Se la vita delle donne in Iran è pesantemente condizionata da leggi repressive, divieti di attività e obblighi legati all’abbigliamento, provate solo a pensare a cosa voglia dire essere detenute in quel Paese. “Le prigioniere politiche iraniane stanno subendo una repressione brutale nella sezione femminile del carcere di Evin. Come attiviste e attivisti per i diritti umani, siamo solidali con le donne iraniane e chiediamo un'indagine internazionale indipendente”. È quanto affermano in un appello pubblicato sulla Stampa la Premio Nobel Shirin Ebadi e il giornalista e scrittore Taghi Rahmani.
Le violenze in carcere contro le prigioniere politiche
“Settanta donne di idee, affiliazioni e generazioni diverse sono attualmente prigioniere politiche nella più famigerata delle carceri iraniane – scrivono i due –. Vi si trovano ingiustamente, solo per aver lottato per la libertà e per i diritti umani in Iran. Da lì, ci hanno raccontato che il 6 agosto le forze di sicurezza e le guardie penitenziarie hanno fatto irruzione nella loro sezione con una violenza brutale. A causa dell'aggressione e delle gravi ferite inflitte, numerose prigioniere hanno perso conoscenza e altre sono state steccate dopo un esame sommario da parte del medico del carcere, senza ricevere cure mediche adeguate”.
“Lontano dagli sguardi dell'opinione pubblica e mentre l'attenzione della stampa si concentra sulle crescenti tensioni in Medio Oriente – concludono Ebadhi e Rahmani – la Repubblica islamica iraniana continua la sua guerra principale: quella in grande stile contro chi le si oppone e contro le donne iraniane. Ora più che mai le prigioniere del carcere di Evin si ergono come bastione della resistenza nella lotta per la libertà. Queste donne, ingiustamente e illegalmente detenute come prigioniere politiche, meritano la nostra ammirazione e urge mobilitarci per loro”.
Le richieste
I due intellettuali, dalle pagine della Stampa, e nei loro interventi pubblici, chiedono “l'immediata cessazione della pena di morte; la scarcerazione di tutte le prigioniere e i prigionieri, arbitrariamente in carcere per motivi politici e di coscienza; l’immediata attuazione, da parte dello stato iraniano, di misure che garantiscano l'incolumità fisica e psicologica delle persone detenute in tutto il Paese, soprattutto nella sezione femminile del carcere di Evin; l'avvio di un'indagine indipendente internazionale per scoprire la verità sulle violenze commessi contro le prigioniere politiche di Evin”.