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Una laurea in ingegneria in tasca e la vita spesa nel volontariato: "Il circolo la mia missione"

Constantina Cindea, 43 anni, è la prima presidente straniera di un circolo Mcl a Firenze. "Non tornerei mai indietro, ormai qui ho il mio cuore"

di CARLO CASINI -
8 novembre 2022
WEB Una laura in ingegneria in tasca, ma dedica la sua vita al volontariato

WEB Una laura in ingegneria in tasca, ma dedica la sua vita al volontariato

È la prima presidente di un circolo Mcl straniera di Firenze "e probabilmente di tutta Italia", sorride. Ma soprattutto, nonostante una laurea in Ingegneria idraulica e delle costruzioni, ha deciso di spendere la sua vita nell’associazionismo.

Circolo MCL di San Bartolo a Cintoia: la presidente Constantine Cindea (Giuseppe Cabras/New Press Photo)

Constantina Cindea, 43 anni, è nata in Romania da buona famiglia: padre alto ufficiale dell’esercito, madre ferrista caposala operatoria. Fin da bambina però viene educata al rispetto verso chi ha meno, ad aiutare i meno fortunati. "Mia mamma regalava un mio balocco o un mio pigiamino a qualche bambino più povero e io non volevo. Poi un giorno capii che quando si ha il necessario, il resto non serve: è più bello darlo che tenerselo". Ed è quell’insegnamento che le è rimasto dentro, tanto da farle usare ogni attimo di tempo libero nel circolo. Nonostante oggi lavori in un grande albergo del centro, anche quando rientra la sera tardi, non può non dedicarsi a quella che ormai è la sua seconda famiglia: "L'amore lo devi mettere in tutto quello che fai, anche se è un sacrificio. E le persone te lo renderanno". "Ho fatto uno stage nei cantieri delle dighe idroelettriche – racconta Constantina – mi occupavo del controllo dei livelli nelle gallerie e della sicurezza sismica". Poi, la decisione di perfezionare la conoscenza delle lingue straniere e l’approdo in Italia: "Nel 2005 sono venuta a studiare Lingue a Siena. Appena finito il corso di laurea ho ricevuto un’offerta di lavoro a Bolzano, come responsabile in una grossa ditta di pulizie: ho lavorato lì per tre mesi, e dopo sono tornata in Romania. Ma mi mancava la Toscana, così nel 2007 sono arrivata a Firenze, dove mi sono iscritta al corso per l’attestato Haccp alla Confartigianato". Ed è qui che Constantina fa l’incontro che cambierà la sua vita e la introdurrà in una realtà ancora a lei sconosciuta: Angelo, il gestore del circolo, stava frequentando lo stesso corso. "Aveva appena rilevato la gestione e gli serviva un aiuto – riprende la presidente –. Mi propose di venire a lavorare qui e accettai. Allora non sapevo nemmeno cosa fosse un circolo!".

Circolo MCL di San Bartolo a Cintoia: il gestore Angelo Vinciguerra (Giuseppe Cabras/New Press Photo)

E che circolo: siamo nel rione di San Bartolo a Cintoia, estrema periferia ovest di Firenze. Un piccolo e antichissimo borgo, addirittura romano, che è stato fagocitato dai palazzoni della sregolata espansione urbana. Così il paesino si è trovato circondato e oscurato da filari di casermoni popolari, che lo stringono tra via Canova da un lato e via Simone Martini dall’altro, e confina con il campo nomadi, ora sgomberato, del Poderaccio. I pochi abitanti di quella minuscola frazione agricola si sono diventati negli anni una sparuta minoranza, a fronte di masse di famiglie arrivate nelle case popolari, senza conoscersi, senza essere integrate, spesso con situazioni complesse. Il senso di comunità si stava disintegrando, con tutte le conseguenze sociologiche annesse. E il circolo è stato un presidio fondamentale per contrastare l’isolamento sociale, le devianze, in un quartiere che stava diventando sempre più difficile. "Era un mondo molto diverso da quello che conoscevo, ma un mondo vero, dove ti si presenta senza veli, spesso dura, la realtà della vita – spiega Constantina –. Sono rimasta folgorata dalla forza delle periferie, ho capito che sono la parte più autentica della città. Ci sono persone con un vissuto complicato, semplici, con poche risorse. Ma sono incredibilmente sinceri e uniti. Quando Angelo è stato male, operato in ospedale, i soci stavano sempre con me, facevano a gara a darmi una mano, a starmi vicino. Appena c’era qualcosa che non andava, arrivavano sempre".

La presidente Constantine Cindea (Giuseppe Cabras/New Press Photo)

Eppure tante di queste persone, inizialmente erano isolate, ai margini, spesso con storie problematiche alle spalle: "Io vengo da buona famiglia, ma non mi sento superiore – sottolinea Constantina –. Non mi permetterei mai di criticare o giudicare, anche se qualcuno è pregiudicato. Anzi: chi lo è, ha già pagato il proprio conto e ha per sempre una cicatrice. Se per questo vengono isolati, è peggio: non usciranno più dai loro problemi. Non è meglio parlare, con loro, considerarli, farli sentire parte attiva dell’associazione? Danno una mano e si sentono utili. Anche un tossico, non devi pensare che non è in grado di fare nulla, anzi: è proprio se non ha nulla da fare, che continua a essere tossico. Anche se hanno sbagliato o stanno continuando a sbagliare, il quartiere ci deve essere anche per loro, devi spingerli a collaborare: molti così hanno ritrovato la retta via. E quando c’è qualcuno degli irriducibili, che crede di venire a spadroneggiare… Sai che sono loro stessi che lo allontanano?". Così quello che prima era il suo luogo di lavoro, negli anni è diventato il luogo degli affetti e del volontariato. Se qualcuno poteva aver dubbio che una giovane donna straniera a presidente di un circolo potesse sollevare qualche malumore, Constantina rassicura: "Mi hanno accettata subito tutti, anche i presidenti degli altri circoli della provincia sono molto contenti di me. Certo, all’inizio ero impacciata in questo ruolo e ancora sono tante le cose che devo capire, soprattutto nella parte burocratica. Ma mi aiutano e sono sempre disponibili. Questa ormai è la mia nave e io voglio stare con il mio equipaggio. Il circolo è diventata la mia missione". Ma se le chiedi se ha qualche ripensamento ad aver lasciato una carriera appena avviata da ingegnere, non ha dubbi: "Se anche mi arrivasse una proposta da ingegnere, fosse anche a casa mia in Romania, non accetterei: ormai qui ho il mio cuore. Nella vita è più bello dare che avere. Abbiamo salvato tante persone dal carcere, dalla strada. Cosa poteva valere di più? Lo avrei potuto fare se avessi passato la mia vita a giro da un cantiere all’altro nel mondo? Una volta che hai una casina e da mangiare, cosa te ne fai dell’in più? Se anche avessi un miliardo di euro… cosa me ne farei, quale soddisfazione più grande potrei comprare? Anzi, ho messo tanti soldi dalle mie tasche per poter rendere più bello questo circolo: è un piccolo nido, accogliente, per tutto il rione. Se io sto bene, voglio ed è giusto che stiano bene anche gli altri".