Il ministro afghano dei Rifugiati e per i rimpatri, Khalil Haqqani, è morto a causa di un’esplosione che si è verificata nel suo dicastero nella capitale Kabul. Lo ha dichiarato una fonte del governo dei Talebani all'Afp.
La morte del ministro per i rifugiati afghano e gli scontri intestini
“Un'esplosione ha avuto luogo nel ministero dei Rifugiati e possiamo confermare che il ministro Khalil Ur-Rahman Haqqani ha perso la vita'', ha dichiarato la fonte. Al momento non si conosce la natura dell’evento, se di matrice dolosa o meno. Ciò non ha impedito però al funzionario anonimo di lanciarsi in un’ipotesi, dicendo che il politico “è stato martirizzato insieme ad alcuni suoi colleghi”. Khalil Ur-Rahman Haqqani era il fratello di Jalaluddin Haqqani, fondatore della temuta rete Haqqani, responsabile di alcuni degli attacchi più violenti durante i due decenni di insurrezione talebana. Era anche lo zio di Sirajuddin Haqqani, l'attuale ministro degli Interni.
Se gli scontri a fuoco sono drasticamente diminuiti in Afghanistan da quando le forze talebane hanno preso il controllo del Paese nel 2021, ponendo fine al conflitto contro gli Stati Uniti e le forze straniere di occupazione a guida Nato, il capitolo regionale dello Stato Islamico, noto come Stato Islamico Khorasan, è attivo in Afghanistan e prende regolarmente di mira civili, stranieri e funzionari talebani con attacchi armati e bombe.
Migrantes: in Ue soprattutto rifugiati da Siria e Afghanistan
La guerra, il ritorno dei talebani al potere, le pesanti limitazioni agli aiuti internazionali legati al mancato rispetto dei diritti umani: in Afghanistan la popolazione civile sta vivendo da anni gli effetti di una crisi che li costringe, quando possibile (quindi di fatto non vale per le donne, che vivono le condizioni peggiori) a scappare dalle loro casa, dalla loro terra, sperando di trovare fortuna e una possibilità di vita migliore altrove. Arrivano da quel Paese (101 mila), secondo solo alla Siria (circa 183 mila) la maggior parte dei richiedenti asilo nell'Unione Europea, stando ai dati che fanno riferimento al 2023 raccolti nel report della Fondazione Migrantes "Il diritto d'asilo" dedicato alle migrazioni forzate.
A seguire Turchia, Venezuela, Colombia, Bangladesh, Pakistan, Marocco, Egitto e Perù. Numeri che testimoniano come nel 2023 l'instabilità globale ha sospinto verso l'Unione Europea un numero crescente di rifugiati, benché si tratti sempre di una minoranza rispetto allo sradicamento forzato che si registra in altre aree del mondo. I “richiedenti per la prima volta" nel territorio dell'Ue hanno superato il milione, facendo registrare un aumento del 20% rispetto al 2022. Ma nello stesso 2023, a livello planetario hanno chiesto asilo su base individuale 3,6 milioni di persone (erano state "solo" 2,6 milioni nel 2022: + 40%).
E nel 2024, anno che si sta per chiudere, com’è andata? Sembra che ci sia un’inversione di tendenza: fra gennaio e giugno i richiedenti asilo per la prima volta nell'Unione sono stati circa 449 mila, contro i 475 mila dello stesso periodo 2023 (- 5%). Il primo Paese per richiedenti registrati nel 2023 è stata la Germania (329 mila, + 51%), seguita da Spagna, Francia e Italia. Sempre l’anno scorso l'Ue ha garantito protezione, in totale, a 409.500 richiedenti (status di rifugiato, protezione sussidiaria o umanitaria fra prima istanza e istanza finale su ricorso): un dato complessivo in crescita rispetto all'anno precedente, quando una delle tre forme di protezione era stata garantita a poco più di 383.500 persone.