Polemiche per l'identità alias al ministero della Difesa: non sapevamo di essere inclusivi

Il dicastero con una circolare ha recepito le nuove disposizioni del contratto nazionale. I Pro Vita se la prendono con Crosetto, che ammette: "Non informato"

di CAMILLA PRATO
18 gennaio 2024

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Scuola, università e non solo: di identità alias si sente sempre più parlare anche all'interno degli uffici pubblici e nelle aziende private. Un passo avanti nell'accogliere le persone che non si riconoscono nel nome e nel genere che si trova sui loro documenti o nel tesserino che ogni mattina timbrano per entrare al lavoro, ad esempio, è stato fatto in questi anni nella pubblica amministrazione. Tanto che oggi i/le dipendenti statali hanno la possibilità di essere riconosciut* attraverso il nome d'elezione arriva anche ai vertici di questa: l'identità alias, infatti, arriva anche nei ministeri. In quello della Difesa ad esempio, presieduto da Guido Crosetto.

L'identità alias al ministero

Ora anche le persone che lavorano al dicastero e stanno affrontando la transizione di genere possono infatti avanzare la richiesta di attivare questa sorta di profilo 'alternativo', che risponde maggiormente alle loro esigenze senza di fatto incidere sul loro lavoro o sulla loro permanenza all'interno degli uffici stessi.  Qualche settimana fa, con una circolare rivolta al personale civile, la Difesa ha recepito le nuove disposizioni del contratto nazionale del pubblico impiego. All'art.21 del CCNL, si legge ad esempio che la mossa di aprire la possibilità di carriera alias anche per i/le dipendenti pubblici ha lo scopo "di eliminare situazioni di disagio ed evitare che possano realizzarsi forme di discriminazione".
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I dipendenti e le dipendenti del pubblico impiego in transizione di genere potranno chiedere l'identità alias

Nella circolare, quindi, sono contenute le linee guida per l'applicazione del contratto nazionale anche tra i corridoi del palazzo di via Marsala e nelle sezioni collegate. A settembre era toccato già al personale docente della scuola, con la sottoscrizione del nuovo CCNL. In sostanza è riportato quanto segue: a difesa del "lavoratore che ha intrapreso il percorso di transizione di genere di cui alla legge n. 164/1982 e s.m.i.", le amministrazioni "riconoscono un’identità alias – con modalità che saranno specificate in apposita regolamentazione interna – al dipendente che ne faccia richiesta supportata da adeguata documentazione medica". Il nome scelto dal/la dipendente che sta portando avanti la transizione potrà essere utilizzato "al posto del nominativo effettivo risultante nel fascicolo personale", ad esempio per "il cartellino di riconoscimento, le credenziali per la posta elettronica, la targhetta sulla porta d’ufficio".

Crosetto: "Non ne sapevo nulla"

Una mossa, quella del ministero, passata sotto traccia, come spesso accade con le questioni burocratiche che riguardano una determinata categoria di lavoratori e lavoratrici. L'unica notizia, una breve nota, è circolata su X (l'ex Twitter) nei giorni scorsi. Tra i vari commenti però, ha destato scalpore proprio quello del ministro della Difesa Crosetto, che ha scritto: "Lo scopro ora e non avendolo visto suppongo non sia stato coordinato né con Segretario Generale (da cui dipende la Direzione) né con Gabinetto o Ufficio Legislativo. Il Direttore ha probabilmente ritenuto che l’applicazione del contratto collettivo lo esimesse da condivisione".
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Crosetto accusa: "Non sono stato informato"

Insomma il titolare di cattedra non nasconde sorpresa e una malcelata dose di disappunto, soprattutto perché l'esponente di governo (e di Fratelli d'Italia, dalla prima ora) si trova così di fronte a una sorta di 'tradimento' sotto il naso, di inganno proprio in casa sua. Che tutto ciò che riguarda il mondo Lgbtq+ e, in questo caso le persone transgender, provochino intolleranza e chiusura tra la cerchia della maggioranza è cosa nota. Figuriamoci se poi queste tematiche così mal sopportate entrano addirittura tra le mura dei palazzi del potere, laddove questi politici operano e dispongono spesso in modo contrario a ciò che invece una parte sempre più importante della società chiederebbe: semplice rispetto delle diversità. Punto sul vivo, però, Crosetto si è trovato a far fronte anche alle critiche di chi, prima di lui, è venuto a conoscenza del 'fattaccio'.

L'accusa dei Pro Vita

"È molto grave che il Ministero della Difesa stia legittimando l’adozione della cosiddetta 'identità alias', prevedendo, tramite una circolare, che i propri dipendenti anche se non hanno compiuto una transizione di genere possano farne richiesta". In un comunicato firmato dal segretario Jacopo Coghe, l'associazione anti-gender e anti-abortista Pro Vita & Famiglia se la prende proprio con l'amministrazione del dicastero.
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Manifesti anti-gender di ProVita & Famiglia

Questo, sostengono, "è un atto ideologico, perché l’identità alias non è altro che l’identità di genere auto-percepita e non ha né fondamento scientifico né fondamento giuridico" e come tale metterebbe a rischio "il diritto alla privacy delle donne e potrebbe persino favorire comportamenti che minacciano la sicurezza delle stesse [...] non garantendo loro ad esempio un’adeguata sicurezza nei bagni, negli spogliatoi, e in altri luoghi a loro riservati". La richiesta al ministro è "di intervenire immediatamente e a tutto il Governo di assicurare che nella Pubblica amministrazione questi provvedimenti ideologici non vengano adottati. Per coloro che hanno fatto una riassegnazione di sesso per via giudiziaria non c’è bisogno dell’identità alias perché i dati anagrafici vengono cambiati dal tribunale quindi è un problema che non si pone".