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Violenze e gravi irregolarità al Cpr di Milano, Naga: “Chiudetelo una volta per tutte”

L’associazione di attivisti ha depositato un esposto in procura affinché vengano svolte adeguate indagini – oltre a un sequestro preventivo – su alcuni gravi episodi avvenuti all’interno, testimoniati da chi è trattenuto e da chi ha visitato la struttura

di CLAUDIA CANGEMI -
17 aprile 2024
Il Cpr di via Corelli a Milano

Il Cpr di via Corelli a Milano

A quattro mesi dal commissariamento e dal sequestro avvenuto il 21 dicembre scorso, il Centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli a Milano torna nel mirino del Naga e degli attivisti per i diritti umani, in relazione ad alcuni presunti atti di violenza, soprusi e omissioni di soccorso.

L’esposto del Naga 

Martedì, infatti, “l’avvocato Eugenio Losco del Foro di Milano ha depositato per conto del Naga formale esposto alla Procura della Repubblica di Milano perché vengano effettuate le opportune indagini per accertare le responsabilità sia in relazione agli episodi relativi alla violenza esercitata all’interno del Cpr da parte di alcuni appartenenti alle forze di pubblica sicurezza, sia in relazione al malfunzionamento del Cpr sotto l’aspetto amministrativo ed igienico sanitario”.

I fatti si riferiscono alla settimana dal 10 al 17 febbraio, “in un periodo – fanno notare gli attivisti del Naga – in cui il ramo d’azienda di Martinina srl che gestiva il centro era già stato sequestrato su richiesta della Procura della Repubblica di Milano, quindi sottoposto tramite il commissario al controllo della magistratura, potere di garanzia per eccellenza”. Purtroppo, non diversamente da quanto è sempre successo in tutti i centri di detenzione amministrativa, “il Cpr di via Corelli continua a rivelarsi un luogo dove, come scrive il dottor Cocco nella sua relazione su quanto riscontrato in quei giorni, si evidenzia ‘ancora una volta come continue pratiche di deumanizzazione messe in atto nel contesto del Cpr portino alla legittimazione della violenza, che si sta pericolosamente confermando come la realtà principale in tale luogo”. Inoltre “anche dal punto di vista medico e di sanità pubblica, nonostante il recente commissariamento, il Cpr continua a presentare gravissimi elementi di criticità”.

Ma veniamo ai fatti denunciati, venuti a conoscenza del Naga attraverso messaggi audio e video e foto provenienti da persone trattenute nel centro, e grazie a tre successivi accessi alla struttura: Nicola Cocco, medico infettivologo della rete “Mai più lager” e alcuni volontari hanno accompagnato i consiglieri regionali Luca Paladini (l’11 febbraio) e Paolo Romano (il 16 e il 17 febbraio). Nella prima occasione, secondo l’esposto, “alla delegazione veniva vietato l’accesso ai moduli abitativi, in contrasto con quanto previsto della legge sull’ordinamento penitenziario cui fa riferimento il regolamento Cie che vige per i Cpr nel caso di ingresso, tra gli altri, di consiglieri regionali”.

“Nonostante questa limitazione – prosegue il Naga – la delegazione è riuscita a rilevare, attraverso i colloqui con il personale dell’ente gestore presente quel giorno, anche alcune irregolarità amministrative che sono diventate anch’esse oggetto dell’esposto: mancanza dell’obbligatorio registro degli eventi critici, mancato soccorso tempestivo delle due vittime portate in pronto soccorso solo la mattina successiva, mancato soccorso di una persona che la sera del 10 febbraio aveva ingerito un flacone di shampoo, l’ammissione che le autoambulanze vengono chiamate solo nel caso di eventi classificati con ‘codice giallo’, l’assenza, nella cartella e nel diario clinici delle vittime, di qualsiasi riferimento a quanto accaduto la notte precedente, alcune carenze nella dotazione del presidio medico, assenza dell’affissione della carta dei diritti nella sala dei colloqui e, infine, rifiuto della consegna delle cartelle cliniche di tre trattenuti che avevano firmato apposita autorizzazione”.

Il tunisino “picchiato”

Le prime notizie di violenze subite arrivano al centralino Sos Cpr intorno alle 22.41 del 10 febbraio. “Un ragazzo tunisino lamentava di essere stato picchiato da agenti di polizia. Dalle 2.10 in poi, sono arrivati alcuni video che mostravano 20 agenti della guardia di finanza, entrati nel modulo, mentre prendevano a manganellate lo stesso ragazzo e un altro uomo che aveva tentato di difenderlo. Un ultimo video sull’episodio mostra il primo a terra dolorante e circondato dai compagni che chiedono aiuto. Infine, alle 9.25 del mattino successivo è arrivato un audio che riferiva del ragazzo rientrato da poco dall’infermeria e sdraiato sul letto che non riusciva a muoversi, senza che fosse stato portato in ospedale”. In occasione della visita nella struttura avvenuta il 16 febbraio, “a seguito dei colloqui con alcuni trattenuti, sono emersi ulteriori dettagli su quanto accaduto tra il 10 e l’11. Il giovane tunisino, secondo i racconti da lui confermati quando è stato raggiunto telefonicamente, mentre era ammanettato sarebbe stato vittima di ulteriori pestaggi, da parte di agenti di polizia, avvenuti sia nello stanzino adiacente il presidio medico, sia nel presidio stesso, dove sarebbe stata presente anche l’infermiera di turno”.

Il tentativo di rimpatrio

Un altro grave episodio oggetto dell’esposto del Naga sarebbe stato un tentativo di rimpatrio dalle modalità estremamente violente. “Alle 21.09 del 16 febbraio – riferiscono ancora gli attivisti del Naga – il centralino ha ricevuto un messaggio di una persona che diceva di voler denunciare che un suo amico ‘questa mattina è stato trasferito su un volo per il suo Paese di origine ed è stato brutalmente picchiato dalla polizia’. Sono seguite fotografie dalle quali erano visibili vaste escoriazioni sul dorso, sul collo, sui polsi e sui fianchi di una persona.

Quest’uomo, il mattino successivo, ha raccontato al centralino di essere stato portato all'aeroporto nella mattinata del giorno precedente e di essere stato caricato sull'aereo, legato a mani, piedi e torace. Il pilota si era però rifiutato di decollare con lui a bordo, visto il suo forte stato di agitazione. Al che gli agenti di scorta lo avevano fatto scendere, sempre legato, e lo avevano trascinato per i piedi per alcuni metri sul cemento della pista dell'aeroporto fino alla macchina, prima di entrare nella quale, e anche dopo, egli veniva percosso con colpi alla testa e sul corpo sia con pugni che con calci e inoltre gli agenti lo colpivano anche ai genitali.

Riferiva anche di essere stato ascoltato solo pochi minuti dal medico presente senza essere visitato e senza che gli venisse chiesto di mostrare le ferite. È poi stato fatto rientrare in cella e gli è stata data una dose di sedativi senza essere portato al pronto soccorso”.

“Il consigliere Paolo Romano – prosegue la denuncia – è rientrato nel centro anche il 17 febbraio, questa volta accompagnato da un’altra volontaria dello sportello legale del Naga e da una medica volontaria dell’associazione che ha potuto vedere la persona che aveva subito il tentativo di rimpatrio senza poter effettuare una visita medica completa, ma redigendo comunque una relazione clinica basata su quanto ha potuto vedere e su quanto le ha riferito il paziente. Nonostante una telefonata del consigliere al viceprefetto di Milano, l’uomo è stato inviato al pronto soccorso solo nella notte tra il 17 e il 18 febbraio. Nel verbale di pronto soccorso, veniva annotato ‘Riferisce forte agitazione al momento del rimpatrio in aeroporto con momenti di aggressività. Riferisce di esser stato aggredito da polizia. Riporta abrasioni in tutto il corpo e lamenta dolore ai testicoli’”.

Le mancate cure

“Il 17 febbraio alle 15.22 il centralino ha ricevuto la testimonianza di una persona, entrata nel centro il 5 gennaio sana, a suo dire”. L’uomo ha affermato di “soffrire da tre settimane di dolori e che, dopo un invio in ospedale, gli era stata diagnosticata una colica renale. In seguito aveva anche cominciato a sputare sangue. Si lamentava di non ricevere cure adeguate ricevendo farmaci sempre diversi e non quello che gli era stato prescritto dal medico interno. Lo stesso 17 febbraio questa persona ha avuto un colloquio con il consigliere Romano, entrato nel modulo. Il 23 febbraio è stata rilasciata”.

I tentativi di suicidio

La rete Mai più lager riferisce inoltre in un post su Facebook di due tentati suicidi avvenuti nel giro di mezz’ora il 13 febbraio. “Il primo tentativo di suicidio è stato messo in atto da un ragazzo che dicono essere arrivato ieri sera al Cpr di Milano: ha utilizzato quelle lenzuola di carta oggetto di uno dei tanti appalti che non funzionano come lenzuola ma per arricchire i fornitori sì, e anche per cercare di impiccarsi. L'ha appesa a un cancello del cortile, proprio come Ousmane Sylla qualche giorno fa a Roma. È stato soccorso solo dopo molti minuti dai suoi compagni, come vedete nella foto, che non si erano accorti di lui”.

“La seconda ‘corda’ pare sia stata fatta da un ragazzo che proprio lo scorso fine settimana è diventato papà di una bambina che ancora non ha potuto vedere (il cui riconoscimento - se potesse uscire e farlo - potrebbe dargli un permesso di soggiorno). Ha tentato di uccidersi proprio con una corda, che vedete nella foto, e che è incredibile possa essere disponibile in un luogo di oppressione privo di un presidio medico degno di tal nome, in cui vengono ampiamente somministrati farmaci il cui abuso e mix tra l'altro inducono istinti suicidiari”. Secondo il Naga, “Solo una di queste veniva portata in ospedale da dove viene fatta rientrare nel Cpr in serata”.

Le conclusioni e le richieste

Siamo molto preoccupati: nonostante il provvedimento di commissariamento fosse motivato dalla necessità di interrompere la situazione di illegalità vigente nel centro – afferma Riccardo Tromba, presidente del Naga – nella vita quotidiana delle persone rinchiuse nel Cpr non sembra esserci stato alcun cambiamento tangibile; anche nel periodo successivo ai tre accessi di febbraio il nostro centralino Sos Cpr ha continuato infatti a ricevere segnalazioni di gravi irregolarità che mettono a rischio la salute dei trattenuti e la tutela giuridica dei loro diritti”.

Vengono citati “due casi esemplari risalenti alle ultime settimane: alcuni video pervenuti mostravano una persona abbandonata a sé stessa vagare nei locali e nel cortile, totalmente incapace di gestirsi ed evidentemente imbottita di sedativi; un ragazzo molto giovane ha denunciato di essere stato rimpatriato senza che la sua domanda di protezione internazionale potesse essere valutata, sia pur con i limiti molto restrittivi imposti dalle attuali normative, perché un’operatrice del centro gli avrebbe impedito di manifestare la volontà di presentarla”.

“Nemmeno la gestione commissariale sembra essere stata in grado di garantire i diritti minimi e inalienabili e il rispetto della dignità delle persone – prosegue Tromba –: a maggior ragione, non è sicuramente verosimile che il ventilato ampliamento e affidamento a nuovo gestore privato possa migliorare la situazione”.

“Al fine di evitare il ripetersi dei trattamenti disumani e degradanti che vengono segnalati fin dalla sua riapertura come centro di detenzione amministrativa nel settembre del 2020”, l’esposto presentato dal Naga si conclude perciò con la richiesta di sottoporre a sequestro preventivo l’intera struttura, il che porterebbe alla sua chiusura definitiva. Non è sufficiente infatti la ‘serrata’ temporanea per ristrutturazione annunciata in questi giorni “anche se si tratta di un primo passo nella giusta direzione”.

“La nostra attività di osservazione del Cpr di Milano non finisce certamente con questo esposto; al contrario, specialmente ora, a fronte della necessità di svolgere lavori di ristrutturazione del centro e di avviare la procedura per affidarne la gestione a un nuovo ente, vogliamo ribadire con forza il nostro appello a tutte le organizzazioni della società civile a vigilare su quanto accadrà, a tutela non solo dei diritti delle persone straniere ma di quelli dell’intera cittadinanza”, conclude Tromba. “Continueremo dunque a mobilitarci per impedire la paventata riapertura del Cpr di via Corelli, e perché si arrivi alla chiusura definitiva di tutte le strutture dedicate alla detenzione amministrativa e alla cancellazione di questo vergognoso istituto dal nostro ordinamento e da quello dell’Unione Europea” .