Nuove tecnologie e inclusione: come promuoverla in azienda

La Ceo di Var Group Francesca Moriani racconta il potenziale dell’AI e delle tecnologie di ultima generazione come abilitatrici di inclusione: “Ma il corretto utilizzo di questo importante potenziale deve partire fin dalla programmazione”

di CATERINA CECCUTI
16 dicembre 2024
Francesca Moriani

Francesca Moriani

Potrebbero rappresentare un importante volano per il raggiungimento di ambienti di lavoro inclusivi e predisposti all’accoglienza di tutte le forme di diversità ma, se utilizzate in maniera impropria, rischiano invece di essere elementi di ulteriore divisione. Stiamo parlando delle tecnologie di ultima generazione e dell’Intelligenza Artificiale, che sempre più sta prendendo piede nella quotidianità professionale e domestica di tutti noi.

Potenzialità e rischi delle nuove tecnologie

Come nel caso di qualsiasi novità importante, anche questa non fa eccezione: non va osannata né temuta, ma semplicemente gestita correttamente. Le potenzialità, come ormai tutti quanti sappiamo, sono moltissime, così come però anche i rischi che possono derivare da un uso inconsapevole. Ne abbiamo parlato con Francesca Moriani, Ceo di Var Group (multinazionale che affianca le imprese nel loro percorso di evoluzione digitale), che è partner di Fondazione Asphi Onlus ed è stata partner anche di un’interessante iniziativa con Handimatica, in occasione della mostra-convegno “Habitat digitali inclusivi – Tecnologie, accessibilità e competenze come risorse per la partecipazione”, a fine novembre scorso.

Festival Handimatica
Festival Handimatica

“Certamente l’innovazione tecnologica può essere usata a favore dell’inclusività, ma può anche aumentare il divario nelle diversità se viene programmata male dall’essere umano adibito a questo compito. Faccio un esempio pratico: quella che stiamo vivendo ora è un’epoca in cui coloro che addestrano le tecnologie appartengono purtroppo a categorie specifiche, solitamente uomini bianchi, normodotati e spesso benestanti. Di conseguenza, se pensiamo ad un algoritmo che vada a definire se in una banca si concedono o meno prestiti, con maggiore probabilità verranno rigettate le richieste da parte di donne, neri o comunque non italiane.”

In che maniera un’azienda come la vostra può intervenire per migliorare la situazione? “Accelerando l’eterogeneità dei team di sviluppo, di modo da valorizzarla anche in fase di programmazione e predisposizione delle tecnologie alla diversità. Le tecnologie digitali sono indubbiamente strumenti che possono aiutare a costruire dei ponti verso l’accessibilità e l’inclusività, ce ne stiamo rendendo sempre più conto grazie al rapporto di collaborazione che abbiamo con Asphi, impegnata da 40 anni nell’inclusione di disabili attraverso tecnologie digitali. Promuoviamo la ricerca e investiamo molto nell’utilizzo delle tecnologie per abbattere non soltanto le barriere architettoniche, ma anche quelle invisibili, di modo che la tecnologia rappresenti davvero un aiuto alle persone con disabilità o comunque appartenenti alle categorie emarginate. Per esempio, possiamo utilizzarle per tutelare le persone anziane, che magari per questioni anagrafiche non sono naturalmente predisposte ad utilizzarle, ma la cui salute e sicurezza domestica possono essere monitorate da remoto attraverso braccialetti, telecamere o strumentazioni simili.”

Francesca Moriani e Fondazione ASPHI Onlus a Handimatica
Francesca Moriani e Fondazione ASPHI Onlus a Handimatica

Può farci alcuni esempi virtuosi di progetti in cui l’Intelligenza Artificiale rappresenta un volano verso l’inclusività? “Due settimane fa abbiamo partecipato alla fiera di Handimatica, che ha rappresentato un’occasione importante per riunire aziende e persone che lavorano con le tecnologie a favore dell’inclusione. Interessante il progetto dedicato a persone con disartria ‘CapisciAme. L’assistente vocale per tutti’, guidato da Davide Mulfari, che addestra l’intelligenza artificiale a riconoscere voci con disartria e permette a quanti ne sono affetti di comunicare con gli altri. Ancora, l’accessibilità ai siti web, che attualmente abbattono le barriere dell’informazione per i normodotati, ma che allo stesso tempo innalzano muri per i non vedenti, che sono impossibilitati ad accedere alle informazioni. Con il Politecnico di Milano stiamo lavorando ad un progetto per la decodificazione dei contenuti già disponibili sul web, ma il nostro sogno è quello di costruire siti che siano direttamente accessibili a persone con disabilità, oppure promuovere eventi e meeting web che abbiano sottotitoli in tempo reale per permettere alle persone sorde di poterli seguire.”

Festival Handimatica
Festival Handimatica

Mi diceva che aziende più inclusive generano persone più coinvolte negli ambienti lavorativi… “Esatto. Ma purtroppo, ancora oggi, l’inclusività nell’ambiente di lavoro non ha raggiunto livelli accettabili. Come Var Group stiamo approcciando metodi olistici, proponendo la cultura della valorizzazione delle unicità attraverso appositi corsi di formazione destinati a tutte le persone che lavorano per noi. Stiamo anche creando un team di ambassador, portavoce delle nostre attività culturali in tutta Italia.

Quando sono entrata in Asphi mi sono resa davvero conto di quanto poco le aziende facciano per andare incontro alle disabilità. Ecco perché eseguiamo verifiche costanti in tutte le nostre sedi, per capire se esistono, ad esempio, barriere architettoniche. Ci impegniamo a sensibilizzare e creare percorsi formativi per agevolare l’ingresso al nostro mondo del lavoro alle persone con diverse forme di disabilità, perché consideriamo la diversità un valore aggiunto.

Con il team delle risorse umane stiamo anche lavorando per cambiare l’approccio ai candidati, perché esista più libertà di accedere e di imparare il mestiere. Il curriculum dovrà essere senza genere, senza età e senza residenza indicata, vale a dire senza quei fattori che normalmente portano a scartare i candidati e le candidate. Nei nostri corsi di formazione parliamo infatti di equity e inclusion, intesa non solo nei confronti della disabilità ma anche di altre forme di diversità, come il background, il genere, l’area geografica di provenienza. Vogliamo portare le persone che lavorano per noi a capire il punto di vista degli altri, abbattere il pregiudizio e creare un ambiente in cui ognuno si senta libero di esprimere se stesso in sicurezza.

La non inclusività parte da piccoli: il nostro obiettivo è riuscire a lavorare con alcune realtà - anche estere – capaci di aiutarci a formare persone con disabilità grave. Perché la disabilità non deve essere intesa come malattia, e noi tutti dobbiamo solo imparare a conoscerla.”