Il riscatto di Totò Schillaci: dal profondo Sud al grande calcio

Nato e cresciuto a Palermo, nella povertà, ha conosciuto la fame e l’ha portata con sé sul campo. Lì dove neppure con le maglie delle grandi squadre è riuscito a scrollarsi di dosso le sue origini meridionali, fino a che non è diventato il protagonista assoluto di quelle “notti magiche”

di RICCARDO JANNELLO -
18 settembre 2024
ITALIA - ARGENTINA 03.07.1990 Campionato mondiale di calcio, Coppa del Mondo FIFA ITALIA '90

ITALIA - ARGENTINA 03.07.1990, NELLA FOTO ESULTANZA DOPO IL GOL DI SALVATORE TOTO' SCHILLACI ©ARCHIVIO / AGENZIA ALDO LIVERANI SAS

C’è un filmato che più di tutti fa venire i brividi agli appassionati di calcio e della sociologia e letteratura ad esso abbinate: è quello girato al 30’ del secondo tempo di Italia-Austria, mondiali del ‘90 giocati a casa nostra: sulla destra Gianluca Vialli scarta un paio di avversari e mette in mezzo un cross teso e potente sul quale Totò Schillaci prende il tempo a due marcantoni asburgici e la mette dentro di testa, lui alto 1 metro e 73 centimetri... E’ la vittoria per l’Italia e la nascita della leggenda di quello che era “il gran visir de tucc i terun” come lo definiva il concittadino Aldo Baglio in “Tre uomini e una gamba”.

Gianluca Vialli è morto per un tumore al pancreas il 5 gennaio 2023, Salvatore “Totò” Schillaci se n’è andato oggi, 18 settembre, per un tumore al colon. Due destini infernali per due volti così popolari che rimarranno nei cuori di tutti all’infinito.

Addio a Schillaci, quei lampi nelle Notti magiche
Allenamenti della Nazionale di calcio italiana. Nella foto Salvatore Schillaci (S), Gianluca Vialli (C) e Luca Cordero di Montezemolo (D). Roma, 5 luglio 1990 ARCHIVIO ANSA R 23242

Le origini siciliane

La storia di Schillaci è una favola, il riscatto dei diseredati grazie alla capacità di prendere a calci un pallone. Che sia giusto o non è poca cosa, l’importante è che la gente si affidi a un sogno e che lo veda realizzato in una persona. Pelè aveva cominciato a tirare calci a un pallone di stoffa scalzo e in un sabbioso campetto di Bauru, Totò lo ha fatto nel quartiere di San Giovanni Apostolo, Palermo, dove era nato il 1° dicembre 1964 (è morto prima di compiere i 60 anni, proprio come Gianluca), con due fratelli – che hanno tentato la carriera calcistica senza fortuna – e una sorella, in una famiglia povera e ai margini della società lì dove si vive in bilico fra la vita onesta e la criminalità organizzata, con un cugino – anch’egli aspirante calciatore - che oggi vive da clochard.

“La mia vita – raccontava Schillaci in un’intervista – è stata difficile; sono nato di sette mesi, i nonni mi scaldavano con bottiglie d’acqua. Eravamo poveri, per mantenermi ho fatto il panettiere, il gommista, l’ambulante; ho consegnato vino, ho venduta frutta. Il calcio è stata la mia camera d’aria, giocavo per ore con il super Tele, il pallone leggero: nemmeno Pelè ci faceva tre palleggi col super Tele”.

Ma quella vita, quella prima del calcio, e quelle origini, Schillaci non se l’è mai scrollate di dosso neppure quando la passione di bambino è diventata una carriera luminosa. 

“Il pallone in testa”

La bravura lo mette in evidenza, prima il Messina poi la Juventus che gli permette di diventare il protagonista assoluto delle “Notti magiche”. Purtroppo l’Italia non vince il Mondiale e Totò deve accontentarsi, dopo avere vinto il titolo di capocannoniere e la “Scarpa d’oro” per la caterva di gol con la Juventus, del secondo posto nel Pallone d’oro, andato al campione tedesco Lothar Matthaeus: “Se l’Italia avesse trionfato – ha ricordato di recente - lo avrei vinto io. Ma purtroppo non stavo bene alla fine della partita di semifinale con l’Argentina e non potetti tirare il calcio di rigore. Ripensandoci lo avrei dovuto fare anche con una gamba sola”.

PARTITA AMICHEVOLE JUVENTUS 1990
PARTITA AMICHEVOLE JUVENTUS 1990 nella foto SALVATORE TOTO' SCHILLACI ©ARCHIVIO / AGENZIA ALDO LIVERANI SAS

Come tutte le leggende, alla gloria segue sempre il tramonto, un viale che viene percorso un po’ da tutte le celebrità. Eppure Totò fa in tempo a diventare l’eroe dei due mondi, perché in Giappone gioca tre stagioni da protagonista e i tifosi del Jubilo Iwata lo eleggono loro idolo. Torna in Italia e le fa di tutte: istruttore di calcio, concorrente di reality, candidato per Forza Italia, attore di serie tv. Fino alla malattia che non gli ha dato scampo.

Chissà che hanno pensato Bennato e Nannini alla notizia della sua morte: in fondo di quelle “Notti magiche” era lui il protagonista assoluto: sorpresa (doveva essere la riserva di Andrea Carnevale) e assieme speranza per tutta la gente del Meridione e non solo.

Il Sud del calcio

Il Sud che ha fornito al calcio italiano personaggi stupendi, come i campioni del mondo Franco Causio e Claudio Gentile (salentino il primo, nato a Tripoli da genitori siciliani il secondo), i plurititolati Antonello Cuccureddu e Pietro Paolo Virdis, sardi, l’altro leccese Sergio Brio, lo stakanovista Beppe Furino, palermitano; qualcosa vorrà dire considerando che Gigi Riva, Rombo di Tuono, ha scelto la Sardegna per stare in pace con se stesso e con il calcio.

Un simbolo di questa emigrazione forzata per il successo è un altro siciliano, lui di Catania e anch’egli scomparso troppo presto, vale a dire Pietruzzo Anastasi (1948-2020). Alessandro Baricco lo descrisse così: “Pietro Anastasi finì per essere il simbolo vivente di un’intera classe sociale: quella di chi lasciava a malincuore il Meridione per andare a guadagnarsi da vivere nelle fabbriche del Nord”. La chiamavano “La Nazionale del Meridione” quella che si era insediata nella Torino della Fiat. Unì l’Italia, vero, ma soprattutto fece sognare.

Totò Schillaci era il loro epigono e fa solo tristezza che diverse tifoserie, vedendo in lui il rapinatore del gol, lo offendessero con slogan nei quali veniva identificato come il mariuolo che rubava qualsiasi cosa solo perché veniva da una Palermo povera e troppe volte indicata solo come capitale del male. Schillaci, al contrario, era un buono. Anche troppo.