In un mondo che sembra non voler staccare mai, il tema della disconnessione dal lavoro è più che mai attuale. Il problema è evidente: siamo costantemente sommersi da notifiche, e-mail, messaggi che ci rincorrono anche al di fuori degli orari lavorativi, invadendo momenti che dovrebbero essere dedicati al riposo o alla vita personale. In questo contesto tanto preoccupante quando fuori controllo, l'associazione L'asSociata ha avanzato una proposta di legge per garantire il diritto alla disconnessione, una battaglia che pone al centro il benessere psico-fisico delle persone, senza per questo compromettere la produttività.
La proposta di legge punta a stabilire confini chiari per garantire a lavoratrici e lavoratori il diritto a disconnettersi davvero: niente email, messaggi su WhatsApp o altre piattaforme di lavoro dopo le 9 di sera o durante il fine settimana, a meno che non si tratti di situazioni eccezionali. In tali casi, il datore di lavoro deve esplicitamente indicare la natura straordinaria della richiesta, che dovrà essere compensata come tale. Inoltre, al termine del proprio turno, ogni dipendente ha diritto ad almeno dodici ore consecutive di completa disconnessione. In caso di violazione di queste regole, sono previste sanzioni amministrative che vanno da 500 a 3.000 euro per ogni lavoratore coinvolto.
Oltre a questo, la proposta prevede che tutte le aziende con più di quindici dipendenti siano obbligate a fornire, a proprie spese, gli strumenti digitali necessari per lavorare, come smartphone e tablet. Troppo spesso, infatti, i dispositivi personali finiscono per sovrapporsi a quelli utilizzati per scopi professionali, favorendo una reperibilità continua che erode il tempo privato. Infine, la legge non si limita a regolamentare i rapporti tra superiori e subordinati: il diritto alla disconnessione deve essere rispettato anche tra colleghi, evitando che i messaggi di lavoro invadano ogni momento della giornata.
L’intervista
Per provare a fare luce sul tema e sulla proposta, abbiamo intervistato Luca Onori, presidente de L'asSociata.
Nell’opinione dell’associazione, esercitare il diritto alla disconnessione non deve essere considerata una crociata contro l'impegno lavorativo, ma, piuttosto, una battaglia finalizzata a tutelare il benessere psico-fisico di lavoratrici e lavoratori. L’obiettivo, pertanto, non è quello di abbassare la produttività, ma di migliorarla. Secondo L’asSociata, se il lavoro oltre l'orario è richiesto, deve essere riconosciuto e retribuito e non solo per buon senso, ma nel rispetto dei diritti di chi lavora. Consapevoli che l'iper-connessione possa facilitare molti aspetti della vita professionale, i proponenti sottolineano che si tratta di una deriva che rischia di trascinare tutte e tutti verso una forma di isolamento che potrebbe tradursi in stress e smarrimento. Una trappola che si chiude lentamente, facendo perdere di vista il confine tra ciò che è necessario e ciò che non lo è.
Il cuore del problema, nella loro opinione, non è la tecnologia in sé, ma il modo in cui viene utilizzata. “La tecnologia è sviluppo e progresso”, afferma Onori, “ma bisogna governarne la complessità, prevedendo i rischi di un uso distorto che rischia di rendere il lavoro onnipresente.” Una questione sociale che riguarda il modo in cui viviamo, lavoriamo e ci relazioniamo con gli altri, quindi, e non solo una faccenda da ridurre al cattivo utilizzo delle nuove tecnologie.
"L'asSociata" nasce da un gruppo di giovani lavoratori e studenti che hanno deciso di affrontare queste tematiche ed è determinata a farsi ascoltare dalle istituzioni, pronta a dare battaglia sul fronte del diritto al lavoro di qualità, convinta che il benessere dei lavoratori sia il pilastro su cui costruire una società più giusta. A quanto si apprende, il diritto alla disconnessione è solo uno dei primi passi in questa direzione. Ne vedremo delle belle (e interessanti).