Un curriculum internazionale e denso di esperienze europee, corroborato da un’attenzione particolare per coloro che vivono in un contesto di difficoltà e per l’ambiente. È Costanza Hermanin, docente all’Istituto europeo di Firenze e fondatrice dell’associazione equALL, dedicata alla costruzione di un’opinione pubblica consapevole e alla promozione di strumenti volti al raggiungimento della parità di genere. Una candidatura peculiare che vuole incentivare il dibattito su scala comunale di tematiche solitamente affrontate a livello regionale e nazionale.
Qual è il suo background e quali sono i vettori che caratterizzano il suo impegno politico?
“Lavoro all'Istituto universitario europeo di Firenze e in varie università internazionali, occupandomi in particolare di politica e istituzione dell'Unione europea e di politiche pubbliche, in particolare quelle che riguardano questioni di interesse sociale. Mi sono sempre occupata di questo tipo di tematiche, sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista dell'attivismo personale. A parte il mio percorso accademico e di insegnante sono stata rappresentante di organizzazioni internazionali, governative e non governative. Associazioni che si occupano di tutela contro le discriminazioni razziali e di diritti dei migranti. Ho lavorato sui diritti dei carcerati e sul sistema di esecuzione penale in Italia, e da quando sono rientrata mi sono dedicata al tema della parità di genere, avendo riscontrato sulla mia pelle e tramite dati che su questa tematica siamo un Paese fondamentalmente arretrato.
Per questo ho fondato un'associazione che si chiama equALL, per una democrazia plurale con la quale ci occupiamo non solo di parità tra generi, ma anche di parità tra generazioni. E ancora, non solo di parità uomo-donna, ma anche per tutti quelli che sono gli altri modi di identificazione di genere. Con equALL abbiamo deciso di promuovere una scuola di parità per la politica che fosse rivolta alla classe dirigente per far capire loro come rendere le istituzioni politiche, i partiti e le politiche pubbliche più efficaci nel contrastare stereotipi, discriminazioni e nel promuovere l'uguaglianza.
Nel suo programma ho trovato temi atipici per una candidatura comunale. Penso all’uguaglianza generazionale, più che di genere. Ci sono dei piani di attuazione concreti?
“Questi punti sono molto importanti perché da un lato, per quello che riguarda l’assistenza residenziale non sanitaria per gli anziani, con l'allungarsi dell'età sorgono problemi dal punto di vista dei bilanci pubblici demografici. Ovviamente c'è un peso dovuto al lavoro di cura importante che ricade sulle famiglie e in particolare, visto che purtroppo siamo ancora una società molto tradizionale, sulle donne. Quindi, quando si parla di parità tra generi e generazioni è impossibile non prendere in considerazione la dimensione intergenerazionale verso il basso, ma anche verso l'altro. Sugli anziani occorre rendersi conto che il Comune e i servizi sociali pubblici possono promuovere un coordinamento, per esempio, delle associazioni di volontariato, volto a mettere a sistema un organo pubblico che possa sostenere le famiglie che se ne fanno carico. Si tratta di strutturare queste esperienze come ente pubblico e di andare ad aiutare le realtà associative che lo fanno a trovare i fondi. Se io mi dicessi: ‘Il Comune assumerà 100 persone per fare l'assistenza residenziale agli anziani’, sarebbe una bugia. Perché il Comune non ha quella competenza”.
E sul tema del reinserimento dei carcerati in società?
“Sul tema del carcere, dato che il comune ha delle competenze specifiche e limitate rispetto all'intervento che può fare il legislatore nazionale, l’amministrazione locale può intervenire con un'assistenza dal punto di vista di programmi finanziari sul sociale, per i quali può fare da cabina di regia, può istituire dei programmi, servizi, può attrarre i fondi della Regione, può dare idee al legislatore nazionale su cosa fare. Le associazioni che lavorano in carcere fanno il lavoro più importante per il reinserimento dei detenuti perché, come ci insegna l’articolo 27, il fine della pena è la riabilitazione sociale. Quelle sono associazioni di territorio e quindi su questo si può fare moltissimo, così come sul garantire i diritti dei detenuti. Continuare a parlare di sicurezza a Firenze senza mettere nel quadro ciò che si può fare con la casa circondariale di Solliciano, che data la sua natura accogliere persone in detenzione preventiva, ci priva di un fulcro in cui, se si arriva a renderlo permeabile a un sacco di realtà associative, ci consentirebbe di recuperare parecchie persone. Il carcere, nonostante la competenza del Ministero della Giustizia, deve entrare nei programmi comunali”.
Dunque, una spinta “dal basso” che permetterebbe di rilevare il tema a livello nazionale. E sul diritto alla casa, rivolto a studenti e studentesse nonché ai residenti, qual è la sua posizione?
“Firenze si trova in questa situazione complessa ma interessante. È la città italiana in cui probabilmente ci sono più università estere che insistono sul territorio comunale. Tra facoltà americane ed europee ci sono veramente tantissime persone, circa 70mila studenti non iscritti all'Università di Firenze l'anno, più un'UniFi che è ancora attraente, che vede tanti fuori sede ma anche tanti fuori Comune di Firenze. La città non sta valorizzando i suoi poli di competenza, che poi diventano quelli di innovazione. Io credo che su questo ci debba essere una riflessione importante. Occorre riprogettare la città non solo in funzione dei turisti.
Un tema ulteriore è l'offerta abitativa, ‘drogata’ sia dal turismo che dagli studenti e dalle studentesse stranieri. Gli studentati dovrebbero rispettare un tetto minimo per il quale possono offrire i loro servizi agli studenti, altrimenti diventano alberghi. Se ti classifiche come studentato, paghi le tasse come studentato, ma lavori come tale.
Più importante è quello che proponiamo come piano casa pubblica, cioè farsi promotore come istituzione pubblica, come Comune, non solo di alloggio per le fasce più vulnerabili e ai margini della società, ma avere un piano di acquisto di appartamenti sfitti. I casi di recupero di alloggi che poi vengono gestiti dal comune come impresa, tramite una società benefit che possa offrire alloggi a prezzi competitivi, funzionano già nelle grandi città europee come Parigi o Vienna. Noi proviamo a dire: ‘Facciamone 5000 nei prossimi 5 anni’”.
Un piano volto se non alla risoluzione definitiva perlomeno all’attenuazione di un problema dai contorni netti, così come quello del trasporto pubblico. Un tema relativo a iniziative, ad esempio, quali lo scudo verde e il rapporto con la città metropolitana. Come si pone nei confronti di questa tematica?
“Il provvedimento è pensato male e discriminatorio. Un conto sono le restrizioni al traffico per limitarlo, le congestion charge. Ma lo scudo verde, chiamandosi scudo verde, dovrebbe avere un impatto sulle emissioni nocive. Una pollution charge come lo scudo verde deve essere applicata anche a chi sta dentro il territorio comunale. Questo provvedimento deve essere rivisto, perché così è semplicemente un provvedimento discriminatorio. Sarebbe opportuno regolamentare tutti i veicoli che sono altamente inquinanti e creare dei criteri affinché questi veicoli piano piano vengano sostituiti”.
Ci sono ulteriori tematiche che reputa fondanti per il suo pensiero e, conseguentemente, per la sua candidatura?
“Sì, sono due. La prima riguarda la partecipazione alla consultazione dei cittadini. Ritengo un autogol quello di pensare di poter andare a determinare la leadership della città senza consultazioni primarie nel nostro alveo politico. Partecipazione e consultazione sono fondamentali, fare i programmi partecipati e anche scegliere la leadership politica in modo partecipato penso sia un tema molto sentito.
Il secondo spunto riguarda i temi che vengono richiesti ai candidati incessantemente, che sono tramvia, stadio, aeroporto e sicurezza. Parlare di trasporto pubblico a Firenze non significa parlare solo dei tram, se ci saranno o no i pali. Il 90% del trasporto pubblico a Firenze è l'autobus, condito con car sharing, bike sharing e taxi. È assurdo che si possa pensare che il nostro discorso sul trasporto pubblico si limiti al tram, per quanto io sia favorevole. La città deve funzionare con gli autobus, e gli autobus a Firenze non funzionano.
Questo rende Firenze una città non europea, perché nel resto d'Europa si viaggia con un mix di modalità di mezzi pubblici in cui l'autobus è fondamentale e qui non è affidabile. Occorre liberalizzare car sharing e bike sharing, così da rendere il servizio efficiente e aumentare ulteriormente il numero di licenze per i taxi”.