Schlein e Meloni trainanti, la leadership europea è donna (Le Pen compresa)

Giorgia Meloni ed Elly Schlein hanno trainato verso la crescita i due più grandi partiti d’Italia. Per le altre esponenti la strada è ancora in salita: la percentuale delle elette è meno della metà del totale e le preferenze in termini assoluti ricevute dalle donne sono meno di quelle degli uomini.

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI -
10 giugno 2024
Giorgia Meloni ed Elly Schlein

Giorgia Meloni ed Elly Schlein

Quella che ci restituiscono le elezioni europee è una fotografia da maneggiare – e interpretare – con cura, attenzione e intelligenza politica, in Italia e non solo. La prima riflessione da mettere in campo riguarda il dato relativo all’affluenza: meno di un italiano su due si è recato alle urne. Una sconfitta della politica che, ancora una volta, si è dimostrata incapace di rispondere alle esigenze e ai bisogni del Paese reale. Ciò detto, all’indomani dello spoglio, l’idea è, come da tradizione, che quasi tutti abbiano vinto qualcosa. Se Sparta ride, Atene di certo non piange. Giorgia Meloni ed Elly Schlein si sono dimostrate all’altezza del compito di trainare i due più grandi partiti d’Italia verso risultati degni di nota e di ragionamento. Certo, le preferenze incassate dalla Giorgia nazionale non sono neanche paragonabili a quelle messe in cassaforte dalla segretaria del Partito, che, d’altro canto, a differenza della premier, non era candidata capolista in tutte le circoscrizioni.

Al di là dei campanilismi partitici, al primo sguardo, l’equazione appare facile e racconta la storia di una politica che piace perché guidata da donne. L’affermazione è tanto vera quanto parziale. A fare le avvocate e gli avvocati del diavolo, verrebbe da chiedersi che cosa sarebbe successo se alla guida dei due più grandi partiti ci fossero stati due uomini. Considerando, però, che ogni risposta rischierebbe di essere tendenziosa, la cosa migliore da fare è lasciare che siano i numeri a parlare e a guardarli viene da pensare che le donne vengano votate solo se leader, tutto il resto è fatica e strada in salita.

Uno sguardo più ampio

Sul totale delle elette e degli eletti – ancora in alcuni casi da definire, tra rinunce e slittamenti – la percentuale delle donne è ampiamente sotto la metà. Ad analizzare le preferenze in termini assoluti ricevute dalle donne con quelle messe in salvo dagli uomini, la faccenda rischia di complicarsi ulteriormente. In linea di massima gli uomini sono andati per la maggiore e a poco pare essere servito il meccanismo della tripla preferenza di genere. Gli uomini, in alcuni casi, hanno fatto da traino alle donne, in altri hanno accresciuto il totalizzatore delle volte in cui il loro nome è stato scritto sulla scheda elettorale senza dover dividere lo spazio con una donna. Non a caso, più di una donna in queste ore è in attesa di sapere se preparare i bagagli per Strasburgo o prenotare le vacanze estive. Tutto dipenderà dalla ripartizione dei seggi e dalla sorte.

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Alla luce di ciò, viene da pensare che il femminismo in politica sia ancora una chimera, una di quelle cose che si predicano parecchio e si praticano pochissimo. L’idea del partito delle donne per le donne anche in questo caso è andato a sbattere contro una cultura che, nonostante tutto, continua a mettere al centro il potere dell’uomo in quanto tale e non come portatore sano di buone politiche. Proviamo a vederla al contrario: se oggi ci fossimo trovate e trovati a commentare l’elezione di più donne rispetto agli uomini al Parlamento europeo, avremmo potuto tirare un sospiro di sollievo e ci saremmo potuti dire soddisfatte e soddisfatti del grande lavoro culturale messo a segno da Nord a Sud, isole comprese. Tranne qualche illuminato caso – e ad esclusione di Schlein e Meloni – le cose non sono andate così.

E quindi, sì, bene che alla guida dei due più grandi partiti ci siano due donne, benissimo che siano state in grado di cambiare le sorti dei rispettivi spazi politici, ma dobbiamo davvero essere fieri di dover fare i conti con sempre meno elettrici ed elettori e troppe poche donne in vetta della classifica delle preferenze? A occhio, l’analisi del voto, - da destra a sinistra – dovrebbe prendere le mosse da questa domanda, provando una buona volta a utilizzare come metro l’obiettività, mettendo da parte l’assurda necessità di sbandierare una qualsivoglia vittoria. È vero: Giorgia Meloni ed Elly Schlein hanno trascinato i partiti che guidano. Fatti i partiti guidati da donne, è giunto il momento di fare i partiti femminili e femministi. Replicare il modello “uomo solo al comando”, declinandolo al femminile, sarebbe miope. Meloniani, schleinleniani, lepeniani, vonderleyeniani prendano nota.