Kamala Harris subentrerà a Joe Biden? Un “What if…” tra raccolte fondi e consenso elettorale

L’attuale vicepresidente degli Stati Uniti è stata individuata dai tabloid come potenziale candidata Dem alle elezioni di novembre se Joe Biden decidesse di ritirarsi. Ma ci sono ancora molti interrogativi da risolvere

di MARCO PILI
4 luglio 2024
Kamala Harris nel corso di un discorso istituzionale (ANSA)

Kamala Harris nel corso di un discorso istituzionale (ANSA)

Il 2024 verrà ricordato come uno degli anni con più elezioni nella storia mondiale. Oltre 76 paesi andranno al voto, per un totale di 4 miliardi di cittadini e cittadine che si recheranno - più o meno democraticamente - alle urne per esprimere la propria volontà, contribuendo ad oltre 50 elezioni differenti.

Ma, tra le oltre 50 schede elettorali che i votanti e le votanti si troveranno a dover maneggiare con cura, una delle più pesanti da piegare sarà sicuramente quella che deciderà il futuro presidente degli Stati Uniti d’America. Il 5 novembre, infatti, 214 milioni di persone decideranno se confermare l’attuale leadership dem o cambiare nettamente passo, consentendo per la seconda volta a Donald Trump di prendere possesso dello studio ovale.

Uno scontro che si è acceso nel corso del primo dibattito presidenziale, tenutosi il 27 giugno ad Atlanta, dal quale Joe Biden è uscito fortemente indebolito, aprendo ad una possibile sostituzione in corso d’opera da parte della sua vice, Kamala Harris. Un’opzione, però, fortemente osteggiata da buona parte degli elettori, così come da investitori e personalità di spicco nel panorama dem.

USA 2024 ELECTION DEBATE
USA 2024 ELECTION DEBATE

Chi è Kamala Harris

Nata nel 1964 a Oakland, in California, Kamala Harris è la quarantanovesima vicepresidente degli Stati Uniti e la prima donna, nonché la prima persona di origini afroamericane e sud-asiatiche, a ricoprire questa carica. La sua carriera da avvocata le è valsa prima la nomina come procuratrice distrettuale a San Francisco e, successivamente, a procuratrice generale della California, diventando anche qui la prima donna afroamericana a ricoprire questo ruolo.

Quando, nel 2016, è stata eletta al Senato degli Stati Uniti, inoltre, ha portato alla luce una vasta gamma di problematiche relative a immigrazione e assistenza sanitaria, rendendola un vero e proprio vessillo della comunità afroamericana statunitense, nonché di lotta verso l’emancipazione femminile. Nel 2020, infine, è stata eletta come vice di Joe Biden, costituendo il ticket che, nel novembre dello stesso anno, è riuscito a sconfiggere Donald Trump nel corso di uno dei round presidenziali più ardui degli ultimi anni, come hanno testimoniato i successivi attacchi a Capitol Hill

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L’impopolarità della vicepresidente

Nonostante la sua lampante carriera che, come descritto, le ha consentito il raggiungimento di posizioni apicali nel panorama politico e istituzionale statunitense, dopo un iniziale boom di popolarità la Harris ha visto un costante declino nelle percentuali dei suoi votanti. Un calo che, in un contesto polarizzato come quello americano, NBC ha imputato a numerosi fattori quali: il suo essere donna, le sue origini, ma anche l’elevato supporto verso Biden, che nel corso del suo mandato ne ha ampiamente oscurato (nel bene e nel male) la personalità.

Un fattore non di poco conto visti i risultati del primo confronto tra Biden e Trump, dal quale l’attuale presidente è uscito fortemente ridimensionato e criticato non solo dagli avversari, ma anche da numerosi governatori democratici che ne stanno chiedendo a gran voce la sostituzione.

In questo momento, però, gli ultimi sondaggi realizzati da istituti di ricerca a stelle e strisce indicherebbero la Harris solo 1-2 punti percentuali dietro a un Biden in forte calo, ponendola all’interno del margine di errore statistico e giudicandola sempre più una candidata papabile per la corsa alla Casa Bianca, e non più come vice.

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Il nodo della raccolta fondi

Un nodo cruciale per comprendere l’eventuale subentro della Harris risiede, però, in una tematica fin troppo trascurata in funzione dell’importanza che questo argomento riveste nelle elezioni presidenziali americane: la raccolta dei fondi destinati alla campagna elettorale.

Non a caso, si sa, gli Stati Uniti sono il paese degli eccessi. Auto ben più voluminose delle pariclasse europee, confezioni in vendita nei supermercati che in Italia riempirebbero fino all’orlo ogni dispensa, ma anche metropoli e strade che fanno sembrare la maggior parte delle corrispettive europee paesini di provincia. E il volume dei fondi raccolti per la campagna presidenziale non può essere certo da meno.

Per le elezioni del prossimo novembre, infatti, il ticket Biden-Harris avrebbe raccolto oltre 264 milioni di dollari solo nel secondo trimestre nel 2024, destinati a finanziare la comunicazione politica dei due candidati. Un valore che, in un sistema socio-economico fortemente contraddistinto dal lobbismo, risulterebbe per legge detenuto dal candidato presidente e non, come in questo caso, dalla vice.

Come riportato da NBC, infatti, nel caso in cui Kamala Harris dovesse subentrare a Joe Biden (essendo la Harris parte della coppia) i fondi migrerebbero sotto il suo controllo, e la campagna elettorale non dovrebbe subire rallentamenti o particolari complicazioni. Al contrario, data la non elevata popolarità della Harris, un eventuale cambio di nomination comporterebbe la restituzione dei fondi e, conseguentemente, la necessità di vagliare un eventuale supporto degli investitori nei confronti di un candidato terzo.