James Baldwin, “l’intersezionale ante-litteram” secondo Saif ur Rehman Raja

Per il centenario dalla nascita e in occasione del Pride, Audible pubblica “Nel nome di James” in cui sei autori raccontano lo scrittore americano noto per le sue battaglie per i diritti civili. L’intervista all’italo-pakistano

di LORENZO OTTANELLI -
29 giugno 2024
Saif Ur Rehman Raja

Saif Ur Rehman Raja

Parlare di James Baldwin per il centenario dalla sua nascita, e farlo nel periodo dell’anno (quello del Pride) in cui le celebrazioni dell’orgoglio Lgbtq+ si fanno manifeste, si rivendicano. È questa la scelta di Audible, che ha chiamato sei scrittori a trattarne, sia dal punto di vista letterario che intersezionale. “Nel nome di James” si fa forte delle voci di autori del calibro di Paolo Giordano, Giulia Caminito, Nadeesha Uyangoda, Djarah Kan, Sabrina Efionayi, Ubah Cristina Ali Farah e Saif Ur Rehman Raja.

Baldwin, scrittore americano, ha saputo raccontare la lotta per i diritti civili come pochissimi altri intellettuali che godono già di pieno riconoscimento e cittadinanza in un pantheon ideale che riunisce Rosa Parks, Angela Davis, Martin Luther King e Malcom X.

"Nel nome di James" in esclusiva Audible
"Nel nome di James" in esclusiva Audible

Abbiamo avuto l’opportunità di parlare di questo importantissimo personaggio, della sua eredità e delle differenze tra ieri e oggi, proprio con Saif Ur Rehman Raja, scrittore e accademico italo-pakistano, autore di “Hijra” (Fandango), un romanzo autobiografico potente in cui Raja racconta la sua vita da bambino in Pakistan, il viaggio da solo verso l’Italia a 11 anni per ricongiungersi con la famiglia, la difficoltà di fare coming out e vivere la propria vita da uomo ‘in doppio bilico’ in Italia.

Anche perché allo stesso tempo, sperimenta la difficoltà di sentirsi del tutto italiano e sempre più anche l’impossibilità di un’identità pienamente pakistana. E poi il racconto di una periferia, quella di Belluno, molto più tradizionale rispetto a una Bologna che sperimenterà all’università, in cui troverà l’amore e l’accettazione. Una vita in cui è forte il dolore, ma anche la certezza di un’oppressione non solo come uomo gay, ma anche come uomo marrone e come musulmano. Per questo Saif dice di provare un’oppressione multiculturale, che deriva dallo sguardo dei bianchi sui neri, degli etero sui gay, degli occidentali sui migranti.

Perché Baldwin è una figura così importante?

“Baldwin è un autore del Novecento, uno scrittore importante, un intersezionale ante-litteram. Molte delle sue opere, infatti, venivano considerate oscene, pensiamo anche che alcuni suoi personaggi erano omosessuali. Era una figura scomoda perché, per le sue prese di posizione (siamo negli anni Quaranta-Cinquanta), fu allontanato dai movimenti nonostante lottasse per i diritti civili e sociali. La sua scrittura poi denuncia le pratiche quotidiane con cui costruiamo il diverso, sotto tanti profili, in particolare quello affettivo e etnico. Leggere Baldwin, quindi, aiuta a ragionare sulla complessità e sul tessuto sociale, che è diversificato e multiculturale, non solo in senso etnico ma anche generazionale, di genere e quant’altro”.

Da Baldwin a oggi sono cambiate le oppressioni sociali?

“Oggi sì, sono molto cambiate rispetto all’epoca di Baldwin. Innanzitutto, il razzismo che subisce l’autore deriva dalle sue radici storiche. Al tempo era ancora forte lo strascico dello schiavismo e del colonialismo, sia europeo che americano. L’identità bianca americana si basava sul diritto di proprietà sui neri. Le identità bianche europee si basavano su altri aspetti ed è per questo che siamo riusciti a condannare il razzismo. Nessuno oggi direbbe che la razza italiana è superiore. Però l’oppressione è presente nelle pratiche quotidiane, nelle rappresentazioni, nelle aspettative. L’Italia è pronta ad avere un Presidente del Consiglio di origine straniera? Dipende. Se marocchino, bengalese, pakistano o proviene dal Sud del mondo sicuramente no, ma se proviene da Germania, Canada o Francia? Questa è una domanda che ci aiuta a ragionare sulla complessità. La lettura di Baldwin aiuta a farsi le domande giuste in un mondo in cui tutti hanno risposte brevi. Oggi le oppressioni sono più mirate sulle soggettività: gli etero sulle persone omosessuali, gli uomini sulle donne, i bianchi su tutte le soggettività non bianche".

Saif ur Rehman Raja (Instagram)
Saif ur Rehman Raja (Instagram)

Anche la comunità nera ha osteggiato Baldwin, tanto che le Pantere Nere lo condannarono, non solo per l’omosessualità ma anche per il suo pacifismo. Lei nota una difficoltà simile nella comunità pakistana italiana?

“Da un certo punto di vista vivo la stessa situazione. Baldwin fu spesso allontanato da Martin Luther King perché in qualche modo sembrava sporcare l'immagine di una intera società che andava a chiedere dei diritti, quindi doveva essere perfetta e pulita. È un po' quello che succede anche con me e i pakistani. Oggi spesso mi dicono: ‘è bello quello che fai, ma non mostrare il tuo essere gay altrimenti non ti prendono sul serio, macchi la nostra immagine’.

Tra l’altro all’interno della comunità pakistana spesso non vengo considerato musulmano. Vengo additato di essere quello occidentalizzato, pagato per fare propaganda anti-islamica. Eppure quelli della Lega mi attaccano dicendo che sono parte di coloro che stanno facendo sostituzione etnica. Sul pacifismo, invece, non sono d’accordo su Baldwin: è necessaria la rabbia. Non l’aggressività, ma la rabbia sulle oppressioni continue. Se fossi una donna sarei ancora più arrabbiata. Io come persona gay devo pagare le stesse tasse e non ho gli stessi diritti. Spero ci sia molta più rabbia".

C’è, però, una tendenza a non esternare la rabbia, a non scendere in piazza, in Italia?

“Quello in generale sì. Spero che si sia più arrabbiati, così come lo siamo davanti a una partita di calcio o a una drag queen che legge un libro ai bambini, ma in senso contrario. Non c’è un grande movimento, non c’è una dimensione collettiva, anche se non ci sono in generale nella società italiana. Tutto si limita a un piano discorsivo, forse dovremmo tornare alla dimensione materiale".

Si è ispirato a Baldwin per “Hijra”?

“Baldwin è sicuramente una delle mie influenze, ma quando ho iniziato a scrivere non avevo un’idea di progettazione. Il mio è un racconto della mia esperienza, che avevo l’esigenza di tirare fuori”.

C’è una tendenza a scrivere racconti autobiografici, soprattutto per chi subisce oppressione. Secondo lei perché?

"Io non l’ho fatto per far parlare di me, ma per mostrare l’ipocrisia di chi si crede più puro. C’è un’esigenza di parlare della propria esperienza, perché non si trova una rappresentazione di ciò che vivo nella letteratura. Per questo è necessario che ci siano più punti di vista che denudano le oppressioni strutturali. Magari la letteratura diventasse intersezionale. Ma i bianchi non sanno farla, è facile dirsi intersezionali a parole”.

Per finire, oggi si parla tanto dei temi legati all’identità e all’intersezionalità, anche grazie alla cultura woke. Soprattutto negli Stati Uniti. Spesso, però, il wokismo è anche criticato perché sembra tendere a una lotta tra identità e alla cancel culture. La vede questa deriva?

"Assolutamente no. Chi è che sostiene che il wokismo stia esagerando? Solo le persone in posizione di potere: gli uomini, gli etero. Sono sempre le stesse critiche che fecero cent'anni fa alle donne che volevano votare. Quando tocchi il potere, è chiaro che trovi un muro, il potere dà migliori condizioni di vita.

Chi parla di cancel culture parla di censura, qui in Italia. Eppure, continua a parlare in ogni talk e piattaforma. Non è assolutamente vero che non si può più dire niente, anche i comici come Pio e Amedeo lo sostengono, eppure possono continuare a usare termini discriminatori. Woke vuol dire “svegliare”, su sensibilità verso le altre società, verso altre culture. E poi, si parla sempre di cancel culture nei confronti dei temi Lgbtq, ma mai sul Papa, sulla mafia, di satira sulla religione. Come sempre, è facile andare contro chi è già oppresso. L’unica differenza è che oggi le persone ti rispondono a tono e ti denunciano, mentre un tempo non avevi tutele”.