L'ultimo rapporto Istat descrive una
situazione demografica allarmante. Nel corso del 2022, le morti (713mila) hanno superato le nascite (393mila), segnando un
saldo negativo di -320mila individui nella popolazione italiana. A poco valgono i processi migratori in entrata, capaci di raggiungere un saldo positivo di "sole" 229mila unità, i quali riescono a limitare solo parzialmente il trend negativo che prosegue ormai dal 2014. Come unica nota positiva, il calo percentuale della popolazione sembra aver premuto leggermente sul pedale del freno. Nel 2021 la diminuzione percentuale si è attestata al -3,5‰, mentre nel 2020, soprattutto a causa della pandemia, ha siglato un
record negativo del -6,7‰. Al primo gennaio, la popolazione italiana residente è di 58 milioni e 851mila, in calo di 179mila unità rispetto alla rilevazione precedente. Prosegue, dunque, su una strada in discesa ormai ben consolidata, anche se meno scoscesa di quella percorsa in precedenza.
Per la prima volta dall'Unità i nuovi nati sono meno di 400mila
Un tenero bacio di un bambino alla sua mamma
Dal
1861 a oggi non era mai successo, neppure in tempo di guerra. Il 2022 è stato il primo anno dall'unificazione della penisola nel quale i nuovi nati si sono attestati al di sotto delle
400mila unità, soglia finora mai violata. Nel corso dello scorso anno i nascituri sono stati 393mila, dando vita un dato che riflette l'emergenza che la popolazione italiana deve necessariamente affrontare con molta attenzione. La
mortalità si conferma elevata, con più di 12 morti e meno di 7 neonati ogni 1000 abitanti. Le speranze di ottenere un bilancio positivo nei prossimi anni, a meno di interventi strutturali da parte dello stato, sembrano essere riposti unicamente nel bilancio netto tra immigrazione in entrata ed immigrazione in uscita.
Le differenze tra regioni
Se il
Trentino-Alto Adige si attesta come la regione con la fecondità più alta d'Italia (1,51 figli per donna), il
rapporto Istat indica la Sardegna come regione con il tasso di fecondità più basso di tutta la penisola (0,95 figli per donna), per il terzo anno di fila sotto all'unità. Sicilia e Campania seguono il Trentino, con valori rispettivamente di 1,35 e 1,33. Molise e Basilicata, invece, si avvicinano alla Sardegna con valori di 1,09 figli per madre. ll valore medio nazionale risente molto delle regioni meno feconde, fermandosi a 1,24 nuovi nascituri. Nelle regioni con i valori più elevati, l'età alla quale viene messo alla luce un figlio è mediamente più bassa, con valori che oscillano tra il 31,4 della Sicilia ed il 32,1 del Trentino-Alto Adige. Anche la
popolazione straniera, che ha recentemente acquisito la cittadinanza ed è residente in Italia, è distribuita in modo disomogeneo. Quasi il 60% di loro, circa 2 milioni 989mila unità, risiede al Nord. Al Centro, invece, risiedono un milione 238mila individui (25% circa). Il Mezzogiorno è il territorio con la minore presenza straniera, 824mila unità (16% circa).
Il saldo positivo della migrazione
Un fattore particolarmente importante nel bilancio demografico di una nazione è composto dalle
migrazioni. Se gli spostamenti interni non inficiano il saldo complessivo, ma solo quelli regionali e locali, i trasferimenti da e per l'estero detengono un ruolo di rilievo e devono essere tenuti in considerazione. In Italia, al primo gennaio, il saldo della popolazione di cittadinanza straniera è di 5 milioni e 50mila unità, in aumento del 3,9‰ (+20mila individui) rispetto al 2021.
Bambini uniscono le loro mani formando il simbolo della pace
La popolazione italiana, al contrario, ha iniziato nel 2014 il suo percorso di decrescita complessiva, mentre il 2008 è stato l'ultimo anno nel quale le nascite hanno sostanzialmente equiparato le morti. Un contesto nel quale un eventuale saldo positivo della popolazione, dunque, proveniva unicamente dal saldo positivo dell'immigrazione. Dal 2014 in poi la forbice tra nascite e morti si è allargata a tal punto da non poter essere più compensata dai fenomeni migratori. Tra le cause di questo perpetuo calo spiccano non solo le
condizioni economiche e sociali delle famiglie, ma anche il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nell'età solitamente considerata riproduttiva (dai 15 ai 49 anni).
Una popolazione sempre più anziana
In Italia, una persona su quattro ha almeno 65 anni. Centro ed il Nord contribuiscono maggiormente a questo valore -rispettivamente 24,7% e 24,6%- se confrontati con la percentuale riscontrata nel Mezzogiorno (23%). Gli over 80 costituiscono l'8,2% della popolazione del Centro e del Nord, mentre al sud la popolazione si conferma più giovane, con una percentuale di ultraottantenni pari al 6,8%. Liguria, Friuli-Venezia Giulia e Umbria si confermano le regioni più anziane, mentre
Campania, Sicilia e Trentino-Alto Adige le più giovani, con quest'ultimo vero outsider della classifica. Il Trentino-Alto Adige, nonostante la sua collocazione geografica, si conferma ancora una volta delle regioni più
giovani e col tasso di fecondità più alto di tutta la penisola. Anche gli
ultracentenari riscrivono un altro record sfiorando la soglia delle 22mila unità, 2mila in più dell'anno precedente. Nel corso degli ultimi 20 anni, nonostante un temporaneo calo tra il 2015 ed il 2019, il loro numero è
triplicato, confermando l'Italia tra le nazioni più longeve al mondo.