Roma, 15 febbraio 2024 – Sì a “genitore 1” e “genitore 2” sulla carta d’identità. Famiglia Arcobaleno batte famiglia tradizionale, almeno nei documenti. E non è una questione di giudizio, di migliore o peggiore, ma semmai una questione di rispetto e di non discriminazione.
La Corte d'Appello di Roma “smentisce il Ministero dell'Interno e lo condanna ad applicare la dicitura ‘genitori’ o altra dicitura che corrisponda al genere del genitore sulle carte d'identità elettroniche rilasciate a persone minorenni”.
La vicenda, spiega l'associazione Famiglie Arcobaleno, ha inizio nel 2019, quando un decreto firmato dall'allora ministro Matteo Salvini impone al posto di “genitori” la dicitura “madre” / “padre” sui documenti. Una coppia di mamme si è rivolta prima al Tar del Lazio e poi al Tribunale di Roma esigendo l'emissione di un documento d'identità che “rispecchi la reale composizione della loro famiglia”.
La battaglia culturale contro l’eteronormatività
Perché la formula ‘mamma’ e ‘papà’, oltre ad escludere una sempre più ampia fetta di persone che scelgono di avere dei figli e vogliono vedersi riconosciuto, anche di fatto, nei documenti ufficiali e legali, questo diritto, altro non è che discriminazione. Ribadisce l’intento del ministro e delle forze politiche allora al governo di mantenere la cosiddetta ‘famiglia tradizionale’, formata rigorosamente da un uomo e una donna coi loro figli, come unico modello di riferimento quando si parla appunto di genitorialità e relazioni familiari. Peccato che non lo sia più da molto tempo.
Un’eteronormatività ribadita, imposta addirittura per decreto, escludendo di fatto tutto ciò che non vi rientra e che già resta escluso – per legge, basta pensare alle adozioni, alla fecondazione medicalmente assistita, alle unioni civili invece del matrimonio egualitario – da quelli che sono alcuni dei momenti più importanti della vita.
Il documento del* bambin* rispecchi la composizione del nucleo familiare
Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno, intervistata dal Tg3 dopo la sentenza della Corte d'Appello di Roma, spiega che “sulla carta d’identità di mio figlio il mio nome e quello della mai compagna sono riportati col la dicitura ‘madre’ e ‘padre’, nonostante di fatto il bambino abbia due madri, come scritto sul suo certificato di nascita (e già questa è una notizia, di questi tempi, ndr)”. Come la loro tutte le altre coppie omogenitoriali si sono dovute adeguare post decreto Salvini, a registrarsi come madre / padre nel sito del ministero dell’Interno.
“Ma se ci sono due mamme non ci può essere scritto così sulla carta d’identità”, ribadisce. E così stabiliscono anche i giudici capitolini: una semplice formula sui documenti può determinare un cambiamento culturale fondamentale nella società odierna, perché essere definiti “genitore 1” e “genitore 2” significa che non è appunto l’identità di genere né l’orientamento sessuale dei membri della coppia a determinarne il riconoscimento pubblico. La carta d’identità del minore, quindi, deve rispecchiare la composizione del suo nucleo familiare, qualunque esso sia.
Il che significa che se due donne vogliono diventare madri, magari l’una madre biologica mentre l’altra genetica (ovvero la donatrice di gameti da fecondare), se scelgono di avere un figlio, di crescerlo nelle migliori condizioni possibili, con amore, con tutte le cure necessarie, perché la politica deve stabilire – per puro fattore ideologico – che solo la partoriente è madre ed è quindi riconosciuta come genitore sul documento del/lla figlio/figlia?
Pensare che erano stati proprio esponenti di governo, lo scorso anno, nella persona della ministra della Famiglia e della Natalità Eugenia Roccella, a interpellare la Siac, società italiana di antropologia culturale, per avere una conferma di tipo scientifico alle tesi secondo cui coppie omogenitoriali non possano essere considerate famiglia. “Come in altri casi, l’evocazione di una dimensione ‘antropologica’ da parte di politici e media fa riferimento a un piano 'naturale' che fungerebbe da ancoramento universale e immutabile a determinati comportamenti e schemi culturali umani – aveva spiegato a Luce! il professor Berardino Palumbo, membro della Siac –. Da antropologi riteniamo questo modo di intendere la dimensione ‘antropologica’ dei fatti sociali umani errato e, soprattutto, ideologicamente viziato”.
Il caso della coppia di mamme
''Già in primo grado il Tribunale aveva accolto la richiesta delle mamme, dichiarando di fatto illegittimo il decreto in quanto il documento emesso 'integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico'. Oltre alla conferma della sentenza in Appello, il Ministero è stato condannato al pagamento delle spese processuali. La Corte - spiega l'associazione - ha dunque ribadito un concetto molto semplice: sulla carta d'identità di un bambino/bambina non possono essere indicati dati personali diversi da quelli che risultano nei registri dello stato civile''.
“Se nei registri è indicato che è figlio/figlia di due madri, una delle quali lo ha adottato, allora i 'modelli ministeriali' devono rispettare quella indicazione e sulla carta d'identità devono essere indicate due madri (o eventualmente due padri) - spiegano l'avvocata Susanna Lollini e l'avvocato Mario Di Carlo che hanno difeso le due mamme - Noi lo abbiamo sempre pensato, il Tribunale ci aveva dato ragione, adesso la Corte d'Appello lo ha confermato, non possiamo che essere felici”.
E la presidente di Famiglie Arcobaleno, Alessia Crocini, commenta: “L'Associazione Famiglie Arcobaleno già nel 2019 aveva denunciato, supportata dal parere del Garante della Privacy, il qualunquismo ideologico del decreto Salvini che aveva modificato le diciture delle carte di identità solo per attaccare le famiglie omogenitoriali ma mettendo in difficoltà anche tutti quei minori che presentano situazioni familiari differenti. Io stessa sono riportata come ‘padre' sul documento di mio figlio, con tutto ciò che comporta ad esempio nel caso di un viaggio all'estero. Che un paese civile come l'Italia - conclude - emetta, attraverso il Ministero dell'Interno, carte d'identità che riportano dati falsi è semplicemente imbarazzante. Speriamo che il Governo intervenga subito riportando la dicitura che da sempre accompagna i documenti dei minori: genitori o chi ne fa le veci".