transforming Higher Education and Life-Long Learning” con un intervento sull’impatto positivo della digitalizzazione, e in particolare di tecnologie come la blockchain, nell’abbattere le barriere dei rifugiati per il proseguimento del percorso di studi. L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sui canali di Unesco.

12 milioni di bambini sfollati nel 2022

L’importanza dell’istruzione è fondamentale se si guarda alle nuove generazioni. Eventi climatici estremi hanno causato altri 12 milioni di bambini sfollati nel corso del 2022. Lo rivela l’Unicef che stima, alla fine del 2022, un numero record di 43,3 milioni di bambini in condizioni di sfollamento forzato, molti dei quali per tutta la loro infanzia.
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L'istruzione è fondamentale soprattutto per le nuove generazioni visto che il numero di minori sfollati continua a crescere (Foto: Unhcr)

"Il numero di bambine e bambini sfollati, costretti a lasciare le proprie case è raddoppiato negli ultimi 10 anni, ostacolando gli sforzi per includere e proteggere i bambini sfollati all'interno dei Paesi" spiega l'Unicef. La guerra in Ucraina ha costretto più di 2 milioni di bambini ucraini a lasciare il Paese e ha portato a oltre 1 milione il numero dei bambini sfollati all’interno dell’Ucraina. “Per oltre 10 anni, il numero di bambini costretti a lasciare le proprie case è cresciuto a un tasso allarmante e la nostra capacità globale di risposta rimane ancora sotto pressione - ha dichiarato Catherine Russell, direttore generale dell’Unicef - L’incremento è in linea con l’aumento consistente di conflitti, crisi e disastri climatici nel mondo, ma sottolinea anche la risposta non sufficiente di molti governi a garantire che ogni bambino rifugiato e sfollato interno possa continuare a studiare, crescere in salute e sviluppare il proprio pieno potenziale”.