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Odio contro la comunità Lgbtq+, insulti e offese in aumento durante il mese del Pride

di ARNALDO LIGUORI -
19 giugno 2022
Italy Rome LGBT Pride

Italy Rome LGBT Pride

Se prendiamo le 20 parole d’odio più frequenti rivolte alla comunità LGBTQ+ e analizziamo quante volte vengono pubblicate online, scopriamo che ogni mese, in Italia, vengono pubblicati online 5.300 contenuti con insulti omofobi. E durante il mese del Pride arrivano a 6.600, il 25 per cento in più. È quanto emerge dall’analisi “The Dark Side of Pride”, di dentsu Italia. “La fotografia che ci viene mostrata – si legge nel rapporto – non parla solo di odio e omofobia, ma anche di omofobia interiorizzata, ovvero della accettazione passiva (consapevole, ma soprattutto inconsapevole) da parte di persone omosessuali di tutti i pregiudizi, i comportamenti e le opinioni discriminatorie tipici della cultura omofoba in cui siamo immersi”.

Membri e sostenitori della comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender (LGBT) partecipano alla parata del Pride a Roma

La ricerca

Gli analisti di dentsu hanno tracciato 20 tra gli insulti omofobi più diffusi nel parlato popolare italiano e successivamente mappato tutte le conversazioni online (su siti di news, blog, forum e social media). Hanno scoperto che “benché, nel corso di questi ultimi 4 anni, il trend dell'hate speech omofobo in Rete evidenzi un certo progressivo calo, d'altra parte i volumi assoluti rimangono ancora molto alti, sia rispetto all'evoluzione culturale che sarebbe lecito aspettarsi in Italia, sia rispetto alle attività di sensibilizzazione che aziende, associazioni, influencer e cittadini svolgono con sempre maggiore impegno online e offline”. Sono emersi anche alcune tendenze curiose. “Contrariamente all'idea che l'omofobia nasca soprattutto da una rivendicazione di superiorità del cosiddetto maschio alfa, il 40 per cento degli utenti che promuovono l'hate speech contro persone LGBTQ+ è di genere femminile”. L’hate speech, inoltre, tende a concentrarsi in particolar modo nelle occasioni in cui la visibilità mediatica della comunità LGBTQ+ è più elevata (Pride Month, trasmissioni TV, proposte di legge ed episodi di cronaca).

Conseguenze e soluzioni

I discorsi d’odio e omofobi, come evidenzia la letteratura da anni a questa parte, contribuisce a creare un ambiente sistematicamente ostile all’inclusione sociale e può sfociare in atti di aggressione e violenza fisica. Ma uno degli aspetti peggiori, si legge nel rapporto, è che “se, da una parte, la comunità LGBTQ+ è un bersaglio comune, dall'altra non è però un fronte comune. Frequenti, infatti, sono gli episodi di omofobia interiorizzata rivolti soprattutto ai gay (ritenuti) effeminati dai gay (autoproclamati) maschili. Questo non fa che alimentare il percepito che un certo tipo di immaginario – se viene utilizzato anche da coloro che, per primi, dovrebbero combatterlo dall'interno – sia impugnabile a maggior ragione all'esterno, contribuendo al suo radicamento”.

Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, partecipa alla parata del Pride a Roma

Questo genere di scenario “finisce con il fagocitare qualunque tipo di contro-narrazione, specialmente laddove venga confinata ai soli mesi del Pride”. E proprio per questo, la soluzione non può che essere socialmente diffusa: “Aziende, istituzioni e singoli cittadini – inclusi opinion leader e influencer – devono, pertanto, promuovere iniziative in modo continuativo durante l'intero arco di un anno, rivolgendosi a target diversi con obiettivi diversi”.