Re Carlo III, incoronazione tra passato coloniale e arresti degli antimonarchici

Le bandiere dei Paesi del Commonwealth non bastano: i nativi chiedono le scuse ufficiali, il Sudafrica rivuole il diamante reale. E tanti attivisti fermati da Scotland Yardh

di BARBARA BERTI
6 maggio 2023

La cerimonia di incoronazione (Instagram)

L’incoronazione di re Carlo tra il passato coloniale e gli arresti degli antimonarchici. Oggi 6 maggio gli occhi di una vasta parte del Regno Unito, e di un’ampissima platea di ammiratori e curiosi in giro per il mondo, sono puntati sull’abbazia di Westminster, a Londra. Qui si svolge la cerimonia ufficiale per l’incoronazione di re Carlo III, successore della regina Elisabetta II. Cerimonia con cui Camilla diventa ufficialmente “Sua Maestà la Regina”.
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I sovrani in carrozza sfilano da Buckingham Palace all’ingresso dell’abbazia di Westminster (Ansa)

Oggi, quindi, nasce una nuova era. Come sottolinea il primo ministro britannico Rishi Sunak, in un tweet. “E’ un momento di grande orgoglio nazionale” e una “forte dimostrazione del carattere moderno della nostra nazione” si legge nel post. “Nessun altro Paese - continua Sunak - ha potuto sfoggiare un allestimento così impressionante. Ma non è solo uno spettacolo. È un'espressione fiera delle nostre storia, cultura e tradizioni” oltre che “un rituale amato attraverso cui nasce una nuova era. Dio salvi il Re (God Save the King)”. La nuova era, però, deve fare i conti con il passato coloniale e con gli antimonarchici.

Il peso del passato coloniale

L’abbazia di Westminster è addobbata con le bandiere dei Paesi del Commonwealth, l’associazione intergovernativa composta perlopiù da ex colonie e territori dell'impero britannico. Gli Stati membri sono a oggi 56. Quindici di questi riconoscono ancora formalmente il re britannico come proprio capo di Stato. E' il caso della Giamaica, rappresentata anche dalla sua bandiera e che è però uno dei Paesi dove sono state avviate iniziative per la trasformazione in repubblica e dunque la rottura del legame con la corona britannica. Bandiere anche lungo il percorso che ha portato, in carrozza, i sovrani da Buckingham Palace all’ingresso dell’abbazia. Sventolano i vessilli britannici dell'Union Jack, intervallati qua e là dalle bandiere degli altri Paesi del Commonwealth. Ma le bandiere non bastano per cancellare il passato coloniale. E il sovrano 74enne e la 75enne Camilla lo sanno bene.
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La carrozza con la coppia reale verso Westminster (Instagram)

Davanti a un sovrano non privo di sensibilità moderne su temi quali l’ambiente o la sostenibilità, e tuttavia meno tutelato da quella sorta di limitazione del diritto di lesa maestà conquistata da sua madre in lunghi anni di regno e impeccabile dedizione al ruolo istituzionale, non si fermano le recriminazioni storiche contro lo schiavismo coloniale del passato. Dai Caraibi al Canada, in questi giorni, le rimostrante hanno ripreso quota fra i Paesi dell'ex impero rimasti legati alla corona dentro il Commonwealth.

I nativi chiedono le scuse ufficiali

Una richiesta di scuse da parte del nuovo re per crimini di “genocidio”, “colonizzazione” e “resa in schiavitù” di popoli e comunità native commessi dalla monarchia britannica è stata pubblicata da 12 associazioni e gruppi di rappresentanza di ex colonie britanniche dall'America all'Oceania.
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12 associazioni e gruppi di rappresentanza di ex colonie britanniche dall'America all'Oceania chiedono le scuse ufficiali (Ansa)

Il documento è stato diffuso alla vigilia dell'incoronazione del sovrano a Londra. Nella lettera i firmatari fanno riferimento ad abusi e violenze subite nel corso dei secoli in Australia, Nuova Zelanda, Antigua e Barbuda, Bahamas, Belize, Canada, Grenada, Giamaica, Papua Nuova Guinea, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia e Saint Vincent e Grenadine. Secondo Rawiri Waititi, capo del partito neozelandese Te Pati Maori sentito dall'emittente Al Jazeera, “i popoli indigeni del mondo stanno parlando affinché la corona si assuma piena responsabilità per le conseguenze, i danni e le ferite che ha inflitto”

Il Sudafrica rivuole il diamante reale

“Quel diamante deve tornare in Sudafrica. E' il simbolo del nostro orgoglio, della nostra storia e della nostra cultura”. L’appello dell’avvocato e attivista Mothusi Kamanga è rivolto direttamente alla famiglia reale britannica, alla vigilia dell’incoronazione. Kamanga, che vive e lavora a Johannesburg, si batte per il ritorno in patria il Cullinan I, noto anche come Grande stella d'Africa, il più grande diamante grezzo conosciuto, del valore di 530 carati e 400milioni di dollari. L’Impero britannico se ne impadronì nel 1905 - quando era potenza coloniale in Sudafrica - per inserirlo nello scettro regale. Il Cullinan I era stato tagliato da una pietra ancora più grande, il Cullinan, di 3.100 carati, da cui fu ottenuto anche il Cullinan II, che venne invece inserito tra le gemme della corona. L’attivista ha lanciato una petizione online che ha raccolto in poche ore migliaia di firme. Alla stampa ha dichiarato: “Penso che i sudafricani stiano iniziando a rendersi conto che decolonizzare non significa solo lasciare che le persone abbiano certe libertà, ma anche riprendersi ciò che ci è stato sottratto”.

Un momento del passaggio della carrozza reale (Ansa)

Gli antimonarchici arrestati

Sei attivisti contro la monarchia, fra cui il loro leader Graham Smith, sono stati arrestati dalla polizia prima dell’incoronazione del nuovo sovrano. Fanno parte del movimento “Not my King” che sostiene l’abolizione della monarchia. Il movimento ha protestato su Twitter contro questi arresti. Il gruppo stava scaricando dei cartelli da un furgone a Trafalgar Square. Matt Turnbull, uno degli arrestati, ha dichiarato che le cinghie che tengono i cartelli sono state “erroneamente interpretate” come qualcosa che potrebbe essere usato per bloccare l'arredo urbano. La nuova legislazione approvata questa settimana ha reso illegale bloccare cose come l'arredo urbano.
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La Ong “Human Rights Watch” condanna gli arresti dei manifestanti antimonarchici

L’intervento di Scotland Yardh ha suscitato parecchia indignazione da parte dell’Ong “Human Rights Watch” che condanna gli arresti dei manifestanti antimonarchici. L’episodio viene definito “incredibilmente allarmante”. “Le segnalazioni di persone arrestate per aver protestato pacificamente contro l'incoronazione sono incredibilmente inquietanti. Questo è qualcosa che ti aspetteresti di vedere a Mosca, non a Londra” sono le parole della rappresentante della Ong nel Regno Unito, Yasmine Ahmed, in una dichiarazione inviata ad Afp. Ma le proteste sono continuate anche durante la cerimonia di incoronazione. Il gruppo ambientalista “Just Stop Oil” ha affermato che 19 dei suoi attivisti sono finiti in manette lungo il percorso della processione reale. La polizia aveva avvertito sul fatto che avrebbe avuto una “bassa” tolleranza per i tentativi di interrompere l'incoronazione di Carlo III.