I globuli rossi del sangue contenuto nel
cordone ombelicale possono essere utilizzati, quando idonei, per migliorare le condizioni di salute dei
neonati prematuri, aiutando a prevenire complicanze quali deficit intellettivi, cecità, disturbi dell'apparato respiratorio o gastroenterico. Le
cellule staminali del sangue cordonale, invece, sono ampiamente utilizzate anche e soprattutto per
pazienti adulti che necessitano di un trapianto e sono privi di donatore compatibile, oltre che per la formulazione di farmaci (emocomponente ad uso non trasfusionale) per la cura di diverse patologie. Per questo è importante la sensibilizzazione e la consapevolezza delle partorienti, affinché siano coscienti dell'estremo atto di generosità che possono compiere con un semplice gesto, indolore e che non comporta
alcun rischio né per la mamma né per i nascituri. Una procedura
salvavita che è molto semplice da attuare: la volontà alla donazione può essere comunicata direttamente al personale del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale in cui si intende partorire e prevede la compilazione di un questionario anamnestico completo di consenso alla donazione, siglato prima dell'inizio del travaglio di parto. Per quanto riguarda, però, la conservazione di queste cellule, si deve seguire una procedura che ha scoraggiato alcune mamme, che ci hanno espresso le loro testimonianze.
L’utilizzo di cellule staminali contro il cancro
Il sangue del cordone ombelicale è ricco di cellule staminali
Le cellule staminali cordone ombelicale sono circa il 4%, mentre quelle da sangue periferico o midollo sono solo lo 0.01-1%. Per oltre 70 patologie è consolidato l’uso per il
trapianto di cellule staminali ematopoietiche, con comprovata documentazione di efficacia, e per le quali è opportuna la raccolta dedicata di sangue cordonale. Il Ministero della Salute lo ha sancito nel decreto ministeriale del 18 novembre 2009 (aggiornato nel 2014), "Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo – dedicato". In particolare il
linfoma non-Hodgkin rappresenta un gruppo eterogeneo di tumori che colpiscono in genere la popolazione adulta e anziana, e in Italia rappresentano circa il
3% di tutte le neoplasie. L'incidenza è
in aumento e le stime dei Registri Tumori Airtum per il 2020 parlano di 7.000 nuovi casi tra gli uomini e di 6.100 tra le donne. Sono neoplasie che colpiscono le cellule del sistema immunitario, i linfociti, adibite alla difesa del nostro organismo dagli agenti esterni: la malattia si verifica quando la struttura cellulare del corpo muta. Nel tempo, questo può portare a cellule sovradimensionate, che sbilanciano il sistema corporeo, o a tumori che si sviluppano da cellule in eccesso. L’opzione terapeutica di maggior successo è rappresentata dal
trapianto autologo dedicato di cellule staminali da midollo osseo, sangue periferico o meglio ancora da cordone ombelicale.
Il trapianto
Il trapianto autologo di cellule staminali consiste nella somministrazione di
chemioterapia, associata o meno a radioterapia, seguita da una rinfusione delle cellule staminali del paziente stesso. La vera sfida dei ricercatori riguarda l’aumento dei
campioni a disposizione che, secondo i dati del centro nazionale del sangue sono bassi, nell’ultimo anno solo il 2,5% delle coppie ha deciso di donare le cellule staminali del cordone ombelicale.
Per oltre 70 patologie è consolidato l’uso per il trapianto di cellule staminali ematopoietiche
Le cellule staminali ematopoietiche da cordone ombelicale rappresentano circa il 4% delle cellule presenti nel sangue cordonale e costituiscono la principale fonte di cellule staminali immature e con una notevole capacità di differenziarsi in una qualsiasi cellula del sangue, e riprodursi per poter ripristinare il sistema immunitario, con un basso o quasi nullo rischio di rigetto e recidiva. Le cellule staminali ematopoietiche si trovano nel midollo osseo e nel sangue periferico costituendone lo 0,01-1%, delle cellule presenti, e non esiste un buon modo per separarle dalle altre cellule. Quando vengono eseguite infusioni di midollo osseo e globuli periferici si ottengono un numero esiguo di cellule staminali che sono terapeutiche insieme a molte altre cellule che, invece, non lo sono.
Come aumentare i campioni a disposizione
“L'unico modo per aumentare i campioni a disposizione della comunità è unire le forze attraverso un modello ibrido, dove il pubblico e privato collaborano per la
tutela del patrimonio biologico delle famiglie - spiega Luana Piroli, direttrice generale e della raccolta di
In Scientia Fides –. Questo modello di raccolta è già attivo da tempo in Paesi come Inghilterra e Germania, con un obiettivo comune: la salvaguardia del cittadino con la messa in sicurezza di un patrimonio biologico e soprattutto una regolamentazione del settore. Riteniamo sia dunque indispensabile un confronto a livello governativo”.
Mamma Caterina: "Per conservare le cellule cordonali per mia figlia mi sono rivolta a San Marino"
Caterina, mamma di una bambina, ha 43 anni e ha conservato le cellule cordonali in caso di bisogno della sua secondogenita. "Ho avuto alle spalle un’esperienza traumatizzante, con una bambina affetta da una
malattia genetica molto rara. A suo tempo avevo tentato di migliorare la sua qualità di vita attraverso le staminali, ma purtroppo non ho ottenuto questa possibilità in Italia. Per la mia secondogenita ho deciso immediatamente di raccogliere le cellule cordonali per donarle a lei nell’eventualità che un domani, anche se non era affetta dalla stessa patologia della sorella, potesse averne bisogno. Le cellule cordonali hanno la possibilità di intervenire nella risoluzione o comunque nel
miglioramento di diverse patologie, soprattutto in caso di incidenti gravi, e giocano un ruolo importante per quanto riguarda la rigenerazione di alcuni tessuti come la pelle, le ossa ecc. Visto l’esperienza precedente, ho voluto fare questo per mia figlia. Purtroppo in Italia non è consentito mettere da parte le cellule cordonali per i propri figli, si possono solamente donare. Le avrei anche donate volentieri, se non fossi stata traumatizzata dall’esperienza precedente. A queste condizioni, per poterle preservare per mia figlia, ho dovuto scegliere un’
opzione molto costosa, che è quella di prelevarle qui in ospedale in Italia, attraverso un kit che viene inviato da cliniche specializzate che risiedono all’estero: Svizzera, San Marino, Spagna ecc. Io ho scelto la
Repubblica di San Marino e nel 2018 pagai 3500 subito e ho continuato a pagare 50 euro all’anno per la conservazione refrigerata di queste cellule. Per
20 anni le cellule di mia figlia vengono conservate per qualsiasi evenienza, e qualora ce ne fosse bisogno, posso accedervi per lei. Ho dovuto farlo all’estero, e questa è la cosa che mi è dispiaciuta molto e mi è anche costata molto: avrei preferito sinceramente spendere anche la stessa cifra, ma sapendo che le mie cellule fossero conservate in Italia, dove immagino sarebbe più facile e immediato accedervi e utilizzarle al momento del bisogno. Mia figlia è nata a Firenze, nella maternità dell’
ospedale Careggi. Al momento del prelievo è il personale dell’ospedale italiano a doverlo eseguire utilizzando il kit che viene fornito loro dalle cliniche residenti all’estero. In quel momento l’ospedale mi ha dato la massima assistenza e si è dimostrato molto pronto e rapido nel prelievo di queste cellule: subito le hanno consegnate, come da prassi, al corriere che poi le ha portate nella clinica in San Marino. Dal punto di vista assistenziale e medico non posso dire nulla: quello che mi dispiace è che
in Italia non è data ai genitori la possibilità di poter scegliere se eventualmente conservarle per i propri figli”.
Le testimonianze di alcune mamme
Mamma Annalena, che vive a Rosignano Marittimo (Livorno), racconta: "Per le cellule cordonali, io avevo fatto richiesta, ma poi al momento del parto hanno visto che c'era troppo poco sangue e non si riusciva a fare la donazione. Un vero peccato".
Mamma Samantha ricorda: "Quando ero incinta di Nicco volevo tenere il cordone, ci eravamo interessati, eravamo entrati in contatto con un’associazione di San Marino, ma ci è sembrata tutta una roba molto farraginosa: nel momento in cui partorivi doveva essere presente un’equipe. Ci venne detto che era abbastanza improbabile che, al momento del parto, queste persone fossero riuscite ad arrivare sul posto. Lo volevo tanto fare in caso di necessità future, ma poi alla fine io e mio marito, in base a tutte queste cose, abbiamo rinunciato. Volevo donare il cordone ma in entrambi i casi mi son fatta tenere attaccati i bimbi – per una ventina di minuti, forse mezz’ora - fino a quando il cordone non pulsava più. Solo dopo è esatto reciso, ma credo che a questo punto non si possa più donarlo”.
L’attività di In Scientia Fides
In Scientia Fides è una struttura sanitaria (Biobanca) che ha lo scopo di garantire
un’assicurazione biologica a chiunque voglia avere nel tempo, per sé e per i propri figli, un’opportunità terapeutica e diagnostica, immediatamente disponibile attraverso la conservazione autologo-dedicata di cellule staminali adulte con particolare riferimento a quelle contenute nel sangue cordonale. Attualmente consente a oltre
15 mila genitori di garantire per sé e per i propri figli un’opportunità terapeutica e
diagnostica, immediatamente disponibile in ambito oncologico, immunologico e rigenerativo, attraverso la valorizzazione e l’impiego del potenziale biologico di cellule staminali, tessuti e principi derivati. Un impegno che ha portato a 2 brevetti depositati, numerose pubblicazioni scientifiche e una costante collaborazione con la Banca dei tessuti di San Camillo Forlanini di Roma, Ospedale Galeazzi di Milano, Fondazione San Raffaele, Ospedale Galliera di Genova, Coord Blood Bank di New York, Mayo clinic di Phoenix, IRIS di Londra e Università di Padova. Grazie all’accreditamento FactNetCord
In Scientia Fides può
rilasciare i campioni in tutto il mondo poiché collegati con tutti i centri di trapianto e diagnostici sia in Italia che all’estero. L’accreditamento FactNetcord verifica e convalida l’eccellenza operativa della biobanca confermandone la sicurezza del prodotto lavorato e quindi disponibile per una infusione in caso di bisogno.