Allattare e studiare due diritti fondamentali da garantire. Ma è sempre possibile? No, ascoltando il racconto di Eleonora Cereda, 29 anni e un figlio di 3 mesi, iscritta al terzo anno di Scienze della formazione primaria all’Università di Urbino dopo 2 lauree e un master.
Lei è di Cesenatico e fa la pendolare per conciliare lo studio – in particolare per frequentare dei laboratori essenziali per l’entrata nel mondo del lavoro –, e le esigenze di mamma. Il che si traduca in 90 minuti di macchina all’andata e altrettanti al ritorno, a volte portando il figlio con sè. Ma non basta. Un percorso accademico liscio durante la gravidanza e il Covid, fondamentali le lezioni online.
L’appello della studentessa mamma
Ma ora proprio dall’online l’ostacolo di non poter frequentare i laboratori “propedeutici a ottenere crediti spendibili per l’iscrizione alle liste delle supplenze per l’insegnamento. Questi vanno svolti in presenza fisica, a Urbino. Una situazione che crea disparità e svantaggio che potranno riflettersi nel percorso lavorativo. Una situazione nel quale un uomo non si troverebbe. La criticità sta in una norma del 2010, la 249, che dice che seminari e laboratori vanno svolti in frequenza e andrebbe aggiornata”.
Un caso non isolato e che di riflesso può portare ad una doppia penalizzazione, date le circostanze, a chi si trova oggi a vivere una situazione analoga, sia nello studio che nel lavoro poi. “Nel mondo del lavoro ci sono norme che regolano gravidanza o allattamento a rischio, all’Università no – spiega Eleonora –. Giustamente ci sono leggi per ogni specificità, anche per una momentanea disabilità. Dovrei avere qualcuno che tiene il bambino a Urbino mentre sono a lezione perché non è possibile portarlo in aula e uscire quando deve mangiare. L’ho fatto ma ho perso 40 minuti di laboratorio.
Oppure il bambino sta a casa con una baby sitter e sono costretta a usare il tiralatte frequentemente con il rischio di mastiti – continua –. Non tutti possono permetterselo, né la prima né la seconda soluzione. Sono fortunata perché ho una macchina, una mamma e un compagno che mi aiutano ma il mio non è un caso isolato, conosco altre ragazze. Ecco perché l’online sarebbe la soluzione e spero che da UniUrb possa cambiare la situazione a livello nazionale. Inoltre non ci sono più barriere fisiche che c’erano 14 anni fa”.
La risposta delle istituzioni
Dal ministero dell'Università e la ricerca, da noi contattato, fanno sapere che la ministra Anna Maria Bernini ha seguito la vicenda sul quale c'è stato un confronto tra gli uffici dell'Ateneo e del dicastero. Con una nota la direttrice di dipartimento, la professoressa Berta Martini, spiega che “l’Ateneo è attento alle istanze dei propri studenti, in particolare laddove ci siano esigenze particolari. Se l’esigenza è quella di allattare a lezione non ci sono prescrizioni che lo impediscono. Se invece è quella di poter seguire online i laboratori bisogna tenere conto della necessità di garantire un alto livello di qualità della didattica e della formazione”.
“Il corso di cui stiamo parlando è un corso di laurea abilitante e prevede, tra le altre cose, attività pratiche laboratoriali che richiedono la presenza. Modificarne la modalità di erogazione significherebbe comprometterne l’efficacia. D’altronde – rimarca Martini – stiamo portando avanti una sperimentazione, possibile soltanto per alcuni laboratori e non potrà mai riguardare, per ovvie ragioni, un laboratorio di musica, di disegno o di educazione motoria. Ne andrebbe della credibilità di ciò che insegniamo. Per venire incontro a situazioni simili abbiamo sempre adottato criteri di facilitazione dei recuperi delle ore di laboratorio perse”.
La conciliazione tra genitorialità e studio è spesso ribadita da UniUrb che, ad esempio, ha istituito “l’esonero dal pagamento delle tasse universitarie previsto per coloro che diventano genitori durante l’anno accademico”. Azioni importanti che però, in questo caso, come racconta la protagonista, non garantiscono l’autonomia per completare il percorso. Anche la Regione Marche ha contattato Cereda dicendole di essere confrontata con l’Università di Urbino, mentre l’assessora alle pari opportunità Chiara Biondi si è resa disponibile per qualunque necessità.