“Lasciatemi morire, non sono una suicida”. Martina Oppelli pronta ad andare in Svizzera

La donna di 49 anni, di Trieste, è affetta da sclerosi multipla da quando ne aveva 28. E’ tetraplegica e dal 2012 non è più autonoma. Ha chiesto di poter accedere al suicidio medicalmente assistito ma in Italia, per ora, non le viene concesso

23 maggio 2024

“La sofferenza è diventata intollerabile parlo con un filo di voce, non riesco nemmeno a tossire, non sono autonoma in nulla. Ogni giorno il dolore fisico è indescrivibile”. Torna a parlare Martina Oppelli, triestina di 49 anni, tetraplegica, e a chiedere il suicidio medicalmente assistito. “Non ce la faccio più. Dal 2012 ho bisogno di una persona che faccia tutto per me. Sofferenze e dolori sono enormi. Quello che ho vissuto non dovrebbe provarlo nessuno. Non sono una suicida. Sono esausta. Esaurita, sono satolla di vita”, ha proseguito, intervenendo durante una conferenza stampa promossa dall'associazione Luca Coscioni, dove ha raccontato la sua storia e il suo lungo percorso di dolore. La sua richiesta, al momento, non è stata accolta dall'azienda sanitaria. Da qui la lotta per chiedere l'accompagnamento al fine vita. Se non sarà possibile in Italia la donna si è detta già pronta ad andare in Svizzera.

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Dall'associazione Coscioni è stato sottolineato che "Martina ha preso ha decisione di porre fine alle proprie sofferenze e di avvalersi della possibilità di ricorrere al suicidio medicalmente assistito. Grazie alla sentenza 242 della Corte Costituzionale, conosciuta come sentenza Cappato, nel nostro Paese oggi abbiamo una sentenza che ha valore di legge. A Martina però non è stato consentito il diritto di seguire la sua volontà. Ci siamo rivolti alla magistratura e confidiamo nella decisione che ci sarà a breve”.

"Vorrei morire col sorriso sul viso, nel Paese dove ho scelto di vivere, e dove ho pagato le tasse”. Era il video appello che la 49enne, affetta da sclerosi multipla da quando ne aveva 28, aveva lanciato qualche giorno fa ai parlamentari. La donna ha diffidato l'Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (Asugi) dopo il diniego ad accedere al “suicidio medicalmente assistito”. Ma secondo l’azienda - interpellata dall'Ansa - “non esistono le condizioni”.