Suicidio assistito, associazione Coscioni: "Sostegno vitale in senso restrittivo è discriminatorio"

La Consulta è chiamata a dare un nuovo parere di costituzionalità sull'art.580 del codice penale. L'eccezione è stata sollevata dal gip di Firenze sul caso del 44enne Massimiliano

di REDAZIONE -
22 gennaio 2024
image_8

image_8

"Siamo fiduciosi nel lavoro dei giudici della Consulta. Il trattamento di sostegno vitale, se interpretato in senso restrittivo, è un requisito discriminatorio in quanto non incide sulla capacità di prendere decisioni, sulla irreversibilità della malattia, sulle sofferenze intollerabili". Filomena Gallo, segretaria dell'associazione Coscioni, difensore e coordinatrice del collegio legale di Marco Cappato, Felicetta Maltese, Chiara Lalli, è sicura delle sue parole. Le afferma con forza, commentando la nuova eccezione di legittimità costituzionale per il suicidio assistito sollevata dal Gip di Firenze Agnese De Girolamo sul caso di Massimiliano, il 44enne di San Vincenzo (Livorno) morto l'8 dicembre 2022 fa in una clinica vicino a Zurigo. Stando all'articolo 580 del codice penale, infatti, è richiesta che la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata anche alla condizione dell'essere "tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale". Una condizione che potrebbe essere in contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32, 117 della Costituzione. Per questo toccherà nuovamente ai giudici della Corte Costituzionale decidere in materia, dopo averlo fatto in occasione della sentenza sul caso Cappato-dj Fabo.

La morte di Massimiliano

sostegno-vitale-consulta-gallo

Massimiliano nell'ultimo video. Il 44enne è morto tramite suicidio assistito in una clinica a Zurigo

Massimiliano, che in un video messaggio diffuso 3 giorni prima dall'associazione aveva spiegato di soffrire da 6 anni "di una sclerosi multipla che mi ha già paralizzato", precisava che la scelta della Svizzera era dovuta al fatto che nonostante volesse "essere aiutato a morire senza soffrire in Italia" questo suo desiderio non sarebbe potuto avverarsi "perché non dipendo da trattamenti vitali", una delle quattro condizioni fissate dalla sentenza 242/2019. La giornalista Lalli e l'attivista di Eutanasia Legale Maltese, che avevano accompagnato il toscano nel suo ultimo viaggio, insieme a Marco Cappato, tesoriere della Coscioni e legale rappresentante dell'Associazione Soccorso civile (che lo aveva organizzato e finanziato), si erano autodenunciati ai carabinieri di Firenze "per aver aiutato a ottenere la morte volontaria una persona priva del requisito inteso in senso restrittivo del trattamento di sostegno vitale". La stessa procura fiorentina aveva chiesto l'archiviazione dell'accusa, considerando l'aiuto fornito non "penalmente rilevante". Nell'udienza del 17 gennaio, la gip ha emesso l'ordinanza con cui ha respinto la richiesta di archiviazione perché "sussistono tutti gli elementi costitutivi del titolo di reato". Ma ha anche "dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale" auspicata dai procuratori, rimettendola alla Consulta.

La nuova richiesta alla Consulta sul sostegno vitale

"Dopo il caso Dj Fabo, concluso con la storica sentenza della Consulta 242 del 2019 che attualmente norma il tema - spiega Gallo -, la Corte costituzionale è chiamata a esprimersi nuovamente sulla costituzionalità dell'articolo 580 del codice penale nella versione vigente a seguito della decisione del 2019, assunta sulla base delle specifiche condizioni di salute di Fabiano Antoniani, che era effettivamente dipendente dalla respirazione artificiale e dall'assistenza continuativa. Il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale non è previsto in nessuna norma straniera sul fine vita". La Consulta è chiamata "a decidere dinanzi alla realtà" di persone che hanno "una condizione diversa da quella" di Antoniani, pur avendo "malattie irreversibili che producono sofferenze intollerabili e che nella completa capacità di autodeterminarsi scelgono" di morire.
"Nell'inerzia del Parlamento" spiegano dall'associazione, i giudici dovranno intervenire "per la terza volta" sul suicidio assistito, rilevando che per il requisito del sostegno vitale "tanti italiani come Massimiliano (Toscana), Elena (Veneto), Romano e Margherita Botto (Lombardia), Paola (Emilia Romagna), Sibilla Barbieri (Lazio) sono stati costretti ad andare in Svizzera". L'associazione ricorda poi che i quattro requisiti fissati nella sentenza 242/2019, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal Ssn che però "non garantisce tempi certi" per farlo. Per questo ha promosso una raccolta di firme per le proposte di legge regionali 'Liberi subito'. Quindi, ricorda la Coscioni, il primo ad affrontare la questione è stato il Consiglio regionale veneto, "rinviandola però in commissione per non aver ottenuto la maggioranza dei voti favorevoli. Anche gli uffici tecnici di Regione Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli e Lombardia hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali". Infine pure "in Sardegna, Basilicata e Lazio la proposta di legge è stata depositata" e "proposte analoghe sono state depositate in Puglia, Marche e Calabria".