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Home » Lifestyle » Lydia e Timothy, i gemelli da record concepiti 30 anni fa. Embrioni congelati nel 1992

Lydia e Timothy, i gemelli da record concepiti 30 anni fa. Embrioni congelati nel 1992

Oregon, i coniugi Ridgeway hanno già altri quattro figli ma gli ultimi arrivati "In un certo senso, sono i nostri figli più grandi"

Marianna Grazi
23 Novembre 2022
I gemelli Lydia e Timothy Ridgeway

I gemelli Lydia e Timothy Ridgeway

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Lydia e Timothy Ridgeway sono nati tre settimane fa, il 31 ottobre, ma tecnicamente sono i neonati più vecchi del mondo. Nell’aprile del 1992 il governatore dell’Arkansas Bill Clinton era in corsa per la Casa Bianca, “Who’s the Boss?” trasmetteva il suo ultimo episodio e “Save the Best for Last” di Vanessa Williams era in cima alla classifica Billboard 100. Nell’aprile dello stesso anno, in Oregon, i figli di Rachel e Philip Ridgeway erano soltanto embrioni congelati. Nati il 31 ottobre ma concepiti 30 anni fa: secondo il National Embryo Donation Center un record.

I figli più grandi anche se sono i più piccoli

I coniugi Rachel e Philip Ridgeway con i gemelli appena nati

Il precedente primato di parto vivo di embrioni congelati era quello di Molly Gibson, nata nel 2020 da un embrione congelato per quasi 27 anni, e prima di lei a detenerlo era sua sorella Emma, venuta al mondo 24 anni dopo il congelamento dell’embrione fecondato. “È qualcosa di sbalorditivo“, ha detto Philip Ridgeway mentre con la moglie cullava i neonati nella loro casa fuori Portland, in Oregon. “Avevo 5 anni quando Dio ha dato la vita a Lydia e Timothy, e da allora ha preservato quella vita”. “In un certo senso, sono i nostri figli più grandi, anche se sono i più piccoli“, scherza. I coniugi Ridgeway hanno altri quattro figli, di 8, 6, 3 e quasi 2 anni, nessuno concepito tramite fecondazione in vitro o donatori. Gli embrioni da cui sono nati Lydia e Timothy sono stati creati per una coppia anonima di coniugi: l’uomo aveva 50 anni e la donatrice di ovuli era di 34 anni.

La conservazione perché una coppia potesse creare la propria famiglia

Per quasi tre decenni gli embrioni che non erano stati utilizzati sono stati conservati dentro minuscole provette immerse nell’azoto liquido a quasi 200 gradi sotto zero, in un laboratorio di fertilità della costa occidentale, racconta il dottor John Gordon, medico dei Ridgeway. Nel 2007 la coppia che li aveva generati li ha donati al National Embryo Donation Center di Knoxville, nel Tennessee, nella speranza che un’altra coppia potesse utilizzarli. “Non abbiamo mai avuto in mente un numero fisso di figli che avremmo voluto avere”, ha detto Philip. “Abbiamo sempre pensato che ne avremo quanti Dio vorrà darcene e… quando abbiamo sentito parlare dell’adozione di embrioni, abbiamo pensato che era una cosa che ci sarebbe piaciuto fare”.

“Volevamo gli embrioni in attesa da più tempo”

Philip e Rachel Ridgeway con la foto degli embrioni congelati dal 1992

Quando le persone si sottopongono alla fecondazione in vitro, infatti, possono produrre più embrioni di quelli che usano, che verranno crioconservati per un uso futuro. Le donazioni possono essere sia a scopo scientifico, per la ricerca, sia a scopo solidale, per persone che desiderano avere figli. Secondo gli esperti, l’età dell’embrione non dovrebbe influire sulla salute del bambino, poiché ciò che conta di più è l’età della donna che ha donato l’ovulo. Per i Ridgeway, costruire la loro famiglia è sempre stato un obiettivo più grande. “Non volevamo ottenere gli embrioni congelati più vecchi al mondo”, ha detto Philip Ridgeway. “Volevamo solo quelli che erano in attesa da più tempo“. Quando hanno cercato dei donatori hanno chiesto specificamente al centro di donazione una categoria chiamata “considerazione speciale”, per la quale era stato difficile trovare dei riceventi.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Lydia e Timothy Ridgeway sono nati tre settimane fa, il 31 ottobre, ma tecnicamente sono i neonati più vecchi del mondo. Nell'aprile del 1992 il governatore dell'Arkansas Bill Clinton era in corsa per la Casa Bianca, "Who's the Boss?" trasmetteva il suo ultimo episodio e "Save the Best for Last" di Vanessa Williams era in cima alla classifica Billboard 100. Nell'aprile dello stesso anno, in Oregon, i figli di Rachel e Philip Ridgeway erano soltanto embrioni congelati. Nati il 31 ottobre ma concepiti 30 anni fa: secondo il National Embryo Donation Center un record.

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La conservazione perché una coppia potesse creare la propria famiglia

Per quasi tre decenni gli embrioni che non erano stati utilizzati sono stati conservati dentro minuscole provette immerse nell'azoto liquido a quasi 200 gradi sotto zero, in un laboratorio di fertilità della costa occidentale, racconta il dottor John Gordon, medico dei Ridgeway. Nel 2007 la coppia che li aveva generati li ha donati al National Embryo Donation Center di Knoxville, nel Tennessee, nella speranza che un'altra coppia potesse utilizzarli. "Non abbiamo mai avuto in mente un numero fisso di figli che avremmo voluto avere", ha detto Philip. "Abbiamo sempre pensato che ne avremo quanti Dio vorrà darcene e... quando abbiamo sentito parlare dell'adozione di embrioni, abbiamo pensato che era una cosa che ci sarebbe piaciuto fare".

"Volevamo gli embrioni in attesa da più tempo"

Philip e Rachel Ridgeway con la foto degli embrioni congelati dal 1992
Quando le persone si sottopongono alla fecondazione in vitro, infatti, possono produrre più embrioni di quelli che usano, che verranno crioconservati per un uso futuro. Le donazioni possono essere sia a scopo scientifico, per la ricerca, sia a scopo solidale, per persone che desiderano avere figli. Secondo gli esperti, l'età dell'embrione non dovrebbe influire sulla salute del bambino, poiché ciò che conta di più è l'età della donna che ha donato l'ovulo. Per i Ridgeway, costruire la loro famiglia è sempre stato un obiettivo più grande. "Non volevamo ottenere gli embrioni congelati più vecchi al mondo", ha detto Philip Ridgeway. "Volevamo solo quelli che erano in attesa da più tempo". Quando hanno cercato dei donatori hanno chiesto specificamente al centro di donazione una categoria chiamata "considerazione speciale", per la quale era stato difficile trovare dei riceventi.
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