Bronzo paralimpico alla terza Paralimpiade. Bebe Vio si conferma sul podio nella gara individuale di fioretto alle Paralimpiadi di Parigi 2024, quella dove nelle scorse due edizioni era salita sul gradino più alto. "Sono felice! È
il mio primo bronzo non è l’oro che tutti si aspettavano e non è facile dire che sono soddisfatta, ma sarebbe stata peggio se non avessi avuto intorno tante persone che mi vogliono bene e mi sostengono”, dice la 27enne di Mogliano Veneto.“Comunque non è ancora finita, avremo la gara a squadre, stasera c’è ancora Ema (Emanuele Lambertini, ndr), quindi ci saranno tante occasioni per fare bene. Incrociate le dita per me, perché io non posso farlo”, aggiunge con la sua solita ironia ai microfoni Rai.
La finalina dominata 15-2
Non poteva difendere l’oro paralimpico di Tokyo 2020 e prima ancora quello di Rio 2016, ma ha fatto valere l’esperienza e la lucidità della Campionessa con la C maiuscola per vincere nella finalina per il bronzo nei ripescaggi contro la coreana Cho Eung Hye. Battuta 15-2.
Nella gara di oggi, dopo aver superato in scioltezza il primo incontro, la 27enne veneta, pluricampionessa paralimpica, mondiale ed europea era stata infatti sconfitta nella semifinale del fioretto categoria B dalla cinese Rong Xiao 15-9. Ma con la grinta di un’atleta eterna, che ancora si conferma tra le più forti al mondo, ha raccolto l’amarezza e la delusione e le ha trasformate in carburante per portare a casa l’ennesima medaglia a livello internazionale.
Jovanotti fa il tifo in tribuna
A seguirla, in tribuna a Parigi, c’era per l’occasione anche un tifoso speciale e suo grande amico: Jovanotti. “È la prima volta che la vedo dal vivo: dopo milioni di incontri da tutte le parti, ai miei concerti, a cena, ma non l'avevo mai vista gareggiare. Qui è veramente pazzesco, l'atmosfera è bellissima”. Così il cantante dagli spalti del Grand Palais, dov'è arrivato stamattina per supportare Bebe Vio insieme alla figlia Teresa Cherubini e alla moglie Francesca Valiani.
Jovanotti ha assistito alle gare accanto alla famiglia della fiorettista, con mamma Teresa Grandis, papà Ruggero Vio, la sorella Maria Sole e il fratello Nicolò. "Conosco Bebe da quando era bambina, subito dopo la malattia. È venuta a un mio concerto e da allora siamo rimasti in contatto. Lei è pazzesca, ha una forza esplosiva incredibile. Sappiamo che è la più forte di tutte – ha proseguito il cantante –. È bello, emozionante e commovente vedere che da un corpo così piccolo possa venire fuori tanta forza. E poi sappiamo tutti quello che ha fatto per il mondo della disabilità, per i bambini: li ha aiutati, tanti li ha tirati fuori di casa grazie allo sport. È davvero una forza”.
E sulle sue condizioni, dopo il brutto incidente in bici dello scorso anno a Santo Domingo, l'artista ha commentato: “Sto meglio e ora sono quasi al 100%. A gennaio dovrei essere a posto, e poi inizierò il tour”. "Si prepara per Los Angeles 2028", ha scherzato il papà dell’atleta. La quale spesso cita fra le sue canzoni preferite in assoluto proprio un brano del cortonese, “Ragazzo fortunato”, ma declinata al femminile.
La forza dello sport
E Bebe Vio lo è davvero, una ragazza fortunata. Non per essere sopravvissuta alla meningite, o alle varie infezioni e problemi che nel corso del tempo si sono messi in mezzo tra lei e i suoi sogni, ma perché ha al suo fianco una grande famiglia – compresa quella che si è costruita nel tempo con l’associazione art4sport onlus– e tanti amici pronti a sostenerla sempre, anche quando perde. Perché lo sport è anche questo, è vittoria – a cui ci ha abituato – ed è sconfitta. Prima dei Giochi lo aveva annunciato: ripetersi sarà sempre più difficile. È diventata l’avversaria da battere, il punto di riferimento da raggiungere e superare e così è stato oggi, per la prima volta dopo tanto tempo. Ciò non toglie però il valore di questa atleta, che ha incarnato in questi anni i valori dello sport paralimpico, diventando un modello e un esempio di forza di volontà, di passione, di determinazione a superare le barriere della disabilità e della malattia, mettendo sempre al primo posto l’impegno per gli altri, per i meno fortunati.