"Vi racconto come Fabrizio Frizzi mi ha salvato la vita"

La storia di Valeria Favorito, affetta da leucemia mieloide, alla quale Fabrizio Frizzi ha donato il midollo, è diventata un docufilm

di CATERINA CECCUTI
1 ottobre 2023

FABRIZIO FRIZZI E VALERIA (1)

Valeria Favorito, affetta da Leucemia mieloide acuta, salvata dal midollo osseo di Fabrizio Frizzi. La sua storia è raccontata nel docufilm di Enrico Pollari “Valeria, un dono dal cielo”. “Non importa chi sia il donatore. L’amore per la bellezza del “dono” è legato al desiderio di condividerlo e diventa un gesto di solidarietà a 360gradi”.

Salvata da Fabrizio Frizzi

“Non ha importanza conoscere il nome del donatore. Così come non ne ha conoscere quello della persona che beneficia di un gesto di solidarietà a 360 gradi. L'importante è sapere di fare del bene agli altri”.
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Il conduttore televisivo, Fabrizio Frizzi, è morto nel 2018

Con queste parole Valeria Favorito, trentacinquenne veronese affetta da Leucemia mieloide acuta, definisce l'atto della donazione del midollo osseo. “La possibilità di compatibilità tra donatore e ricevente, purtroppo, è di appena 1 su 100.000. Tanti non capiscono quanto sia importante un gesto come questo, che può davvero salvare la vita a molte persone”. A differenza di un donatore di sangue, il donatore di midollo può donare soltanto una volta nella vita, al massimo fino al compimento dei 55 anni, e può eccezionalmente tornare a donare solo se il beneficiario è la persona che lo ha ricevuto la prima volta, o se si tratta di un familiare stretto.

La convivenza con la malattia

“Da piccola ho visto morire tanti bambini, e in seguito molti giovani che non hanno mai trovato donatori compatibili. In pochi, purtroppo, capiscono l'importanza del donare, fino a che non capita di ammalarsi in prima persona o di vedere ammalata una persona cara”. Nella sfortuna della sua patologia, Valeria è stata fortunata ad aver incontrato un donatore, che per altro non è rimasto anonimo, come solitamente succede, ma del quale al tempo si è molto parlato perché si trattava del noto conduttore televisivo Fabrizio Frizzi.

Un donatore famoso

Tutto è nato dalla casualità; nel luglio del 2022 Valeria incontrò Mario Bella, fondatore dell’Associazione Donatori Midollo Osseo (ADMO) a Villar Perosa. Era stato proprio lui a convincere Frizzi a diventare donatore. Il trapianto avvenne di domenica, sempre in maniera anonima come da regolamento, ma il fatto che l’intervento venisse eseguito in un giorno festivo lasciava intuire si trattasse di un donatore “famoso”. A confermare il sospetto fu l'annuncio televisivo che pochi giorni dopo Romina Power dette nel corso della trasmissione “Per tutta la vita”. Indicando il suo collega si limitò a dire: “Quest’uomo ha donato il midollo osseo, fatelo anche voi.”
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Valeria con Enrico Pollari, ideatore del docufilm “Valeria, un dono dal cielo”

La legge non permette incontri tra il donatore e il ricevente. Seguirono perciò delle lettere in anonimato fino a che, durante una Partita del Cuore, l'incontro tra Frizzi e Valeria è avvenuto dal vivo.

La collaborazione con Admo per sensibilizzare a donare

Oggi Valeria, dopo una ulteriore operazione, si dedica alla sensibilizzazione, alla ricerca di nuovi donatori e di fondi, collaborando attivamente con l’ADMO, cresciuta negli anni fino a diventare una federazione nazionale di associazioni regionali. La sua storia, che poi è la storia di tante persone con la vita appesa al filo telefonico di una chiamata ospedaliera, è stata raccontata in un docufilm, proiettato in anteprima al Cinema Teatro Ariston di Trapani, dal titolo “Valeria, un dono dal cielo”. L'idea del film nasce dall'incontro tra Luciano, il padre di Valeria, ed Enrico Pollari, fotografo, regista e produttore trapanese. Tra loro sboccia subito una grande amicizia e successivamente il desiderio di raccontare la vita di Valeria, ma soprattutto il coraggio e la forza che la contraddistinguono.

L'intervista

Valeria, cosa dobbiamo aspettarci da questa pellicola? “Un racconto di speranza, di lotta per la vita, di difficoltà e anche di malattia, certo, ma soprattutto una storia di speranza per tutti coloro che ogni giorno combattono e che rischiano di perdere la forza e la motivazione. Valeria ce 'ha fatta, e se ce l'ha fatta lei allora anche io posso farcela. Non bisogna lasciarsi andare, anche se il percorso per stare meglio è molto lungo e delicato, soprattutto adesso che per colpa del Covid nei reparti di degenza post operatoria non fanno entrare più nessuno ad eccezione del personale medico, perché per il paziente trapiantato ogni batterio può rivelarsi letale. Quindi si è completamente soli ad affrontare tutto. Ecco allora che il film vuole dare speranza a 360 gradi ai malati, e lasciare ai giovani il messaggio di imparare a guardare oltre al proprio giardino e a donare. Non solo il sangue, non solo il midollo, anche il proprio tempo e il proprio amore. Per iscriversi al registro dei donatori di midollo si deve avere un'età compresa tra i 18 e i 36 anni, dopo non si può più.” frizzi-favorito-leucemia-midollo Come ha scoperto la sua malattia? “Da bambina ho iniziato a stare male. Vomitavo succhi gastrici ogni mattina, non avevo forza di mangiare perché mi stancavo, dormivo continuamente e non riuscivo a svegliarmi. Ero piena di lividi sul corpo e non riuscivo più a camminare né a reggermi in piedi. L'8 novembre del 1999, dopo una serie di accertamenti ospedalieri, mi dissero che ormai ero segnata, perché avevo tutto il midollo osseo malato. Ho due fratelli minori che però sono compatibili solo tra di loro, non con me. Furono avviate allora le ricerche nella banca dati di ADMO, per trovare donatori extra familiari. All'inizio di maggio sono stata convocata: mi sarei operata il 21 del mese. La preparazione è lunga, servono farmaci, esami ecc. E anche se l'operazione di per sé è più facile rispetto ad un trapianto di organo, perché somiglia ad una trasfusione del sangue, in realtà si tratta di cellule staminali ematopoietiche. Dunque la seconda fase è complicatissima, perché il corpo estraneo deve essere accettato dall'organismo; ecco perché il giorno del trapianto lo chiamiamo “il giorno 0 della vita”. Tutto il sistema immunitario viene ricostruito, cambia persino il gruppo sanguigno che diventa quello del donatore, così come le caratteristiche immunitarie che passano in eredità al ricevente. Io, per esempio, da bambina avevo fatto tutti i vaccini, invece il mio donatore no. Dunque dopo il trapianto ho dovuto rifarli”. Lei negli anni ha dovuto sottoporsi a due interventi. Come è andato il suo primo trapianto? “È stato complicato perché si è verificato un rigetto polmonare, e tutt'ora con i polmoni ho problemi. Diciamo che le complicazioni sono state molte. P er esempio ho contratto il citomegalovirus, che una volta preso, anche se guarisci, ritorna fuori ogni volta che le difese immunitarie si abbassano. Il mio corpo è martoriato, non è più sano. I farmaci lo hanno indebolito e provato, mi sento molto più vecchia della mia età, ma vado avanti. Anche se non ho una vita normale cerco di dare senso a tutto, di vivere con quella consapevolezza del dono ricevuto nel cuore. Mi sveglio la mattina e dico: “Se sono ancora qui è perché qualcosa devo fare.”

"La gente ha bisogno di esempi positivi"

Come ha vissuto l'idea di aver avuto un donatore famoso?  “Ho pensato che lui potesse essere un esempio per gli altri, per invogliare le persone a donare. La gente ha bisogno di esempi positivi e Frizzi ha saputo dare prova di una donazione a 360gradi. Per fortuna il suo frutto ha fecondato. La sua immagine è servita ad altri per dire “se lo ha fatto Frizzi, posso farlo anche io”. Per me, ciascun donatore è un angelo, perché dono prima di tutto speranza e vita agli altri.”
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Valeria con Enrico Pollari

Come spiega Massimo Pieraccini, presidente e fondatore del Nucleo operativo di Protezione civile logistica dei trapianti: “L’insegnamento del dono anonimo che ci viene dall’ADMO è vivo e, come tutti i grandi fenomeni culturali, riesce ad adattarsi alle esigenze di questi anni, in cui la solidarietà troppe volte si arresta davanti alla diffidenza di chi ci bussa alla porta, perché l’amore per la bellezza del “dono” è legato al desiderio di condividerlo, in silenzio, e diventa un sinonimo di generosità”.

La solidarietà vince su tutto

Anche Nicoletta Sacchi, direttore Ibmdr (ossia l'organismo istituzionale italiano che gestisce la ricerca dei donatori su scala mondiale) commenta il gesto del dono come la partecipazione ad un miracolo che può compiersi anche nel segno della pace: "Negli ultimi mesi è stato effettuato il dono più grande: il midollo di un donatore italiano per salvare una paziente russa affetta da leucemia. Con una guerra ancora in corso ed enormi difficoltà logistiche nell’organizzare la missione abbiamo dimostrato che la solidarietà umana può vincere sempre. Malgrado scioperi e guerre il trasporto del “dono” è stato effettuato da Massimo Pieraccini, presidente e fondatore del Nucleo operativo di Protezione civile logistica dei trapianti, dimostrando ancora una volta che la solidarietà non conosce né limiti, né confini".