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Wishcycling: riciclare o non riciclare, questo è il problema

Buttare in uno dei bidoni per la raccolta differenziata oggetti senza avere la certezza che il conferimento sia quello giusto: ecco la pratica errata che potrebbe riguardare (quasi) tutti noi

di DOMENICO GUARINO -
5 maggio 2023
Cosa è il wishcycling?

Cosa è il wishcycling?

Wishcycling, "riciclare o non riciclare, questo è il problema...". Forse al giorno d’oggi William Shakespeare non avrebbe fatto declamare al suo "Amleto" una frase di questo tipo, però certamente, da buon cittadino della contemporaneità, il problema del giusto trattamento dei rifiuti, se lo sarebbe posto. Ma come lo avrebbe risolto? Già, perché la questione non è solo o soprattutto se riciclare o meno, bensì come riciclare correttamente. Ed in questo senso una questione che sta assumendo un’importanza sempre maggiore è quella del wishcycling, cioè quella tendenza (indotta) a differenziare rifiuti che in realtà non sono recuperabili.

Con l’espressione inglese wish-cycling si identifica la prassi di buttare in uno dei bidoni per la raccolta differenziata oggetti senza avere la certezza che il conferimento sia quello giusto

Wishcycling, le origini

Il termine wishcycling compare per la prima volta nel 2015, negli studi della sociologa Rebecca Altman, in riferimento al comportamento di quei consumatori che, pur molto sensibili, erano poco educati alla raccolta differenziata e sceglievano di gettare nei bidoni del riciclo materiali che, in realtà, riciclabili non erano. E questo per un meccanismo psicologico abbastanza comune: le persone di buona volontà, paradossalmente, preferiscono pensare (o meglio, sperare ) che quegli oggetti siano in qualche modo riciclabili, piuttosto che immaginare di vederli gettati in discarica o bruciati. Un pensiero nobile che però finisce per creare i risultati opposti di quelli voluti, perché rallenta le operazioni degli impianti di separazione e riciclaggio, aumenta i costi e gonfia le statistiche.

La raccolta differenziata è importante ma va fatta in modo corretto

Riciclare in modo corretto, come?

Ma la colpa è davvero del consumatore? Non proprio. O meglio, affatto. Il problema sta nelle caratteristiche stesse del prodotto che si sceglie di riciclare in maniera scorretta. E dunque, in ultima istanza, la colpa è dell’industria che non progetta correttamente il ciclo di vita degli oggetti prodotti, creando dunque quei cortocircuiti di cui il whishcycling è espressione. Non è, infatti, pensabile che i consumatori conoscano in dettaglio i processi di riciclo, la struttura industriale e le dinamiche del mercato. I maggiori responsabili dei meccanismi scorretti di riciclaggio sono dunque la sovrapproduzione di imballaggi, gli incentivi al commercio internazionale dei rifiuti e la mancanza di politiche di riciclo standardizzate, investimenti pubblici e normative stringenti. Il resto ce lo mettono le imprese che, pur di lavarsene le mani, di fatto 'giocano con i simboli' e inducono le persone a pensare che un prodotto non riciclabile possa essere riciclato.

Il conferire materiali sperando di ridurne l’impatto ambientale è sicuramente qualcosa di virtuoso, ma non basta la buona volontà

Cosa fare dunque? Innanzitutto far crescere la consapevolezza del problema educando i consumatori secondo il motto “se hai un dubbio, buttalo via”, che può sembrare addirittura brutale, ma nella sua perentorietà produce meno danni della buona volontà mal risposta. Facendo sì, per esempio, che i consumatori mettano nel bidone della plastica solo materiale che può veramente essere riciclato. Certo una cosa del genere ‘politicamente’ non paga, perché abbassa le statistiche del riciclaggio con cui spesso le pubbliche amministrazioni (e naturalmente le imprese) si fanno belle. Ma aiuterebbe a ridurre i costi per gli impianti. Soprattutto servirebbero delle leggi che imponessero alle imprese di ridurre la produzione di imballaggi monouso, progettando packaging pienamente riciclabili e riutilizzabili, e investendo pesantemente nelle infrastrutture del riciclo.