C'è un passaggio eloquente, nel film - successo - di
Paola Cortellesi "C'è ancora domani", in cui la protagonista Delia, in uno dei suoi tanti lavoretti quotidiani per racimolare soldi per la sua famiglia (da consegnare interamente al marito-capo famiglia Ivano), si trova a confrontarsi con il padrone di un negozio in cui si vendono e riparano ombrelli. Qui lei, dipendente ormai da tempo, "rodata" ed esperta, si trova a far da insegnante al nuovo apprendista, un giovane ragazzo mandato a 'imparare il mestiere' dalla famiglia che, guarda caso però, guadagna già il doppio di lei. alla sua richiesta di chiarimenti al titolare, la risposta è quntomai significativa: "
Ma quello è omo!".
Paola Cortellesi in una scena del film "C'è ancora domani"
Se nel Dopoguerra questa disparità di genere era non solo evidente quanto accettata e perpetrata dall'intera società, oggi, invece il disequilibrio di retribuzione è qualcosa a cui si cerca di porre rimedio. O meglio, ancora, dopo quasi 80 anni. Il 15 novembre 2023 è l'
Equal Pay Day dell'Unione europea, la data che simboleggia quanti giorni in più le
donne devono lavorare fino alla fine dell'anno per guadagnare quello che gli uomini hanno intascato nella stessa annata. E oggi è proprio quel giorno: da oggi infatti le
donne lavoreranno "gratis". E non è un caso se il
divario di retribuzione tra uomini e donne rappresenta una delle sfide più significative nell'Unione Europea.
In media le donne guadagnano il 12,7% in meno rispetto agli uomini (Instagram)
La situazione in Italia e in Europa
Ma veniamo ai dati. In media le donne guadagnano il
12,7% in meno rispetto agli uomini. Questa disparità si traduce in una differenza salariale che equivale a circa un mese e mezzo di lavoro gratuito ogni anno per le donne. Guardando il quadro più da vicino potrebbe sembrare che la
situazione italiana sia migliore rispetto al resto d'Europa, dal momento che il
gender pay gap è solo del 5%, molto al di sotto della media UE, ma questo non vuol dire che la situazione sia realmente migliore. Secondo gli ultimi dati Eurostat, infatti, in Italia il numero di
donne occupate è il più basso tra tutti i Paesi dell'UE: è circa il 52%, quasi 13 punti sotto la media europea e lontano dal 76% della Germania e dal 70% della Francia. Anche
in Europa la situazione non è delle migliori. La presenza femminile nel mercato del lavoro è notevolmente inferiore rispetto a quella degli uomini, con solo il 67,7% delle donne europee occupate, contro il 78,5% degli uomini. Questa discrepanza non riflette solo un divario retributivo, ma anche molteplici altre
forme di discriminazione nelle opportunità lavorative, nella progressione di carriera e nelle ricompense.
Uno dei principali fattori che incidono sul gender pay gap consiste nel fatto che le donne spesso lavorano in settori poco remunerativi come assistenza, sanità e istruzione (Instagram)
Il lavoro in settori poco remunerativi
A incidere notevolmente sul gender pay gap è il fatto che le donne spesso lavorano in settori poco remunerativi come
assistenza, sanità e istruzione. Inoltre, dedicano significativamente più tempo al lavoro di cura non retribuito: si tratta di circa 5,5 ore ogni giorno per cura della casa, dei figli e della famiglia. L'ultimo dato allarmante è quello che riguarda la percentuale di amministratrici delegate nelle più importanti aziende europee, che è pari all'8% del totale, con un divario retributivo del 23% rispetto ai colleghi uomini.
L'Equal Pay Day come principio fondante dell'Ue
Un vero peccato perché l'Equal Pay Day serve a ricordare che
la parità di retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore
è uno dei principi fondanti dell'Ue, stabilito nel Trattato di Roma del 1957. Principio scarsamente rispettato, a vedere quanti stereotipi di genere continuano a colpire le donne in tutti gli ambiti della vita, compreso quello lavorativo. Non stupisce infatti, sempre per quanto riguarda l'Italia, il
Global Gender Gap Index. Secondo l'indice mondiale delle disparità di genere, la nostra Nazione
è tornata indietro di 16 posizioni rispetto al resto del mondo dal 2022, nonostante il Paese abbia per la prima volta nella storia una premier e una segretaria di partito donna. Poco conta perché la disparità nel mondo del lavoro resiste.
La vicepresidente della Commissione europea per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová (Instagram)
"Questa giornata vuole colmare il divario retributivo di genere"
Sull'importanza di questa giornata sono intervenute anche
Věra Jourová, vicepresidente della Commissione europea per i Valori e la trasparenza, e
Helena Dalli, commissaria per l'Uguaglianza, che in coro hanno dichiarato: "L'Equal Pay Day serve a ricordarci di continuare i nostri sforzi per colmare il divario retributivo di genere. La parità di retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore è uno dei principi fondanti dell'UE. Tuttavia, quest'anno
i progressi verso l'eliminazione del divario retributivo di genere sono stagnanti e sono stati lenti nel corso degli anni. Ciò ci ricorda che gli stereotipi di genere continuano a colpire le donne e gli uomini in tutti gli ambiti della vita, compreso quello lavorativo, e che è necessaria un'azione specifica per attuare il principio della parità retributiva". "La Commissione lavora costantemente per
promuovere la parità tra donne e uomini nell'UE. Lo scorso giugno è entrata in vigore la direttiva sulla trasparenza salariale. Secondo questa nuova legge, i dipendenti potranno far valere il loro diritto alla parità di retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso il diritto alle informazioni sulla retribuzione", hanno aggiunto. E concludono: "Coloro che risultano aver subito
discriminazioni salariali basate sul sesso devono ottenere un risarcimento per il lavoro non retribuito e ricevere una retribuzione equa. La trasparenza è fondamentale per apportare un cambiamento reale e questa nuova legislazione rappresenta un passo importante in quella giusta direzione. L'attuazione della direttiva da parte degli Stati membri sarà ora fondamentale per far rispettare il principio della parità di retribuzione per tutti i cittadini dell'UE".