Violenza, disagio, paura, preoccupazione. Un rettilineo davanti agli occhi senza vie di uscita. La presenza dell'
avatar di un uomo si fa incombente. Tanto quanto i suoi fischi e le sue
avances. "Ciao bella, dove stai andando? Perché non mi rispondi? Non fare la scontrosa". La visuale inizia a farsi ristretta, il joystick stretto in pugno. Si procede. Un altro incontro. Un docente con uno studente parlano del prossimo convegno universitario.
Violenza di genere, realtà virtuale
"Marta ha organizzato il convegno è la più preparata, potrebbe presentarlo lei", propone lo studente. Il docente mette in dubbio che Marta possa essere la persona più appropriata. Poi ribatte: "È una bella presenza". Chissà se Marta sarà scelta. Tolto il visore è tutto finito, si esce dall'esperienza virtuale della
realtà aumentata che fa vivere anche agli
uomini forme diverse, indirette e dirette, di
violenza di genere sulla propria pelle. Le sensazioni si attaccano addosso. Questa esperienza rientra nel progetto pilota della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
“Engine” (Engaging Men and Boys against Gender-based Violence and Discrimination through Technology-based Trainings), finanziato dall’Unione Europea, che coinvolge gruppi di ricerca degli Istituti Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo), di Intelligenza Meccanica e di Management e realizzato in partnership con Artes 4.0 (Centro di competenza) e con Cam Firenze (Centro di ascolto uomini maltrattanti). Un’iniziativa che ha l’obiettivo di
combattere la violenza di genere grazie alla creazione di consapevolezza, affrontandone gli
aspetti fisici, emozionali e sociali. L'esperienza prevede formazioni per diversi target: allievi e allieve, docenti e personale tecnico-amministrativo della Scuola Superiore Sant’Anna, ma anche studenti delle scuole superiori pisane e ragazzi e ragazze appartenenti alle squadre giovanili del Pisa Sporting Club e gli allenatori.
"Provare sulla mia pelle mi ha reso più consapevole"
L'esperienza virtuale del progetto pilota "Engine" lanciato dalla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa crea consapevolezza sul fenomeno e lo combatte da dentro
Tolto il visore è tutto finito per
Niccolò Ferretti, 21 anni, è di nuovo nell’aula 6 della
Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa insieme ai suoi colleghi. Ma le sensazioni della simulazione di una forma di violenza di genere, in questo caso il cosiddetto
catcalling, attraverso la realtà aumentata, restano ben attaccate addosso. “Mi sono sentito a disagio, molto impaurito e in apprensione per quello che
può succedere quotidianamente alle donne per strada o nei luoghi pubblici. Ora comprendo le mie amiche che chiedono di essere riaccompagnate a casa la sera perché preferiscono evitare di fare la strada da sole”, racconta Ferretti. "Personalmente sono stato
vittima di discriminazioni legate al mio orientamento sessuale, episodi in cui sono stato insultato per strada. Il catcalling è l'altra faccia della medaglia: complimenti e avances indesiderate che sono esse stesse violenza".
"La violenza è strutturale e va combattuta anche con l'educazione"
“Il progetto sposa una formazione di tipo teorico-politico, sociologico e giuridico a un’esperienza virtuale immersiva”, spiega
Anna Loretoni, Principal Investigator del progetto e professoressa ordinaria di Filosofia Politica (Istituto Dirpolis). La violenza di genere ha una dimensione strutturale, non è solo un dato quantitativo, ma significa che le donne solo per il fatto di esserlo sono oggetto di una
potenziale violenza e aggressione" evidenzia. "Siamo convinti che oltre alle pene che possono avere un effetto dissuasivo sia importante
mettere in campo misure di educazione”, sottolinea. L’esperienza è stata importante anche per le allieve della Scuola: “È stato interessante sapere cosa ne pensano i ragazzi rispetto a quello che vivono le donne nella loro vita quotidiana – dice l’allieva
Valeria Barbante, 19 anni –. Mi ha colto di sorpresa la riflessione sulla
diversa fisicità, perché l’avatar femminile era più basso rispetto a quello maschile, e sulla sensazione di disagio che hanno provato nella simulazione virtuale i miei colleghi e che tra le donne purtroppo è ancora oggi una realtà estremamente diffusa".