Fecondazione assistita, 20 anni di Legge 40: “I divieti tolgono speranza a single e coppie omogenitoriali”

Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, traccia un bilancio in occasione del ventesimo anniversario della legge “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”

di MARIANNA GRAZI -
18 febbraio 2024

“Oggi abbiamo sicuramente una legge diversa rispetto a quella che entrò in vigore nel 2004. Durante i lavori preparatori sia i rappresentanti del mondo scientifico che giuridico, avevano già evidenziato quanto fosse antiscientifica e quanto fossero ingiustificati tutti i divieti che introduceva nel nostro ordinamento”.

Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, avvocata cassazionista specializzata in diritto minorile, diritto di famiglia e diritto pubblico, ci racconta la genesi, il percorso legale e l’attuale stato delle cose in materia di procreazione medicalmente assistita, in occasione del ventesimo anniversario della Legge 40/2004.

Le criticità iniziali

Fecondazione medicalmente assistita
Fecondazione medicalmente assistita

Le prime relazioni al Parlamento sulla norma, di fatto, evidenziarono subito un calo dei tassi di gravidanze e, in parallelo, un aumento di quelle a rischio pari al 3%, dato che nel resto d’Europa fermo a zero. “Sulla legge 40, fu indetto un referendum abrogativo totale da Luca Coscioni e dai Radicali e questo poi trainò le altre forze politiche a partecipare alla raccolta firme e a prevedere quattro quesiti referendari di abrogazione parziale – spiega Gallo –. Questi riguardavano i divieti che poi la Corte Costituzionale ha cancellato”. Il referendum non raggiunse il quorum ma il dibattito che ci fu in quel periodo vide morale, etica, scienza e religione come argomenti di discussione pubblica, da cui però rimasero fuori i diretti interessati. Per questo sono intervenuti i tribunali: “I giudici hanno deciso caso per caso – precisa l’avvocata – a volte interpretando la legge e, quando non è stato possibile, inviandola alla Corte Costituzionale, che a ogni intervento ha cancellato un divieto”.

Le tappe giuridiche

Nel 2009 il primo intervento della Consulta riguardò il numero di gameti da fecondare, cancellando il passaggio che imponeva l’obbligo di trasferimento di tutti gli embrioni che si producevano in una sola volta, che determinava spesso danni da gravidanze plurime ed esponeva la donna a problemi di salute. Filomena Gallo ricorda: “In qualsiasi altro Paese con una legge simile il legislatore sarebbe intervenuto, in Italia non è successo: per il numero di divieti eravamo secondi – a livello internazionale – solo al Costa Rica, dove la pratica è vietata”. Dopo questo primo intervento si assiste a un repentino aumento del numero di nascite e il dato del 3% (gravidanze a rischio) scompare dalle relazioni.

Filomena Gallo, segretaria nazionale Associazione Luca Coscioni
Filomena Gallo, segretaria nazionale Associazione Luca Coscioni

Restava però ancora vietato l’accesso alla procreazione medicalmente assistita per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche, che necessitano di indagini diagnostiche sull’embrione prima del trasferimento in utero. “La giurisprudenza le ha equiparate alle indagini prenatali, che garantiscono la tutela della salute della donna e del nascituro. I tribunali civili intervenivano su ogni singolo caso – prosegue la segretaria dell’Associazione Coscioni – e la Corte europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia nel 2012, dicendo che quel divieto non garantiva il diritto alla salute. Ma il nostro Parlamento, ancora una volta, non risponde a questa condanna”.

Nel 2014 viene cancellato un altro divieto, quello all’applicazione di tecniche eterologhe. L’anno successivo davanti alla Corte Costituzionale arriva un nuovo incidente di costituzionalità a seguito del ricorso in tribunale per due coppie: dinanzi a un il Parlamento che non è intervenuto a seguito della sentenza della CEDU, i giudici dichiarano illegittimo vietare l’accesso alla fecondazione assistita per eseguire indagini diagnostiche sull’embrione alle persone fertili portatrici di patologie genetiche, che potrebbero correre il rischio di dover interrompere una gravidanza (articolo 6 della legge 194/78). “È una sentenza importante – dice Gallo – basta osservare che l’anno dopo alla sua emanazione nascono 705 bambini grazie alle tecniche di diagnosi pre-impianto per queste coppie di genitori”.

Procreazione medicalmente assistita
Procreazione medicalmente assistita

Nel 2016 dinanzi alla Consulta finisce anche il quesito – già referendario – che riguarda la possibilità di donazione degli embrioni alla ricerca scientifica quando non sono idonei per una gravidanza. La Corte questa volta chiede direttamente l’intervento del legislatore, ma nulla è avvenuto finora. Addirittura il Comitato Onu sui diritti sociali, con una relazione (annuale dal 2019), evidenzia che l’Italia discrimina le persone nell’accesso alle tecniche di riproduzione assistita e limita la ricerca scientifica.

Gli ostacoli che rimangono ancora oggi

Il quadro è chiaro. “In 20 anni sono stati i giudici a modificare la legge 40 e grazie al coraggio delle persone che hanno scelto di dire no alla norma è potuta intervenire la Corte Costituzionale. Con i risultati ottenuti ogni anno nascono circa 14mila bambini e questo dato è importantissimo ma le conquiste ottenute vanno difese”, commenta ancora Filomena Gallo. E aggiunge: “Per le coppie che hanno bisogno di queste tecniche è quasi impossibile accedere a tutte quelle disponibili a carico del servizio sanitario nazionale. Poi ci sono regioni in cui non sono erogate dal SSN tutte le procedure di fecondazione assistita, e regioni in cui a causa del piano di rientro in materia sanitaria c’è il blocco della mobilità tra regioni”.

Inoltre, se tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita entrano per la prima volta nei livelli essenziali di assistenza (LEA) nel 2017, l’allora ministro della Salute Lorenzin non ha però inserito la diagnosi pre-impianto, che rimane tuttora a carico della coppia. Rimangono, infine, gli ultimi divieti della legge 40, indubbiamente lesivi per le nuove famiglie italiane. Anche perché la fotografia del nostro Paese vede madri e padri single, coppie omogenitoriali ed eterosessuali in una società che è cambiata nel tempo.

Come cambia la genitorialità

L’esempio più concreto è la legge sulle unioni civili, “che riconosce i diritti ma non prevede quello alla genitorialità, ed è la conseguenza del fatto che in 20 anni nessun Parlamento è voluto intervenire sulla legge 40. Ci sono coppie di donne che potrebbero accedere all’eterologa in Italia costrette invece ad andare all’estero e poi al rientro, al parto, veder riconoscere solo una madre nel certificato di nascita, non entrambe”. Eppure chi accede alla fecondazione assistita e firma un consenso informato è genitore legittimo di quel nato e non lo può disconoscere, ma la stessa norma vieta questa possibilità alle persone dello stesso sesso e single.

Infine la questione si intreccia con un’altra molto attuale e discussa, quella della gravidanza per altri, cui accedono le persone che non possono portarne avanti una personalmente. Per le coppie di padri che vanno negli Stati dove è possibile accedere alla GPA, tornano in Italia con un certificato emesso da un’autorità pubblica che riconosce due genitori, ma alcuni Comuni rifiutano la trascrizione completa.

Maternità surrogata
Maternità surrogata

“Il Parlamento, che non è mai intervenuto per rimuovere tutti questi divieti cancellati solo tramite la Consulta, negli ultimi tempi si è risvegliato per parlare di ‘reato universale’, che però è inapplicabile – dichiara la legale –. I reati universali sono i crimini di guerra, la pedofilia, non c’è un Paese dove siano leciti questi atti; se invece pensiamo che ci sono Paesi che hanno regolamentato questa tipologia di fecondazione assistita (la GPA) in modo chiaro e preciso, mettendo al centro il consenso della gestante e la tutela dei nati, allora non si può parlare di universalità di questo reato”.

Fare politica sulla pelle delle persone, se la proposta dovesse diventare legge, significa far passare a quelle stesse persone e a noi associazioni anni nei tribunali per cancellarla. E ci riusciremo. Ma di mezzo ci andrà la vita di queste coppie, di questi bambini”, prosegue.

La proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni sulla Gpa

L’Associazione Luca Coscioni, con altre realtà organizzate ed esperti, ha a sua volta redatto una proposta di legge per la regolamentazione della GPA solidale e non commerciale (che rimane vietata). “Prevediamo poi – dice la segretaria nazionale – che chi costringe una donna a portare avanti una gravidanza per altri è punibile per il reato che prevede l’arresto fino 20 anni; questo sì che può essere identificato come reato universale, tanto che in queste settimane il Parlamento europeo sta votando una norma che prevede il rispetto dei diritti umani fondamentali e condanna la riduzione in schiavitù in qualsiasi forma”.

La proposta di legge istituisce un registro nazionale delle gestanti, stabilisce che la procedura sia a titolo gratuito, che ci sia il rimborso solo delle spese necessarie per la gravidanza, che la donna abbia meno di 40 anni e sia già madre, che lo possa fare una sola volta (due per la stessa coppia), che ci sia un percorso medico-psicologico dove venga confermata la volontà di portare avanti una GPA e infine che sia economicamente autosufficiente. Garanzie prese dalle leggi di altri Paesi, dove la pratica è consentita. Infine prevede che la tecnica sia accessibile anche per le coppie dello stesso sesso e le persone singole.

L'associazione Luca Coscioni e alcune famiglie per il ventennale della legge 40
L'associazione Luca Coscioni e alcune famiglie per il ventennale della legge 40

Anche perché la stessa Corte costituzionale, in tutte le decisioni sul tema, ha chiamato il Parlamento a intervenire con una legge sulla genitorialità (compresa l’adozione) che elimini ogni forma di discriminazione. “Le coppie dello stesso sesso e le persone single, nel nostro Paese, non possono adottare. È grazie alla giurisprudenza, che crea una consuetudine, che le adozioni per i casi particolari vengono attuate, ma comunque è discriminante perché serve una valutazione di idoneità da parte di un giudice a essere genitori di figli già propri tramite il consenso alla fecondazione assistita”, conclude Filomena Gallo.