Nobel a Han Kang: scelta per i romanzi “fra traumi storici e fragilità umana”

Il successo nel 2016 con “La vegetariana”. Fra Seul e il mondo: legami sempre più stretti dopo il successo di musica, cinema e serie tv

di LORENZO GUADAGNUCCI -
11 ottobre 2024
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Han Kang, 54 anni, premiata ieri con il Nobel per la letteratura. Succede a Jon Fosse

Cognome e nome: Han Kang. Segni particolari: prima scrittrice coreana – prima asiatica – a vincere il Nobel per la letteratura. Un premio meritato, per un’autrice di pochi libri, in tutto otto romanzi, davvero capace, come recita la motivazione dell’Accademia svedese, “di mettere a confronto” con la sua “intensa prosa” “i traumi storici con la fragilità della vita umana”.

Nata poeta, Han Kang nei suoi romanzi non spreca le parole, anzi le misura una per una, mostrando un’attitudine principale, l’introspezione e lo scavo nella psicologia dei personaggi, che non sacrifica la dimensione collettiva, storica e perfino politica delle storie che racconta. I suoi romanzi, anche quelli più calati nella realtà e nella cronaca, come Atti umani, una serratissima indagine su una strage di manifestanti compiuta nel 1980 dal regime militare del momento, sono quanto di più letterario si possa pensare.

“La vegetariana” e la ribellione al patriarcato 

Considerata, a 54 anni, una “giovane” Nobel (ma Albert Camus, per citare il primo che viene alla memoria, ebbe il premio a 44 anni) Han Kang è tradotta, letta e ben conosciuta anche in occidente almeno dal 2016, quando ebbe il prestigioso Man Booker International Prize con La vegetariana, il suo romanzo più noto, uscito in patria nel 2007. Memorabile l’incipit: “Prima che mia moglie diventasse vegetariana, l’avevo sempre considerata del tutto insignificante”. Il rifiuto del mangiare carne, nel romanzo, è una silenziosa ribellione al patriarcato, all’oppressione familiare, alle costrizioni sociali, la metafora – ecco la congiunzione fra “fragilità umana” e “traumi storici” – di una sfida che parte dall’io ma coinvolge il noi. Han Kang riesce nei suoi sofferti romanzi a coniugare la concretezza “occidentale“ della storia con la sensibilità tutta “orientale“ per la dimensione onirica, quasi magica, come il desiderio della protagonista, in La vegetariana, di diventare a sua volta un vegetale.

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Han Kang vince il Nobel per la letteratura 2024

I corpi al centro dei libri 

Nei libri della neo premio Nobel contano molto i corpi. È da lì che si parte. È attorno ad essi che ruotano le storie. In L’ora di greco, uscito in Corea del Sud nel 2011, pubblicato in Italia da Adelphi (come gli altri libri) l’anno scorso, si confrontano una poeta che ha perso la parola e un professore che sta perdendo la vista, e il punto decisivo del romanzo, come ha spiegato l’autrice stessa in un’intervista, è il momento in cui i due corpi si toccano. “Riflettendo su come andare avanti in un mondo in cui bellezza e violenza coesistono in modo così feroce – ha detto Han Kang in un’intervista a Io Donna dell’anno scorso – ho pensato alla nostra innegabile fragilità. E ho visualizzato il momento in cui i due personaggi mostrano l’uno all’altro la rispettiva vulnerabilità. Di notte, al buio, nel silenzio, un dito indice scrive parole nel palmo della mano dell’altro: un tocco morbido, con l’unghia tagliata cortissima, incapace di ferire. Tutto il romanzo si muove verso questa scena sensoriale”.

La violenza di “Atti umani” 

La violenza, subita nel privato ma anche sulla scena pubblica, è la corrente sotterranea di tutta la narrativa della scrittrice, nata nel 1970 a Gwangju, la città che fu teatro dieci anni dopo, fra il 18 e il 27 maggio 1980, di un massacro compiuto dall’esercito durante manifestazioni di piazza contro il regime militare, fra un colpo di stato e l’altro. Il massacro fu occultato ed è rimasto a lungo un argomento tabù nella società sudcoreana: tuttora non si riesce a sapere quante persone siano state uccise, con stime che variano fra cento e duemila vittime. In Atti umani Han Kang racconta il massacro, ancora una volta, attraverso i corpi, anche con crudezza, e scegliendo la seconda persona per intessere un dialogo con le vittime. “La violenza – ha spiegato la scrittrice – è parte integrante del nostro mondo, quasi onnipresente”.

Ma non c’è rassegnazione nella sua narrativa. In Atti umani ci sono persone che sfidano i soldati e autogestiscono la città per alcuni giorni prima d’essere sopraffatte, e l’ostinazione è la cifra di tutti o quasi tutti i protagonisti dei suoi romanzi. La storia sudcoreana sarà al centro anche del prossimo romanzo in uscita in Italia (il 5 novembre), Non dico addio, una vicenda personale e familiare che ha sullo sfondo l’eccidio compiuto sull’isola di Jeju fra 1947 e 1948: trentamila civili eliminati perché considerati attivisti comunisti.

Il contributo della Corea del Sud alla cultura globale 

Insomma, con il Nobel a Han Kang prende forma un nuovo contributo della Corea del Sud alla cultura globale: non solo il successo del K-Pop nella musica, di vari registi nel cinema (Parasite Oscar nel 2020), delle serie tv (Squid Game e non solo), ma anche la grande letteratura che fa i conti con i guasti del mondo. Daria Deflorian, la regista che sta per portare a teatro La vegetariana (a Bologna, Arena del sole, dal 25 al 27 ottobre), ieri ha aggiunto alla lista la figura di Byung-Chul Han, filosofo tedesco nato a Seul, “che da anni ci aiuta a riflettere su come vanno le cose: il suo ultimo intervento, sulla speranza, ci è stato molto utile per allestire La vegetariana”.

In un mondo scivolato in un vortice incontrollabile di violenze, la cultura, all’incrocio fra oriente e occidente, il “posto“ che è anche di Han Kang, potrebbe rivelarsi un’insperata bussola globale.