L’anno scorso sono state eseguite 1.153 condanne a morte, nel mondo. È un tragico record: l’aumento rispetto all’anno precedente è del 30% ed è il numero più alto raggiunto dal 2015. I cinque paesi che hanno registrato il maggior numero di esecuzioni sono la Cina, l’Iran, l’Arabia Saudita, la Somalia e gli Stati Uniti.
Meno paesi, ma più condanne
I dati sono raccolti nel rapporto di Amnesty International sullo stato della pena di morte nel mondo. Nel rapporto si evidenzia come il numero dei paesi che hanno effettuato esecuzioni sia diminuito, a fronte di un maggior numero di esecuzioni effettuate.
“I paesi che eseguono condanne a morte sono sempre più isolati. La nostra campagna contro questa abominevole punizione funziona, e continueremo finché non avremo messo fine alla pena di morte”, ha detto la segretaria generale di Amnesty International, Agnès Callamard, attivista, diplomatica francese, che la BBC ha definito “una dei più determinati ed efficaci difensori dei diritti umani nel mondo”. Nei pochi paesi che continuano ad usare la pena di morte, sedici in tutto, le esecuzioni però proseguono e hanno aumentato il ritmo. In Iran, le autorità hanno intensificato il ricorso alla pena di morte: nel 2023 sono state uccise almeno 853 persone. Una su cinque apparteneva alla minoranza etnica dei beluci. Ventiquattro erano donne, e cinque delle persone giustiziate erano minorenni al momento del crimine. Il film iraniano premiato a Cannes con un Premio speciale, “Il seme del fico sacro” di Mohammad Rasoulof – regista condannato ad otto anni, alla fustigazione e al sequestro dei beni in Iran – evoca proprio la paranoia giustizialista del regime della Repubblica islamica, attraverso la figura di un giudice istruttore preda di un tormento della coscienza: deve condannare a morte una persona la cui colpevolezza non è affatto sicura. Ma il procuratore vuole così, e il suo predecessore è stato rimosso, perché non ha eseguito l’ordine. A poco a poco, il giudice accetta lo stato delle cose e firma esecuzioni, anche di ragazzi di vent’anni.
Negli Stati Uniti 24 esecuzioni
Anche negli Stati Uniti – l’unico paese occidentale, industrializzato, democratico, cristiano della lista – le esecuzioni sono aumentate. Ventiquattro lo scorso anno, contro le 18 del 2022. In Idaho e Tennessee sono state presentate proposte di legge per utilizzare il plotone di esecuzione come strumento per eseguire la condanna a morte. La segretaria di Amnesty Callamard ha invitato il presidente Usa Joe Biden a smettere di ritardare la promessa di abolire la pena di morte. “Alcuni Stati degli Usa hanno dimostrato un impegno agghiacciante nei confronti della pena di morte. Anche le esecuzioni con il nuovo e crudele metodo dell’asfissia con azoto sono entrate in uso: l’Alabama ha vergognosamente usato questo metodo non testato per uccidere Kenneth Smith quest’anno, solo 14 mesi dopo averlo sottoposto a un tentativo di esecuzione mal riuscito”.
Il sommerso
Ma i numeri forniti da Amnesty sono soltanto una porzione della cifra reale. A causa del segreto di Stato, non sappiamo quante persone siano state giustiziate in Cina. Si ritiene siano migliaia. Stesso discorso per Corea del Nord e Vietnam. Amnesty fa sapere che i pochi rapporti ufficiali arrivati da questi paesi dimostrano che la pena di morte viene usata come strumento governativo per mantenere il controllo sui propri cittadini. In Cina, i media di Stato ricordano che il traffico di droga e la corruzione possono essere puniti con la morte; la Corea del Nord ha pubblicato una legge che prevede la pena di morte per chi non utilizzi la lingua coreana. In Myanmar, l’ex Birmania, si eseguono condanne a morte in tribunali controllati da militari. In alcuni paesi, tuttavia, si è registrato un arresto delle esecuzioni. Non ne sono state registrate in Bielorussia, Giappone, Myanmar e Sud Sudan, paesi che invece ne avevano effettuate nel 2022. Ci sono proposte per abolire la pena di morte in Kenya, Liberia e Zimbabwe.