Presidi, troppo pochi uomini e il concorso è con le quote blu

È donna, in media, il 70% dei dirigenti scolastici italiani. Per questo, per riequilibrare il divario di genere, nel nuovo bando è inserita un'importante novità, che sta facendo discutere

di MARIANNA GRAZI
19 ottobre 2023
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Signorina Trinciabue batte Silente. Almeno in Italia. Ma per i colleghi del preside di Hogwarts non è detta l'ultima parola. "Quote blu? Bene. Buona notizia. Come all'epoca accogliemmo le quote rosa ora accogliamo quelle blu: è positivo". Non ha dubbi, Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi, commentando ai microfoni dell'Adnkronos l'introduzione, nel bando del prossimo concorso per dirigenti scolastici, di una importante quanto già discussa novità. Un concorso di cui non si conosce ancora la data, ma che già si prospetta incandescente.

La novità nel bando di concorso per presidi

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Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi

"Considerate le percentuali di rappresentatività di genere in ciascuna regione, viene garantito l’equilibrio di genere applicando nelle regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto, in cui il differenziale tra i generi è superiore al 30 per cento, il titolo di preferenza in favore del genere maschile in quanto meno rappresentato". Questo quanto prevede l'articolo 10 del nuovo bando per i futuri dirigenti scolastici italiani nelle 15 regioni chiamate in causa, dove appunto gli uomini preside sono in netta minoranza. Un divario di genere... al contrario stavolta. Che quindi, come si fa quando accade alle donne, che si vedono svantaggiate o penalizzate nella stragrande maggioranza dei casi, va sanato. Insomma a parità di punteggio i candidati maschi verrebbero collocati in graduatoria prima delle colleghe, proprio per provare a riequilibrare questa preponderanza femminile. A conti fatti, insomma, non ci dovrebbero essere grossi sconvolgimenti nelle procedure né cambiamenti radicali nei numeri, anche perché a prevalere sarebbe comunque il merito e solo con punteggio uguale, in quelle regioni, dovrebbe essere applicata la "quota blu", principio di cui comunque d’ora in poi si dovrà tenere conto. "Quando c'è stata un'elevata preponderanza di uomini si sono introdotte le quote rosa, quindi adesso mi sembra corretto, a parti invertite, che si applichino dei correttivi di questo tipo. Mi sembra un'equità di comportamento - conclude il presidente Giannelli - si fa oggi quello che si è fatto ieri a parti invertite".

Il ministero dell'Istruzione: "Forviante parlare di quote blu"

sbagliato e fuorviante dire che il ministero ha introdotto le 'quote blu' perché non è stata prevista nel bando alcuna riserva a favore dei candidati di genere maschile, ma solo una preferenza che non sovverte l'ordine di graduatoria dei vincitori del concorso", precisa comunque il ministero dell'Istruzione a proposito del prossimo concorso per i dirigenti scolastici. "Nel settore della dirigenza scolastica il titolo di preferenza, a parità di titoli e merito, potrà operare in sede di scorrimento della graduatoria a favore del candidato di genere maschile", spiegano dal Mim.
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A parità di punteggio, in 15 regioni, saranno posti prima in graduatoria gli uomini rispetto alle donne

La novità non piace invece alla Uil scuola, che in una nota fa sapere: "Si tratta ancora di una bozza e non di un decreto ufficiale, ma rivendicheremo nei prossimi incontri una revisione". Secondo il sindacato "Un miope copia incolla mette in relazione due disposizioni normative diverse. La prima che disciplina la rappresentatività di genere (DPR n.82 del 16 giugno), la seconda che regolamenta il prossimo concorso per dirigenti scolastici". "Il risultato di questa sovrapposizione tutta burocratica ci fa fare un passo indietro che sembra appartenere a un'era ormai superata". Una previsione "che niente ha a che fare con l'equilibrio di genere, che introduce meccanismi di falsa uguaglianza, che non tiene in nessun conto dell'esperienza, della capacità e delle attitudini. Pensare di creare una perequazione al contrario, indicando il genere maschile come da preferire, introduce nella scuola una diversificazione di genere della quale non si sente assolutamente il bisogno. A prescindere dalla parità di genere la professionalità del personale della scuola non si può misurare in base al sesso. Si tratta ancora di una bozza e non di un decreto ufficiale, ma rivendicheremo nei prossimi incontri una revisione".

La parità di genere nella Pubblica amministrazione

Cristina Costarelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi (Anp) del Lazio e dirigente del liceo "Newton" di Roma, dice che "il discorso rientra nella parità di genere, concetto che è entrato nella Pubblica Amministrazione. Quindi il tema è ormai acquisito e condivisibile: come si parla di quote rosa, si parla anche di quote blu", commenta all'agenzia di stampa Dire. È quanto stabilisce il decreto che introduce le quote di genere anche nella Pa. "Non è detto che ci sarà la necessità di arrivare a questo, è possibile che si arrivi ad un equilibrio tramite i punteggi - aggiunge Costarelli - ma non vedo altre possibilità per attuare una quota di genere". Per la preside il punto è che la scuola "viene scelta più dalle donne che dagli uomini, quindi la domanda da farsi è perché. Forse per una questione culturale. Ma la percezione è che per le generazioni future ci sia un aumento di interesse da parte dei ragazzi. Questo ci lascia ben sperare nel futuro per avere una docenza mista. Non perché sia meglio uomo o donna ma per avere un equilibrio. Quindi - conclude Cristina Costarelli - se un domani avremo nella scuola più uomini, avremo un riequilibrio naturale".
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Oltre l'80% dei docenti in Italia sono donne, il 90% nella scuola elementare: perché questa grande differenza?

Più donne nella scuola: perché?

In effetti, tradizione vuole che le donne siano sempre state 'abbinate' al mondo della scuola: maestre, insegnanti, in generale educatrici, portate "per indole" (così si dice) a questo ruolo che le lega, ancora e ancora, ai bambini e ragazzi. Basta fare mente locale al nostro più o meno recente passato personale: quante professoresse avete incontrato nel corso della vostra carriera scolastica? E quanti professori? Se la memoria dovesse ingannarvi ci pensano i dati ufficiali a chiarire come stanno le cose: le donne sono oltre l’80% del corpo docente, oltre il 90% alle elementari. E tra i dirigenti (rara se non unica volta che prevalgono in ruoli apicali, di responsabilità), rappresentano il 70% del totale. In Toscana la percentuale è al 67,85% per le donne contro il 32,15% degli uomini. L'ago della bilancia, competenze e meriti a parte, pende chiaramente dal lato femminile, influenzato fortemente dalla cultura patriarcale che, fino a poche decine di anni fa ma spesso ancora oggi, relegava oltre metà della popolazione a determinati settori e lavori, di cura, di accudimento, legati anche all'ambito familiare e materno o comunque domestico. Ecco dunque: maestra o infermiera può andare bene, quando non si accontenta di stare a casa a fare figli e occuparsi della casa, ma assolutamente no alla donna ingegnera, chirurgo o imprenditrice. Le cose sono cambiate, per fortuna, ma di passi avanti ce ne sono molti altri da fare. Anche utilizzare le "quote", ormai è appurato, non è corretto, quando queste servono a forzare l'introduzione di persone di un determinato genere senza considerare altri fattori quali le competenze, la professionalità, le conoscenze e anche la passione per quel determinato ruolo. Ma se la forbice del gender gap va chiusa, in un senso o nell'altro, che siano rosa o blu, purché servano.