Anche la Grecia ha messo la freccia e ci ha sorpassati sul fronte dei diritti civili. Nelle ore in cui una coppia di donne incassava il sì della Corte d’appello di Roma alla richiesta di veder riconosciuto il diritto di trascrivere nella carta di identità della loro figlia “genitore 1” e “genitore 2” al posto di “madre” e “padre”, la Grecia scaldava i motori per l’ultimo rush dell’approvazione del matrimonio egualitario per le coppie omosessuali. Un dato politico enorme, una coincidenza che dovrebbe inchiodare tutte e tutti a una riflessione sullo stato della nostra democrazia e che, invece, sta drammaticamente passando quasi del tutto inosservata.
E l’Italia? Guarda gli altri progredire
Che l’Italia sia fanalino di coda d’Europa sul fronte del riconoscimento dei diritti delle minoranze non è una novità. Esempio lampante ne è il dibattito sulle unioni civili: in una stagione in cui i Parlamenti d’Europa ragionano di accesso al matrimonio, nel Bel Paese siamo ancorati al ragionamento legato a diritti limitati e limitanti.
Spagna, Francia, Inghilterra, Paesi scandinavi, USA, Canada, Sudafrica, Brasile, Taiwan e molti altri Stati hanno fatto i conti con retaggi culturali arrugginiti, hanno accettato il fatto che le persone Lgbt+ si innamorano, amano, stabiliscono relazioni stabili, hanno la medesima capacità genitoriale delle persone eterosessuali e hanno legiferato in tal senso. In questo scenario, l’Italia è rimasta - da destra a sinistra - ferma a guardare. Al netto di qualche personalissimo posizionamento più coraggioso, un’omofobia più o meno latente è pressoché onnipresente e blocca ogni genere di ragionamento sul riconoscimento di diritti e garanzie alle comunità Lgbt+. Inutile sottolineare come la vittoria della destra abbia ulteriormente ostacolato ogni qualsivoglia tensione verso il progresso.
La lezione della destra greca
Un incantesimo che pare averci freezati a tempo indeterminato nell’atavico dilemma amletico in cui tra l’essere e il non essere si è generato un vuoto cosmico capace solo di far sparire buon senso e capacità di interpretare il presente per ciò che è e non per quello che religioni, convenzioni e convinzioni vorrebbero. A pensare che in giro per il mondo esistono Paesi in cui addirittura la destra è stata capace di sfilare il matrimonio dalle grinfie delle coppie eterosessuali viene da sorridere. Il governo greco a guida Nea Democratia ne è la prova. E allora qual è il problema? “Le radici ca tieni”, canterebbero i Sud Sound System per rispondere alla nostra retoricissima domanda e di certo non lo farebbero a torto. L’Italia contemporanea è nata dalle ceneri del fascismo ed evidentemente non ha terminato di fare i conti con il suo passato. La lotta all’ampliamento dei diritti civili continua a rappresentare un’arma di conservazione da cui è impossibile prescindere, uno degli ultimi baluardi da difendere a spada tratta e scudo sollevato. Non a caso, sono proprio le esponenti e gli esponenti della destra-destra di governo ad aver messo in discussione diritti ormai acquisiti come quello all’aborto.
L’idea è che, per nostalgia o forse un po’ per paura del futuro, il nostro sia un Paese totalmente incapace di combattere le battaglie del presente. Se arriva, arriva sempre troppo tardi, quando gli ospiti se ne stanno andando pronti a raggiungere qualche altro luogo per proseguire i festeggiamenti. Così sarà anche per i matrimoni egualitari: ci arriveremo, prima o poi, e quando lo faremo sarà già tempo di nuove battaglie su cui saremo in folle ritardo. “Tanto ormai siamo bravi a cadere”.