Una scuola per bambine lesbiche butch e trans* dove prima c’era la scuola di polizia, bruciata prima e occupata poi. Due protagonist*, Buio e Casper, che si lanciano alla scoperta di materie nuove, come Lavoretti col saldatore o Meccanica, ma anche arte lesbica e Lesbichezza moderna. Ad accompagnarl* in questo percorso di crescita e formazione, “pericolose attiviste lesbicone” ovvero le insegnanti che hanno fatto saltare la precedente struttura (come una festa con tanto di fuochi artificiali), la preside Monica Wittig accompagnata dal suo fedele gatto Ambrogio.
Cosa accadrà loro non vi resta che scoprirlo leggendo il fumetto, anzi la trilogia a fumetti di Percy Bertolini, fumettista e attivista italiano che abbiamo incontrato a Lucca Comics & Games 2024, dove presenta proprio il terzo e conclusivo volume della miniserie “Scuola di Butch –Più vicine” (Eris Edizioni). Una grande festa, perché quando le cose iniziano ad andare per il verso giusto, tutto cambia e il mondo diventa finalmente a colori.
[Il termine butch, lett. maschiaccio, come l'italiano “camionista”, viene spesso usato per indicare una donna lesbica con atteggiamenti e abbigliamento prettamente mascolini]
Percy come sono andati questi giorni a Lucca?
“Molto bene, ho incontrato tantissime persone e ho scoperto che in generale sono incuriosite da questa trilogia. Molte la conoscevano già, altre non la conoscevano per niente, si sono avvicinate e magari hanno preso tutti i volumi subito. Ho fatto disegni un po’ per tuttu, è stato divertente”.
Questa è la parte bella di questi eventi immagino, poter incontrare i lettori e lettrici, incuriosirne altr*?
"Si diciamo che si crea un rapporto intimo, perché comunque quando faccio i disegni chiedo loro se c’è qualche personaggio che preferiscono, oppure tante volte ritraggo loro stess*, loro stesse da piccole in versione butch e quindi si crea sempre una piccola relazione con chi compra il fumetto. Poi tante volte mi raccontano anche delle cose, magari sono ragazzine, insomma è carino”.
Secondo lei il linguaggio del fumetto può avvicinare a certe tematiche spesso trascurate nella narrazione tradizionale?
“Secondo me assolutamente sì. La nona arte è sempre stata anti-normativa, un po’ il mondo dei difformi, dei mutanti, e quindi penso che sia proprio uno dei linguaggi più adatti. Qui la diversità è un valore.
Certo, c’è sempre una narrazione egemonica anche nella produzione a fumetti, una normatività ed eteronormatività, ma io spero di essere una spina nel fianco per questa egemonia. Detto questo bisogna scoprirci attraverso il muro”.
Si parla spesso di rappresentazione: questo suo lavoro può essere un esempio di qualcosa che finora non c’era o non era visibile?
“Sicuramente è un fumetto che io stesso non avrei mai trovato in libreria e che non ho trovato fino ad ora. Ho trovato un vuoto enorme anche nelle librerie di genere Lgbtqia, dove comunque è tutto quasi sempre a tema maschio-gay-bianco, quindi ho sentito davvero un vuoto. In realtà quello che faccio io è partire da me, non sto raccontando qualcosa guardandola dall’esterno ma sto dando voce a quelle personcine del margine che finora non ne avevano”.
Progetti futuri?
“L’ultimo fumetto l’ho chiuso una settimana fa quindi adesso devo ancora capire chi sono – scherza –. Sicuramente uscirà il numero 3 di ‘Bambine Matte’ che è la mia auto produzione a fumetti underground. Sono tutte storie vere di bambine lesbiche e di persone che oltrepassano i confini del genere, edito da Catapecchi Editrice che è la mia finta casa editrice, quindi una catapecchia. Numero tre parlerà di televisione: quando eravamo piccole abbiamo visto dei cartoni e quali sono stati i personaggi in cui ci siamo immedesimate, quali quelli per cui abbiamo avuto delle cotte che non potevamo rivelare a nessuno?”.