Parità di genere, Paulon: “Serve maggior dialogo tra aziende e istituzioni. In Italia mancano i servizi per le donne"

Marcolin, azienda leader nel settore eyewear, ha da poco ottenuto il certificato per la parità di genere in azienda. Un percorso lungo che l'HR Director del gruppo ha definito come "non semplice, perché ci vuole tempo e risorse dedicate".

di EDOARDO MARTINI
15 giugno 2024
Sabrina Paulon

Sabrina Paulon

Parità di genere. Quante volte ne abbiamo sentitoparlare? Sicuramente tante. Dal mondo della politica a quello dello sport, da quello dell'economia a quello della salute senza tralasciare quello del lavoro. E tra promesse fatte e non mantenute, c'è chi sulla parità di genere ha puntato tanto. Stiamo parlando di Marcolin, azienda leader nel settore eyewear, che ha da poco ottenuto la certificazione. 

Smart working e flessibilità degli orari di lavoro, introduzione di una sessione dedicata alla leadership al femminile all'interno dell’Academy aziendale per formare i futuri manager, sostegno psicologico per tutti con particolare attenzione alle neomamme, convenzioni con gli asili nido. Sono solo alcune delle soluzioni concrete, proprio quelle di cui si ha bisogno, che quest'anno hanno fatto meritare all'azienda italiana questo importante attestato.

Un riconoscimento che arriva dopo un percorso avviato alcuni anni fa a favore di nuove politiche inclusive e di welfare aziendale. E che ha preso in esame le sei aree che contraddistinguono un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità: cultura e strategia, governance, processi Human Resources, opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

E di questo lungo percorso ce ne parla Sabrina Paulon, HR Director del gruppo, che al nostro canale, oltre a mettere in evidenza le tre parole chiave che contraddistinguono l'azienda, ha fornito anche una soluzione per colmare il divario di genere nelle posizioni di leadership in Italia. 

Parità di genere
Parità di genere

La parità di genere in azienda

Avete ottenuto da poco la certificazione per la parità di genere in azienda. Quanto è stato difficile il percorso? 

"Abbiamo cominciato circa 11 anni fa. La famiglia dell’epoca, perché l’azienda era padronale, aveva aperto una fondazione e quest’ultima andava ad integrare la parte diretta dei genitori agli asini nido e alle scuole materne del comune. Da lì siamo partiti con tutta una serie di partecipazione ai bandi che andavano nella conciliazione di vita familiare e di vita lavorativa. Successivamente abbiamo iniziato a inserire i permessi per i padri lavoratori, abbiamo fatto dei workshop dedicati alle mamme, ai genitori con i figli adolescenti, abbiamo inserito il maggiordomo aziendale in modo da poter lasciare alle famiglie più spazio da dedicare anche ai propri interessi personali e non necessariamente ai figli.

Cosa è stato di difficile? Sicuramente tutta la parte burocratica, organizzativa e cartacea. Noi non ci siamo preparati alla certificazione da un punto di vista di azioni perché eravamo già implementate, ma ci siamo preparate da un punto di vista cartaceo. Non è semplice. Ci vuole tempo e risorse dedicate. Ci hanno certificati su tutti i processi, su tutte le aree di valutazione. Parliamo di cultura e strategia, di governance, di processi di Human Resources, sull’opportunità di crescita delle donne in azienda, e di equità remunerativa. Si parla tanto di trasparenza nei pacchetti retributivi e questo sarà uno dei temi caldi nei prossimi anni".

Possiamo affermare che diversità, equità e inclusione sono le vostre tre parole chiavi all'interno dell'azienda?

"Sicuramente sì, anche se mi piace declinarne sotto un’altra forma. Una forma più calzante per quanto riguarda Marcolin. Mi piace chiamarle diversità, appartenenza e benessere. Perché? Perché sono la stessa declinazione, ma sono più mirate alle azioni che abbiamo fatto all’interno dell’azienda. Due anni fa abbiamo inserito una carta di Diversity & Inclusion all’interno del nostro integrativo aziendale. Lo abbiamo fatto perché sia un patrimonio dell’azienda e non sia legato a chi oggi la gestisce. Abbiamo poi implementato tutta una serie di azioni welfare, quindi ci piace chiamarlo benessere. Non diversità di genere ma benessere. Sia verso dipendenti uomini sia verso dipendenti donne.

Sul piano formativo abbiamo inserito un'Academy dedicata allo stile femminile, ma facendo partecipare anche i colleghi maschi in modo da imparare quelle che sono le diversità di genere e far sì che ci sia un interscambio fra i due generi per crescere entrambi. E abbiamo fatto sì che tutta una serie di professionalità e manager anche donne emergessero. Oggi abbiamo circa un 40% a livello di gruppo di manager e un 50% dei nostri dirigenti che sono donne. Teniamo in considerazione che 11 fa quando sono entrata io, ero l’unica donna seduta all’interno del leadership team".

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Come sconfiggere il divario di genere nelle posizioni di vertice

Dai dati del Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum (WEF), possiamo osservare che è cresciuto sia il numero di donne in posizioni di leadership sia il tasso di occupazione femminile, ma il divario con gli uomini in Italia resta comunque grande. Come invertire questa tendenza?

"Secondo me dobbiamo fare un lavoro in stretta connessione con quelle che sono le istituzioni perché comunque il divario in Italia è ancora tanto. Il motivo? Non ci sono servizi che aiutano le donne. Dobbiamo renderci conto che in un territorio come il nostro se non ci sono asili, se non ci sono Rsa, se non ci sono mezzi pubblici, se non ci sono orari confacenti a quello che è il lavoro per una donna, non ce la faremo mai. E’ un limite fisico. E' difficile cambiare da un giorno all’altro la cultura. Fino a una generazione fa io mi ricordo che non c’era un uomo che girava con il passeggino. I padri si vergognavano perché era un ruolo prettamente femminile. Per invertire questa tendenza dobbiamo quindi lavorare con le istituzioni per supportare comunque la donna, almeno nei primi tre anni di vita del bambino. Cosa facciamo invece? Hanno inserito una norma che prevede che se la donna si dimette entro il primo anno del bambino per due anni sta a casa e prende la NASpI. Questo non è incentivare". 

Cosa direbbe o consiglierebbe a una donna che abbandona il posto di lavoro a causa di scarse opportunità e tutele? 

"Di parlare. Noi abbiamo avuto dei casi in azienda. C’è stato il silenzio per tanto tempo. Sembra quasi che sia una nostra colpa o un nostro comportamento che fa scaturire quello dell’altra parte. Dobbiamo parlare e rompere il silenzio. Fidarci di chi è dall’altra parte. Se non ci fidiamo di un caporeparto, di un capoturno, di un nostro responsabile dobbiamo andare dall'HR. Addirittura, noi abbiamo inserito una piattaforma completamente anonima. Fare una segnalazione significa già dar voce a un disagio. E fare in modo che chi c'è dall'altra parte vada a imparare. Dobbiamo farlo senza vergogna". 

I prossimi obiettivi

Quali sono i suoi/vostri prossimi obiettivi?

"Abbiamo fatto tanto soprattutto sulla parte alta. Abbiamo un piano all’interno della certificazione di genere previsto fino al 2025 che prevede una formazione dedicata ovviamente alla parità di genere. Vogliamo puntare all'informazione e formazione sulla parte più larga, che è alla base delle aziende perché è da lì che bisogna partire. Chi oggi è dirigente o manager è già arrivato. Ha già le possibilità, anche economiche, per poter proseguire la sua carriera professionale. Oggi dobbiamo lavorare sotto. Dobbiamo fare in modo che le donne si sentano intanto protette sul posto di lavoro e tranquille. Non deve essere un loro pensiero. Devono lavorare e non pensare al contesto attorno o provare del disagio.

Dobbiamo continuare sul supporto verso le rette per gli asili nido, verso i permessi, verso la flessibilità d'orario. Ma dobbiamo soprattutto lavorare con le istituzioni. Dobbiamo creare questo collegamento. Noi oggi abbiamo lavorato con le parti sociali molto bene. Ma dobbiamo coinvolgere quello che è tutta la parte istituzionale. Abbiamo fatto un bel percorso, ma l'aver ricevuto questa stellina non ci lascia tranquilli".