Siamo felici che una giovane mamma abbia deciso di parlare, mettendoci la faccia, di un disturbo che colpisce molte donne dopo la gravidanza, ma di cui purtroppo si parla poco, anche per una sorta di vergogna nei confronti di una società che fa sentire inadeguate le madri che soffrono di
depressione post partum, quando in realtà non ce n'è motivo.
"Sono felice di raccontare la mia sofferenza se questo può aiutare altre madri ad affrontare un problema troppo spesso sottovalutato”. Fabrizia Falà, 35enne di Roseto degli Abruzzi, dal palco della finalissima di
Miss Mamma Italiana 2023, accende i riflettori sulla
depressione post partum che - stando alle statistiche epidemiologiche - colpisce circa il 15% delle donne, con diversi livelli di gravità.
“Mi sono sentita sola come mai nella vita – prosegue Fabrizia, eletta a Bellaria-Igea Marina Miss Eleganza -. Piangevo, stavo male e sentivo ripetere “Ma come? Sei giovane, bella, hai un marito, due splendidi figli, di che ti lamenti?”. Frasi che
mi facevano sentire in colpa. Ho cominciato quindi, io per prima, a sminuire i segnali del disturbo, che era invece vero, reale, non certo il capriccio di una madre inadeguata”.
Fabrizia Falà sul palco di Miss Mamma italiana 2023
"Vi parlo della mia depressione post partum"
Da dove partiamo? "Prima di avere il mio secondogenito ho avuto un
aborto spontaneo. Ho partorito dopo una
gravidanza a rischio, trascorsa praticamente a letto, che mi aveva scatenato
attacchi di ansia, dovuti alla paura di perdere il bambino. Quando è nato, mio figlio
piangeva in continuazione e i medici, pensando che il mio latte non bastasse, volevano lo allattassi artificialmente. Mi sono opposta perché il bambino non era calato di peso e secondo me il latte non c’entrava niente con il pianto. Questa presa di posizione ha inevitabilmente aggiunto stress all’ansia. Due giorni dopo la nascita poi un’infermiera è arrivata in camera per portare il bimbo in pediatria. Aveva l’ittero, ma non me lo hanno spiegato subito e questo ha aumentato ovviamente le mie preoccupazioni. Mentre lo guardavo piangere e strillare dentro l’incubatrice, provavo un
senso di impotenza che cresceva con il passare dei giorni".
Tornata a casa è andata meglio? "Purtroppo no. Mio figlio continuava a piangere,
si svegliava continuamente anche di notte. Mi sentivo sempre più
sfinita. Mi è mancato un appoggio, un ascolto empatico. Credo che oggigiorno le persone
rifuggano il confronto con la tristezza e il dolore psicologico. Solo la rabbia, tra le emozioni considerate negative, è socialmente ammessa.
Tutti mi chiedevano di sorridere, ma dentro stavo malissimo. Mi accusavano addirittura di essere una musona".
Suo marito l’ha aiutata? "Paradossalmente nemmeno mio marito, sovraccaricato dalle responsabilità della sua professione di neuro psicologo, aveva all’inizio compreso la situazione, anche perché io stessa mi sforzavo di minimizzare i sintomi dopo che ero stata colpevolizzata da tanti per il mio malessere. Mi vergognavo e ricacciavo indietro il disagio, che diventava però sempre più profondo."
Fabrizia Falà: "Mi vergognavo e minimizzavo il disagio"
La consapevolezza del disturbo: "Uno psichiatra mi ha riso in faccia"
Cosa le ha fatto capire che c’era bisogno di fare qualcosa? "Il
non riuscire più a dissimulare il pianto e gli attacchi d’ansia che si intensificavano, invalidando le mie giornate. Mi sono allora rivolta a due psichiatri del servizio pubblico, in due diverse strutture ospedaliere, ma è stato un disastro. Il primo
mi ha riso in faccia, il secondo mi ha sottoposto un questionario. Una delle domande era “Provi l’intenzione di suicidarti?”. Ma come si fa ad approcciare in questo modo una persona che sta malissimo?"
Quindi? "Ho cercato uno specialista in libera professione, ma all’inizio non ho avuto fortuna. Gli psichiatri e i terapeuti abbondano, ma ognuno è legato a una specifica formazione e scuola di pensiero. Orientarsi non è facile. Diciamo che dopo qualche incontro poco felice, ho finalmente
intrapreso un percorso terapeutico - anche farmacologico - grazie una dottoressa, che mi è stata di grande aiuto".
Oggi come si sente? "Dopo una fase di
riacutizzazione durante la pandemia posso dire di stare meglio. Il che significa accettare anche giornate no, consapevole che la tristezza fa parte della vita e va accolta e abbracciata fino a quando passa. Perché passa e poi si torna a sorridere. Sto cercando di trasferire questo atteggiamento anche ai miei figli, credo sia molto importante".
"Non sentitevi sbagliate"
Che consiglio darebbe a una donna che vive la sua stessa esperienza? "Di
non lasciarsi convincere di provare emozioni “sbagliate” o di essere sbagliata e di
chiedere aiuto prima possibile a un terapeuta. Credo però - esattamente come accade per la biologia - che
l’educazione all’empatia e all'ascolto andrebbe impartita cominciando dai banchi di scuola.
Il mondo è sempre più sordo alla sofferenza, mentre il sostegno per una madre alle prese con la depressione post partum è la chiave di svolta".
I dati: circa il 15% delle donne soffre di depressione post partum
Il parere dell'esperto
Esistono fattori predisponenti per la depressione post partum? E, soprattutto, quali sono
i segnali non andrebbero mai sottovalutati? Ne parliamo con
Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista a Roma. “Tutte le neo mamme accusano nelle prime due settimane dopo la nascita del bambino il cosiddetto
baby blues - spiega l’esperta – che comporta una
leggera depressione dovuta ai cambiamenti ormonali che seguono il parto. Fin qui è tutto nella norma.
I familiari dovrebbero però porre attenzione se questo stato d’animo si prolunga, con pianti frequenti e la tendenza della donna ad agire come se fosse “imbambolata". O se sono presenti
astenia, stanchezza cronica e difficoltà nel fare le cose o a concentrarsi””.
Cosa fare dottoressa? "
Evitare anzitutto di cercare di minimizzare il disagio con l’interessata, nell’intento, pur comprensibile, di tranquillizzarla o di farla reagire alla situazione. Si otterrebbe soltanto di farla sentire in colpa rispetto a sentimenti e pulsioni che la donna per prima fatica ad accettare, arrivando a sentirsi una cattiva madre. Rivolgersi a uno psicoterapeuta che abbia esperienza in disturbi depressivi con particolare riferimento al post partum anche solo per poche sedute è sicuramente utile, ma l’intervento deve coinvolgere anche il resto della famiglia, in particolare il coniuge.
Il compito di un partner è far stare bene la propria compagna perché soltanto prendendosene la giusta cura e standole accanto affettuosamente, lei riuscirà a prendersi cura al meglio suo figlio".
Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista a Roma
Le cause del disturbo
La depressione post partum è ereditaria? "No, ma può esserci una familiarità, in particolare per quelle forme di disagio emotivo e depressione che dipendono da alterazioni del sistema neuroendocrino conseguenti il parto".
Quali sono le altre cause? "Principalmente tre: un
episodio ansioso depressivo in età adolescenziale o negli anni precedenti la gravidanza,
traumi psichici non elaborati, tipo un aborto, stress prolungati, come la difficoltà a rimanere incinta. La depressione può essere attivata anche dalla paura di perdere il bambino: vedere, ad esempio, il neonato in incubatrice può risvegliare vecchi archetipi ed essere inconsciamente associato all’idea di morte. Quale donna non ha letto la favola di Biancaneve che viene esposta nella bara di vetro prima del bacio del principe?"
C’è altro? "Donne che hanno avuto e superato
malattie importanti, o che soffrono di patologie croniche, possono avere il timore di riammalarsi dopo il parto o di trasmettere gli stessi disturbi al bambino. Situazioni che possono scatenare angosce profonde e sfociare che nella depressione post partum. Anche l’allattamento, quando gli ormoni faticano ad assestarsi, può contribuire a scompensare la neomamma da un punto di vista psicofisico e diventare la base del disturbo. Le madri con depressione post partum andrebbero indirizzate, con opportune spiegazioni, a somministrare al bambino un' alimentazione artificiale".
Quali accortezze deve avere in futuro una donna che ha sofferto di depressione post partum? "Essere consapevole che il disturbo può ripresentarsi durante una successiva gravidanza e soprattutto dopo il parto. Di solito è consigliata una psicoterapia di accompagnamento durante la gestazione e una
terapia madre-bambino fin dai primi giorni di vita. In Svezia, ad esempio, questo protocollo è consolidato da decenni. Importantissimo coinvolgere il partner e i familiari che devono diventare consapevoli del rischio, imparare ad osservare la donna, pronti a riconoscere i primi eventuali campanelli d'allarme, essere empatici e partecipativi.
Dormire è fondamentale: dopo la nascita del bambino è necessario che la mamma riposi la notte, da subito, delegando la poppata notturna a un familiare".