Morte di sete. Due corpi stesi l'uno accanto all'altro
nel deserto che separa la Tunisia dalla Libia. Corpi di persone che hanno un nome e un cognome, esseri umani che hanno perso la vita per la sete, per il caldo, per la stanchezza di un cammino verso un futuro che non è mai arrivato.
Dosso Fati e la sua piccola
Marie, sua figlia, sono
vittime di stenti. La loro foto, quella dei loro corpi appunto, supini su quel mare di sabbia, ha fatto il giro del mondo sul web, rimbalzando di sito in sito finché quei cadaveri hanno trovato un'identità. Ormai troppo tardi.
Mamma e figlia morte di sete
Madre e figlia "fuggivano dalla Costa d’Avorio. Sono morte di stenti, disidratate, prima di poter realizzare il loro
sogno di un futuro migliore. Dare un’identità alle ennesime vittime di politiche anti migranti disumane era un dovere e grazie ai colleghi di
Libye Actualité è stato possibile dar loro dignità", spiega la giornalista Antonella Napoli su Focus on Africa. "Oggi non piangiamo solo Dosso e Marie, ma una moltitudine di anime senza volti, un numero senza fine, vittime di un mondo che li ha delusi. Un mondo che ha perso ogni barlume di compassione".
"Dopo diverse ricerche... la donna e la sua bambina sono morte nel deserto libico. Lei è della
Costa d'Avorio, si chiama Dosso Fati, sua figlia si chiama Marie. Proviamo ancora molto dolore", si legge nel post pubblicato lunedì sera sulla pagina Facebook ufficiale della rete. Ricerche vane tra quegli oltre 450 chilometri di dune che separano il passato dal futuro, i desideri da una nuova esistenza, la speranza dalla realtà. E poi, la vita dalla morte. Da settimane (da mesi, da anni in realtà) centinaia di cittadini e cittadine degli Stati subsahariani vengono
deportati e abbandonati nel deserto, sommandosi ai migliaia di
migranti che cercano di raggiungere il nord del continente in cerca di un passaggio verso l'Europa. Cosa abbiano provato le due negli ultimi istanti prima di crollare, prima di chiudere gli occhi per sempre, non lo possiamo sapere. Il dolore di una mamma nel non poter far nulla per salvare la figlia, prima che se stessa. La sofferenza di una bimba piccola la cui fiamma si è spenta troppo presto, che non ha trovato nella sua mamma quell'ancora di salvezza necessaria ma impossibile.
Nulla di tutto ciò è spiegabile o commentabile a parole.
Chi erano Dosso Fati e Marie
Antonella Napoli, nella sua ricostruzione su Focus on Africa, spiega che Fati aveva
30 anni ed era originaria della regione occidentale della Costa d’Avorio, per la precisione era nata in un piccolo villaggio chiamato Man. Dalle informazioni disponibili si apprende poi che alla morte dei genitori la giovane si era trasferita in Libia, dove per 5 anni aveva vissuto col marito aveva vissuto per 5 anni insieme al
marito,
Meengue Nymbilo Crepin, chiamato però Pato, anche lui trentenne. I due avevano una figlia, Marie, che quando è morta
aveva solo 6 anni. "Dopo diversi tentativi di attraversare il Mar Mediterraneo dalla Libia - scrive infatti la giornalista - si erano diretti in Tunisia dove avevano in programma di crescere la loro figlia".
Dosso Fati, 30 anni, il marito coetaneo Meengue Nymbilo Crepin e la loro figlia Marie, 6 anni
Ma purtroppo le cose non sono andate per il verso giusto: "Sono stati
cacciati dall’accampamento, dove vivevano da un anno e costretti, a fuggire verso il confine tra Tunisia e Libia. Si può solo supporre che non fosse con loro al momento della morte di Fati e Marie perché era andato a cercare dell’acqua prima di perderne le tracce. Pato è ancora disperso o forse potrebbe essere stato soccorso dalle
guardie di frontiera libiche". La ricerca di una nuova vita, di un futuro migliore non solo per sé ma soprattutto per la loro bimba, perché potesse crescere in un Paese dove fame, povertà, risorse pressoché inesistenti, istruzione quasi impossibile, politiche assassine fossero solo un ricordo. Ma come per i tanti che cercano di arrivare sulle coste del Mediterraneo scommettendo tutto pur di attraversarlo, le speranze si sono infrante ancor prima di arrivare a metà strada. "Inghiottiti in una terra di nessuno, dove i confini si dividono e diventano barriere", scrive ancora Napoli. Barriere che diventano muri invalicabili, che si trasformano in morte.
L'appello di David Yambio, portavoce di Refugees in Lybia
"Nella distesa del deserto, il destino di una donna è stato segnato. Il suo sogno, una vita migliore per sua figlia, nascosto. Con la sete che la consuma, nessuna oasi in vista. La sua speranza, come l'acqua, è evaporata nella forza del caldo". Sono parole di dolore, un pugno nello stomaco quelle di
David Yambio, portavoce di Refugees in Lybia, che commenta su Instagram la vicenda di Fati e la sua bimba.
La foto delle due riverse sulla sabbia del deserto ha fatto il giro del mondo
"Il confine tra Tunisia e Libia, una divisione sterile eppure dirottata dai politici occidentali. Dove i sogni vengono infranti, e l'umanità sfida", continua e, in conclusione del suo toccante post afferma: "L'amore di una madre, il sogno irrealizzabile di una figlia. Perso nel vasto e spietato regime del deserto. Possiamo ricordare la loro situazione, la loro tragica scomparsa, non importa dove ciò sia accaduto, e lottare per un mondo dove la
compassione non muore mai".